Copertina 9

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2003
Durata:68 min.
Etichetta:EMI
Distribuzione:EMI

Tracklist

  1. WILDEST DREAMS
  2. RAINMAKER
  3. NO MORE LIES
  4. MONTSEGUR
  5. DANCE OF DEATH
  6. GATES OF TOMORROW
  7. NEW FRONTIER
  8. PASCHENDALE
  9. FACE IN THE SAND
  10. AGE OF INNOCENCE
  11. JOURNEYMAN

Line up

  • Bruce Dickinson: vocals
  • Steve Harris: bass
  • Adrian Smith: guitars
  • Dave Murray: guitars
  • Janick Gers: guitars
  • Nicko McBrain: drums

Voto medio utenti

Eccolo, è uscito! Tutti lo aspettavano: ovviamente i fans, ma anche quel nutrito gruppo di persone che, vedendo loro stessi come critici, si sentono in dovere di smantellare (o almeno ridimensionare) i miti altrui. È perfino divertente seguirne i ragionamenti. Se il paragone con il passato sembra a qualcuno d'obbligo, ed il confronto tra i vari riff e melodie, che ricordano questo o quel brano (e come potrebbe non esserlo!), diventa spontaneo per altri, io credo che questa nuova uscita debba assumere un valore per se stessa, così come l'ennesimo figlio non deve essere considerato migliore o peggiore dei precedenti ma semplicemente buono o cattivo nei suoi valori assoluti. E qui siamo di fronte a un buon album; al di là delle aspettative e delle ripicche che taluni dovrebbero imparare a lasciar da parte, e al di là che possa piacere o meno, questo è oggettivamente un buon prodotto. Segnato da una produzione brillante, "Dance Of Death" è un album ricercato nei dettagli (esclusa la copertina dal fotomontaggio grossolano, che fino all'ultimo ho sperato fosse un fake) e articolato nel suo insieme. Basta anche solo dare un'occhiata alla lunghezza dei brani: sei pezzi su undici superano i sei minuti, mentre solo i primi due brani, "Wildest Dreams" e "Rainmaker", sono inferiori ai quattro. "Wildest Dreams" è anche il brano che compone il singolo e quando lo sentii per la prima volta ne rimasi delusa: va bene il pezzo veloce con il ritornello accattivante, ma qui la banalità del refrain era fin troppo eccessiva. Il mio giudizio su questo brano evidentemente non è cambiato, ma la presenza di pezzi di alto spessore mi fanno esprimere tutt'altro parere sull'album nel suo complesso. Se la seconda traccia è una di quelle dirette, che colpiscono e affondano, la terza è quella che insinua il dubbio di non trovarsi di fronte ad un album puramente commerciale e orecchiabile. "No More Lies" è un brano che va in crescendo, arricchito da orchestrazioni in sottofondo, per nulla fastidiose anche per un true metaller, ed è segnato da cambi di tempo tali da farlo diventare quasi progressive. Il ritornello aggressivo, sicuramente vincente in sede live, si contrappone ad una voce modulata del resto della canzone: una interpretazione vocale impeccabile che dimostra quanto Bruce Dickinson sia in forma. "Montsegur", insieme a "Paschendale", sono le tracce più dure dell'intero album, forse perché entrambe legate a eventi storici drammatici. Montsegur fu una delle ultime roccaforti dell'eresia catara (caratterizzata dal dualismo manicheo Satana-Dio): assediata dall'esercito crociato di Luigi IX, fu espugnata nel 1244 e le oltre 200 persone che scelsero di non abiurare furono mandate al rogo. Ma evento storico a parte, è il segreto dei catari a farla da padrone nell'immaginario: forse fu il Graal, il tesoro che alcuni "perfetti" portarono fuori dalle mura del castello la notte precedente la resa, e forse proprio con la complicità dei Templari che, circa sessant'anni dopo, trovarono nel rogo la stessa sorte dei catari. La canzone, contraddistinta da un inizio serrato di basso, risulta quindi rabbiosa mentre il ritornello assume una connotazione epica. La seguente "Dance Of Death" è un altro pezzo lungo e articolato che, partendo da un inizio lento e ritmato anche dalle rime del testo, si sviluppa seguendo la danza di morte di cui narra. Le due successive track, "Gates Of Tomorrow" e "New Frontier", così come pure gli ultimi due brani dell'album, "Age Of Innocence" e "Journeyman", sono invece pezzi molto dickinsoniani, più solari e diretti. Ma torniamo alla già accennata "Paschendale", un pezzo decisamente marziale incentrato su una delle battaglie più sanguinarie della prima guerra mondiale. Il brano inizia con la voce scandita dal basso alternata ad un attacco strumentale rabbioso, poi gli stop and go cessano e il brano prende una sua fisionomia unitaria e aggressiva per poi cambiare improvvisamente e diventare epico. Questi cambi di registro si susseguono lungo tutto il pezzo e le parti epiche sono sostenute da un'accurata orchestrazione e un altrettanto accurato uso delle doppie voci; se ciò non bastasse possiamo aggiungere anche alcuni assoli di chitarra non indifferenti. È sicuramente un brano "da digerire", che si apprezza in crescendo man mano che anche gli ascolti aumentano. Totalmente diversa la successiva "Face In The Sand", per la quale ho avuto sin dal primo ascolto un'attrazione particolare. Inizio di chitarra acustica con orchestrazioni in sottofondo, poi entra di prepotenza il basso di Steve Harris bilanciato da arpeggi di chitarra. Il tutto prosegue in crescendo: la batteria si fa più pressante e l'orchestrazione da sottofondo diventa quasi protagonista fino a quando giunge l'attacco della voce. Non ho parole per esprimere ciò che provo quando, con ancora la parola "kill" che mi vibra nell'animo, sento la voce di Bruce cambiare, innalzandosi a livelli impressionanti. Questo sì, che è cantare! L'album non solo è percorso da una complessità generale ma è segnato anche da una interpretazione vocale di alto livello eppure, come per ogni altra opera artistica o letteraria, pur figlia del proprio tempo, è solo il tempo a venire che può fissarne il ricordo, così anche "Dance Of Death" dovrà sottostare al suo insindacabile giudizio.
Recensione a cura di Silvia 'Miriel' Verduci
Dance of death

xxx

non convince

a parte wildest dream, dance of death e no more lies gli altri episodi son confusi, poco scorrevoli e poco ispirati.... e anche la produzione non è molto cristallina

x i grandi iron maiden

siete grandi quasi tutte le vostre canzoni mi karikano e mi fanno impazzire

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 17 feb 2011 alle 19:24

Io credo che quest'album sia passato pressochè inosservato, perlomeno così è nelle fila delle persone che conosco. Personalmente l'ho apprezzato molto perchè non ho visto, come in altri casi, ricalcare i successi del passato e riproporli in una veste diversa: qui è davvero tangibile la maturazione artistica del gruppo, che ha esplorato nuove frontiere e ha proposto ai propri fan una pietanza dal sapore diverso, sì, ma egualmente gustoso. Complimenti!

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