Copertina SV

Info

Anno di uscita:2014
Durata:non disponibile
Etichetta:Frontiers

Tracklist

  1. THE WAY
  2. SWEET TEA
  3. CHEMICAL RAIN
  4. MIDNIGHT OIL
  5. ALL FALLS DOWN
  6. THE GREY
  7. DAYS THEY COME
  8. SPIT YOU OUT
  9. STRONG
  10. INVISIBLE
  11. SCARS
  12. BREATHE

Line up

  • Glenn Hughes: vocals, bass
  • Jason Bonham: drums
  • Andrew Watt: guitars

Voto medio utenti

Aspettavo questo disco con la stessa ansia di un bambino che va a letto alla vigilia di Natale sapendo benissimo cosa lo aspetta il giorno dopo. Magari prova a stare sveglio e cerca di sbirciare fuori dalla propria stanza sperando di vedere l’arrivo di Babbo Natale, poi cede al sonno: un sonno carico di sogni e speranze.

Allo stesso modo, avevo sbirciato qualche estratto del disco non rimanendo particolarmente sorpreso ma rinviando ogni giudizio al momento dell’uscita definitiva, giusto per non rovinarmi il gusto di assaporare con tutta la calma necessaria quello che nella mia mente doveva essere il disco del 2014.

E invece…delusione. Cocente delusione.

Immaginate il bambino di prima, immaginate che nella sua letterina abbia chiesto a Babbo Natale l’ultimo modello di macchinina telecomandata supetecnologica, immaginate che la mattina di Natale si svegli e corra verso l’albero, trovando un pacchetto enorme, con un bellissimo fiocco. Immaginatelo alle prese col fiocco, sempre più ansioso di vedere il contenuto, immaginatelo tuffarsi letteralmente nella scatola per prendere il suo regalo…per poi vederlo riemergere con in mano una Micro Machine. Bella, per carità, ma non certo all’altezza di ciò che aveva chiesto.

Ecco, non so se sono riuscito a rendere bene l’idea, ma questo disco mi ha lasciato davvero l’amaro in bocca.

Brani molto vicini ai lavori solisti di Hughes ma che non riescono mai a raggiungerne l’efficacia e non offrono gli elementi funk che tanto hanno caratterizzato il passato, lasciando la sensazione di un disco destinato ad essere dimenticato nel giro di pochi giorni. Le pecche a livello di songwriting sono così gravi a mio parere che, senza il supporto di una voce come quella di Glenn (che rimane sempre superlativa, inimitabile, clamorosamente bella e chi più ne ha più ne metta), meriterebbero addirittura l’insufficienza.

Di chi è la colpa? Sicuramente della Voice of Rock, che forse un bel po’ di smalto in fase compositiva l’ha consegnato agli anni che passano e che, senza il supporto di Bonamassa e Sherinian, rimane solo col suo basso ad impostare riff e arrangiamenti sicuramente non indimenticabili.
In secondo luogo, credo che la scelta del chitarrista non sia proprio azzeccata: un lavoro alla sei corde abbastanza anonimo, sia sulle ritmiche che sui soli, che mai riesce a dare qualcosa in più alle canzoni.
Il drumming di Jason Bonham è invece commovente. Sentitevi l’intro di Midnight Oil: quanto assomiglia al padre come tocco e come suoni? Mamma mia, da brividi davvero. Anche per lui, tuttavia, vale lo stesso discorso: nei Black Country Communion era tutto un altro sentire, adesso non viene fuori con la stessa efficacia.

Insomma, tolto qualche episodio buono (la già citata Midnight Oil e la ballad All Falls Down su tutte) ma non certo da inserire nella top list di tutti i tempi, rimane ben poco di questo “debutto”. Non posso dare un’insufficienza perché non saprei che numero mettere, non posso dare una sufficienza perché secondo me non è sufficiente, quantomeno se lo confrontiamo con le aspettative che avevo prima dell’uscita.
Vi lascio con due consigli: il primo è, se non vi è mai capitato, di andare a sentire dal vivo la voce di Glenn Hughes. Il secondo è che potete tranquillamente risparmiare sul prezzo di questo album e tenervi i soldi per il concerto.
Recensione a cura di Alessandro Quero

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