Tyla - Devils Supper Electric Sittings

Copertina 5,5

Info

Anno di uscita:2013
Durata:non disponibile
Etichetta:Connecting Music

Tracklist

  1. LOVE IS
  2. OLD SINS CAST LONG SHADOWS
  3. IT AIN’T OVER YET
  4. GREEN EYED GIRL
  5. ALL ALONE WITHOUT ME AN YOU
  6. JUDAS CHRIST
  7. THE MEANING OF FORTUNE AND FAME
  8. YEAH (I LOVE YOU BABY)
  9. ANOTHER LIFE
  10. THAT SOMEONE
  11. HOME
  12. RELIGION
  13. ODE TO JACKIE LEVEN
  14. WISDOM
  15. JUDAS CHRIST (ACOUSTIC DEMO)

Line up

  • Tyla J.Pallas: vocals, guitars

Voto medio utenti

Questo è sicuramente l'anno dei dischi solisti dei cantanti. Dopo Doogie White, James Christian, Tom Keifer e James LaBrie tocca a Tyla J. Pallas, voce storica dei The Dogs d'Amour, band inglese attiva prevalentemente negli anni '80 dedita a un hard rock infarcito di blues e rock'n'roll che ha trovato la sua massima espressione nell'acclamato A Graveyard of Empty Bottles.

Ormai, però, l'ultima uscita discografica risale al lontano 2006 e sembra che il buon Tyla preferisca di gran lunga dedicarsi alla sua carriera in solitaria. Devo essere sincero, conoscevo i Dogs d'Amour e ovviamente sapevo che Tyla era il frontman e che aveva anche pubblicato qualche album, ma quando ho visto la sterminata discografia iniziata nel lontano 1994, sono rimasto sorpreso. Un disco all'anno di media e qualche volta anche tre (!!!) come accadde nel 2005. Tale prolificità può, però, essere un'arma a doppio taglio in quanto se da un lato si riesce nell'intento di mantenere una cadenza annuale, dall'altro si corre il rischio di non essere sempre a livelli molto alti.

Devils Supper (Electric Sittings) è, come dice il titolo stesso, la versione elettrica dell'omonimo album acustico uscito l'anno scorso con cui condivide soltanto cinque canzoni, opportunamente (ma anche no) riarrangiate per fare la loro bella presenza e anche un po' numero.

Sarò diretto, questo disco non mi piace e i motivi non sono tanti nè difficili da spiegare. L'inizio con Love Is e Long Shadows mi aveva fatto illudere, intro tipicamente blues rock, la solita voce sporca e linee vocali più che discrete erano ingredienti che davano vita a un cocktail abbastanza intrigante. Purtroppo proseguendo con l'ascolto il ritmo va calando di pari passo con la qualità delle canzoni, che tentano in ogni modo di sembrare belle e dannate, come se le emozioni non fossero spontanee ma semplicemente infilate con mestiere per dare quel tocco di vero al tutto.

Di tanto in tanto qualcosa di buono si sente, ma su quattordici pezzi complessivi è troppo troppo poco per restare al di sopra della soglia di attenzione e anche se c'è qualche episodio più riuscito la sensazione generale è che queste sedute elettriche si potevano decisamente evitare.
Recensione a cura di Massimiliano 'Koru' Cammarota

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