Copertina 8

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2013
Durata:48 min.
Etichetta:Avantgarde

Tracklist

  1. THE GATE
  2. ANCESTORS
  3. DIVINE LIGHT
  4. KIARA
  5. ON THE WORLD'S GRAVE
  6. HUNTED PREY
  7. UNDER THE SLAG HEAP

Line up

  • M. - basso/voce
  • A. - chitarra
  • KK - chitarra
  • G. - batteria
  • P. - moog noise/studio production & engineering

Voto medio utenti

Devo essere sincero, le premesse e gli esordi del disco non erano i migliori, almeno per me. La parola “sperimentale” mi incute sempre un po' di timore, specie quando viene associata al metal estremo e alle sonorità più pesanti, la pacchianata svenduta per colpo di genio è sempre dietro l'angolo e ne è piena l'aria di dischi che con due suoni di synth e quattro feedback piazzati alla meno peggio tra una parte e l'altra di una canzone si spacciano per innovatori e avanguardisti. Trovare qualcosa che effettivamente riesca a svecchiare una vecchia scuola come il black metal, poi, è un'impresa ardua e il rischio di fare un passo falso aumenta esponenzialmente.
L'incertezza davanti a questo lavoro dei Thaw era parecchia, soprattutto dopo aver realizzato che il primo pezzo, The Gate, è in buona sostanza un introduzione di cinque e passa minuti di urla distorte, suoni ambientali e drone di chitarra. Temevo il peggio, ma poi, fortunatamente, sono iniziate le canzoni vere e proprie. Roba diretta, senza troppi fronzoli, la struttura violenta, ruvida, decisamente figlia di una tradizione e di un codice musicale che ha avuto tempo di stabilizzarsi, sedimentarsi e, talvolta anche annoiare, cosa che però non succede stavolta. Il black metal è palpabile e apprezzabile nelle composizioni dei Thaw, si capisce che i polacchi sian cresciuti a furia di ascolti addentro al genere, che mastichino alla perfezione il sound con i suoi cliché cui pagano i dovuti tributi, ma non si accontentano di seguire una pista già battuta né di riprodurre qualcosa di pedissequamente imitato. Anche nella vera e propria opener, Ancestors, benché non si possa sicuramente gridare alla rivoluzione in quanto a struttura e sonorità generale del pezzo, si riesce a percepire una certa devianza dal genere, una voglia di aprire a soluzioni non per forza standard e che possono trovare sviluppo anche in una semplice variazione di intensità o di dinamica. Anche un pezzo che potrebbe apparire come spiccatamente scolastico come Hunted Pray, conserva delle dissonanze inaspettate e una certa grandezza di sound che poco si confà alla norma black cui però aderisce strutturalmente, stupendo poi con cambi di mood improvvisi, rielaborazioni sonore ed escursioni in territori quasi noise, mantenendo sempre e comunque una ben identificabile, malvagia identità di fondo. La volontà di espandere il discorso attingendo a linguaggi diversi e traducendoli in lingua estrema risulta palese nelle aperture di Divine End e On the World's Grave, pezzi in cui i Thaw dimostrano che non necessariamente bisogna complicarsi la vita e scervellarsi oltre misura per trovare delle maniere espressive efficaci e in grado d'interessare l'ascoltatore sin da subito. Kiara risulta una traccia forse un po' forzata nel suo voler essere d'ambiente a tutti i costi: le atmosfere non mancano in questo lavoro, ma sfociano sempre e inevitabilmente in un'espressione più diretta e concreta, sanguigna e oscura, qui, sul finire, il tema risulta forse un pelo sforzato. La traccia conclusiva, Under the Slag Heap, chiude con un suono ultra saturo, grasso, ribollente, a voler quasi avviluppare in un involucro impenetrabile, fatto di chitarre solide e lamenti riverberati un disco che sicuramente lascia il segno e che va riascoltato più e più volte per essere apprezzato fino in fondo. Ottima prova, una buona dimostrazione che, nel 2013, è ancora possibile innovare qualsiasi forma musicale, anche estrema, senza necessariamente stravolgere le carte in tavola e inventarsi chissà che bizzarria.
Recensione a cura di Antonio Enoth Cassella

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