Copertina 7

Info

Anno di uscita:2013
Durata:36 min.
Etichetta:Street Symphonies Records / Andromeda Dischi
Distribuzione:Atomic Stuff

Tracklist

  1. JGS
  2. RIOT RADIO
  3. (ONE MORE) PUNK ROCK ANTHEM
  4. UNDENIABLE
  5. WHITE WIDOW
  6. LZ IS HOT
  7. WHEN NATURE CALLS
  8. BURN (NOTHING IN THE END)
  9. BAD BROTHERHOOD
  10. ON THE LOOSE

Line up

  • Ostap Molyavko: vocals, guitars
  • Alexandr Sedov: bass, backing vocals
  • Sergei Telipko: drums
  • Ivan Rybnikov: guitars

Voto medio utenti

Non è la prima volta che la sempre attenta e competente agenzia promozionale Atomic Stuff va a “pescare” dietro l’ex “cortina di ferro” (era già successo con i russi Addiction For Destruction …) allo scopo di reperire “materiale” interessante in fatto di sleaze-metal, tentando magari di recuperare, in territori “vergini” (o quasi …) quella sana voglia di emergere e quell’energia sfrontata che manca un po’ in tante produzioni di settore del nostro terzo millennio.
I John Gält sono ucraini, e rispettando il “copione”, adorano l’alcol, le donne procaci e le feste sfrenate, eppure la loro attitudine dissoluta e irriverente sembra piuttosto vitale, autentica e radicata, almeno quanto la devozione per la scuola scandinava del genere che però non si traduce praticamente mai in una sterile rilettura.
Un’evidente ammirazione per i “soliti” Crashdïet, Backyard Babies e Hardcore Superstar, quindi, ma anche un risultato complessivo piuttosto coinvolgente, che contagia all’istante e “regge” anche all’onerosa prova dell’ascolto reiterato.
Intensità, grinta, “sudore” e melodie attraenti rappresentano gli ingredienti fondamentali della ricetta di “Served hot”, un cocktail che sa essere vigoroso, accattivante e torbido (“Riot radio”, “Undeniable”), semplice e diretto (come accade in “(One more) punk rock anthem”, in “LZ is hot”, nella Crue-esque “When nature calls” e nell’adrenalinica “On the loose”), viziosamente irretente (“White widow”, per chi scrive la migliore del programma), virilmente sensibile (“Burn (nothing in the end)”, un altro momento di spicco della raccolta) o fieramente cromato (“Bad brotherhood”), mantenendo, in maniera pressoché costante, vigile e divertita l’attenzione dell’ascoltatore appassionato.
In assoluto, per essere veramente all’altezza di una sfida così agguerrita e competitiva come quella attuale, manca ancora qualcosa in fatto di grip melodico, un contributo “infettivo” nelle strutture armoniche che possa elevare il livello delle canzoni allo status di “memorabile”, tuttavia trattandosi di un gruppo nato nel 2010 e qui all’esordio sulla lunga distanza, il futuro è sicuramente dalla parte dei promettenti John Gält.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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