Copertina 4,5

Info

Demo
Anno di uscita:2010
Durata:27 min.

Tracklist

  1. GOD-RW
  2. DIES IRAE
  3. GOD-RW (TERMINAL STATE REMIX)
  4. GOD-RW (T3CHN0PH0B1A REMIX)
  5. GOD-RW (BLOOD REMIX)
  6. FEAR [AT] HORRORWEEN [DOT] COM II

Line up

  • Nihil Nix: six strings saw, melodies synthetics, artificial battery
  • Syonix Khalt: melodic bass pulses

Voto medio utenti

Direttamente dalla Repubblica Ceca, i Khadaver sono una nuova proposta nello scenario gothic industrial europeo.

Attivi dal 2006, invadono le nostre orecchie con l'EP, GOD-RW, che si compone sostanzialmente di tre pezzi: God-RW, Dies Irae e Fear [AT] Harroween [DOT] com II, e di tre diverse versioni remix della titletrack.

Il prodotto rivela una struttura piuttosto semplice e banale, che rende l'ascolto della release molto difficile ed appesantito. L'ispirazione a veterani della creazione di atmosfere industriali e goticheggianti come i Wumpscut èindubbia e dal punto di vista musicale troviamo somiglianze che riportano anche ai nostrani cyberpunkers Dope Stars Inc.Tuttavia, non reintrerpretando tali influenze in maniera personalizzata, i Khadaver si limitano ad essere una copia scialba di qualcosa di già sentito.

Paradossalmente, i pezzi che spiccano sono le versioni remixate di God-RW, in particolar modo la versione blood remix, in cui la titletrack viene rivisitata in chiave più danzereccia e alla Hocico, e la versione remix ad opera di Terminal State, in cui le dinamiche iniziali vengono completamente stravolte per un risultato totalmente diverso, seppur nella sempre presente atmosfera digitale ed industrial.

Senza dubbio i Khadaver sono ancora poco maturi dal punto di vista stilistico - compositivo.

Il mio personale consiglio è quello di lavorare di "svuotamento", ossia cercare di trovare soluzioni che affievoliscano la pesantezza che si accusa dopo aver ascoltato il secondo pezzo consecutivo da loro proposto e di cercare di puntare su un tipo di sound più alla Hocico che certamente sdrammatizzerebbe questa vena quasi tediosa di cui si rivestono.
Recensione a cura di Selenia Marinelli

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