Arrivato sul “filo di lana” di un anno piuttosto soddisfacente per i colori italici nell’ambito dell’hard melodico, “Edge Of The Blade”, brillante esordio discografico dei Blade Cisco, dimostra ancora una volta come nella sfida per l’ingresso nel gotha del genere anche il nostro spesso “bistrattato” Belpaese possa “dire la sua”, grazie a competenza, passione e a quella professionalità un tempo un po’ carente dalle nostre parti.
“Impossibile”, a questo punto, lasciarsi sfuggire l’occasione di approfondire l’intera questione con questi eminenti pretendenti all’aristocrazia artistica di settore, qui rappresentati dal loro cantante e tastierista Andrea "Zanna" Zanini, nostro graditissimo ospite.
Ciao Andrea, benvenuto su Metal.it e complimenti per il vostro eccellente “Edge Of The Blade” che per quanto mi riguarda è stata una grandissima sorpresa prenatalizia! Direi, se sei d’accordo, d’iniziare proprio “dall’inizio” e cioè con la richiesta di una delucidazione in merito al vostro singolare monicker ...
Ciao! E’ un vero piacere ricevere questi complimenti, un grazie sentito da tutti noi! Ci onora ricevere un’intervista da Metal.it!
Venendo al monicker … se ti riferisci al nome un po’ strano della band, che non rispetta le posizioni richieste dal genitivo sassone (peraltro criticato da una recensione estera, se non ricordo male europea perché pensava non sapessimo mettere le parole al posto giusto) … beh, come sempre c’è un motivo a tutto! C’è una storia legata al nome. Nel 2007, agli albori della nostra formazione, formatasi da una band che ogni anno a fine gennaio si componeva di musicisti che accettavano di unirsi per celebrare il compleanno del pub al tempo gestito dal nostro batterista Gali, decidemmo di continuare quella esperienza perché ci eravamo divertiti e ci conoscevamo comunque tutti da tempo ma avevamo seguito percorsi diversi, non avevamo una sala prove. Gali aveva un caro amico dal cuore grande, Paolo, che inizialmente ci ospitò a casa sua in una enorme stalla trasformata a taverna e che divenne la nostra prima sala prove. Iniziammo a provare davanti al grande camino spento, circondati da pareti piene di spade e coltelli. Paolo ha un po’ il gusto dell’epico. Facemmo diverse prove e quando fummo pronti per i primi concertini non avevamo ancora un nome. Volevamo onorare Paolo per il fatto che ogni volta che provavamo ci ospitava nella sua taverna, senza chiedere mai niente in cambio. Per la cronaca, e guarda caso, il “nickname” di Paolo è “Cisco”. Ci siamo seduti attorno al tavolone della grande taverna, circondati da queste spade medievali e pensavamo… Spade, Cisco, coltelli, Cisco, lame, Cisco… Le lame di Cisco, Cisco’s Blade… Ma non suonava bene, perciò, contravvenendo al genitivo sassone, invertimmo le parole e divenne: Blade Cisco!
... seguita da una breve “storia” della band …
Come accennato, i Blade Cisco sono un gruppo di amici della provincia Reggio Emilia e Mantova con la comune grande passione per la musica, in particolare l’AOR. Il gruppo è composto da me (Andrea “Zanna” Zanini) alla voce/cori e tastiere, Valerio “Valle” Franchi alla chitarra ritmica e voce/cori, Daniele “Daniel” Carra alla chitarra solista, Cesare “Cece” Fioriti al basso e cori ed Umberto “Gali” Gialdi alla batteria. Quando nacquero nel 2007, dopo essersi trovati quasi per caso a suonare insieme durante il festeggiamento del compleanno del pub allora gestito dal batterista, videro che quella era cosa buona e giusta, e pensarono di approfondire l’amicizia accomunando la passione con un unico scopo: divertirsi. Alcuni suonavano già insieme, altri avevano già suonato in altre band locali prima. Cominciarono con cover di band quali Journey, Def Leppard, Foreigner, Night Ranger, Styx, Magnum, FM, arrivando a suonare in più di cento concerti in zona. Il divertimento fu tale che nacque la comune volontà di celebrare quei momenti con un album, che permettesse anche di esprimersi artisticamente. Il passo verso la sua realizzazione fu naturale, vista anche la grande amicizia con Michele Luppi, attuale tastierista/corista dei Whitesnake, nonché eccezionale cantante, insegnante e produttore, nonché bassista e corista negli stessi Blade Cisco per tre anni prima di Cesare (partecipazione che ovviamente rimane la più illustre del suo incredibile curriculum musicale :)...). Con la guida di Michele nel ruolo di co-produttore è nato “
Edge Of The Blade”, un richiamo al nome della band, forse anche ad un brano dei Journey, ma soprattutto una celebrazione di quella musica con cui la band è cresciuta e le cui note scorrono nelle loro vene… (
cit.)
Ritengo molto produttiva, per il brillante risultato raggiunto nel vostro debutto, l’interazione tra le voci ... è una caratteristica che ha da sempre contraddistinto i Blade Cisco? Quali sono i modelli a cui vi siete ispirati per queste armonizzazioni?
Sì. Dato che la band è formata da amici che provenivano da altri gruppi dove magari suonava lo stesso strumento o era già lead singer abbiamo voluto mantenere questa cosa e suddividere i compiti in modo equo, anche ispirandoci a storiche band come Kansas e Styx dove sì c’era un cantante principale ma questo ruolo era esteso anche ad altri membri della band.
I modelli a cui ci ispiriamo sono quelle band già citate, Journey, Kansas, Styx, Foreigner, Night Ranger e via dicendo. Poi però grande merito alle armonizzazioni corali che sentite va dato a Michele Luppi, il nostro co-produttore, che ci ha messo molto del suo.
E’ evidente che poter contare sul supporto di un “certo” Michele Luppi non può che aver giovato all’eufonia vocale dell’opera ... in merito alla sua collaborazione, che ha origini lontane, qualcosa ci hai già anticipato ... mi piacerebbe ci raccontassi qualcosa di più ...
Beh, personalmente conosco Michele dal giorno in cui mio padre ci portò al nostro primo grande festival hard’n’heavy: il Monsters Of Rock a Bologna il 30 Agosto del 1990. Insieme ad altri due amici andammo a questo grande concerto con una line-up davvero considerevole: The Front, Vixen, Quireboys, Faith No More, Poison, Aerosmith e … main event: Whitesnake! Coincidenze davvero strane … ebbene sì, conobbi Michele la prima volta ad un concerto dei Whitesnake. Allora era la band preferita di entrambi. Scoprimmo quindi di avere gusti musicali molto simili ed entrambi eravamo tastieristi amanti della musica più dura ma al tempo stesso melodica, e rimanemmo in contatto. Dopo quell’evento non fu facile mantenere i contatti perché nel 1990 non c’erano ancora i cellulari ed internet, e noi eravamo ancora minorenni senza patente. Quando arrivarono i cellulari cominciammo a frequentarci più facilmente e progressivamente, diventando grandi amici. C’era poi un luogo di aggregazione, sempre il pub del nostro batterista Gali, dove andavo con Michele a bere qualcosa ogni tanto e dove ebbi l’occasione di presentarlo anche agli altri amici. Lo invitammo a partecipare ad uno degli ultimi compleanni del pub dove suonavano praticamente tutti gli amici musicisti della zona. Michele cantò e si dilettò a suonare il basso, e lì si originò una “mark” della nostra band. Quando nel 2011 il nostro allora bassista decise di cambiare genere musicale, non ci parve vero che Michele, che si trovava già bene con noi, volesse anche unirsi a noi suonando il basso e aiutandoci coi cori. E così fu.
Il disco s’intitola come un capolavoro dei Journey, tanto da farmi immaginare che la sua title-track fosse una cover dei Maestri ... in realtà si tratta di un vostro bellissimo brano, che ti chiedo di descriverci dal punto di vista dei contenuti ...
Questa domanda mi fa un piacere immenso, perché sei il primo che ce lo chiede, e personalmente non vedevo l’ora che qualcuno lo facesse!! I Journey sono la mia band preferita, forse ormai si era capito, e la loro “
Edge of The Blade” è uno dei miei brani preferiti nonostante non sia una delle loro hit. È uno di quei brani che di tutta il loro vasto repertorio mi eleva di più in termini emozionali. Quando decidemmo di produrre un album, per vari motivi ma principalmente per scrivere un ricordo dei tanti bei momenti che ancora abbiamo la fortuna di vivere assieme e per materializzare il nostro sound concedendoci di esprimerci artisticamente, era ovviamente necessario anche dare un titolo all’album. Essendo quello che forse rompeva più le scatole nel volere creare un album nostro, mi misi a scrivere i primi brani. Avevo alcune tematiche in testa che volevo portare in musica, primi fra tutti i contrasti, l’indecisione, trovarsi di fronte ad un bivio, vivere in equilibrio emotivamente sulla “lama del rasoio”. Mi era balenata l’idea di creare un concept, ma non avevo elementi sufficienti per poter scrivere una storia. Inoltre durante la fase di pre-produzione, in cui abbiamo scritto i brani, anche Valerio, che si era già cimentato precedentemente nella scrittura e nella produzione del suo disco personale con la “Valerio Franchi Band”, ha dato il proprio contributo scrivendo due brani e a quelli che avevo già iniziato. I nostri stili sono abbastanza diversi, il suo più “hard’n’heavy” il mio più AOR a limite del pop, probabilmente legati ai rispettivi strumenti della chitarra elettrica e del pianoforte. Avendo tematiche e stili diversi non è stato possibile creare un concept, ma i brani sono per lo più legati dalle tematiche sopracitate, e che si riflettono anche nel bellissimo artwork di Antonella Astori, rappresentato da una bussola, come strumento per trovare la “
My Way” quando si vive on “
The Edge Of The Blade”.
Rimanendo sul tema, di cosa trattano i vostri testi in generale e quanto li ritenete utili nell’economia complessiva del disco?
Come accennavo nella risposta precedente, un concept come primo album non era più possibile per lo sviluppo che ha avuto il songwriting, ma anche per le tempistiche. Essendo il primo album si commettono tanti errori - concedetecelo nonostante non si addica propriamente al nostro caso - di “gioventù”, perciò i tempi si dilatano. Diciamo che come album di debutto ci possiamo accontentare di non pubblicare necessariamente un concept, ma in cui i brani sono legati dal tema dei contrasti, come in “
Grey”, il colore che nasce dall’unione del banco col nero, dal vivere sulla lama del rasoio, “
Edge Of The Blade”, non riuscendo a fare a meno della grande bellezza di certe cose, “
Anything (Without Your Music)”, essendo continuamente affamati d’amore “
Hungry For Love”, arrivando al punto di renderci ridicoli a noi stessi, “
Foolin’Myself”. Ma si sa, la vita è una lotteria, “
Life Is A Lottery”, e se si è fatto tesoro degli insegnamenti del passato, “
Memories”, puoi trovare la luce e soprattutto la tua vera strada, “
My Way”. Ecco che ti ho svelato il filo conduttore dei brani del nostro album! Infine, per rispondere alla tua domanda su quanto li riteniamo utili all’economia complessiva del disco: la musica è arte, le canzoni sono stralci di musica, e se vuoi che siano veramente canzoni devono raccontare qualcosa. Il testo è veicolo per farlo, la musica la sua strada.
Dal punto di vista musicale, ho apprezzato parecchio il vostro approccio alla “materia”, in cui AOR, hard e un pizzico di prog si combinano in chiaroscuri sonori di retaggio “ottantiano”, evitando però eccessi di manierismo ... e allora vi chiedo, come nasce un pezzo dei Blade Cisco? Quanto è importante la “cultura di genere” per ottenere tali effetti? Quale traccia, tra quelle del Cd, ritieni particolarmente rappresentativa del vostro modo di fare musica?
Le canzoni di questo album sono state scritte da due persone, da me e da Valle, con un contributo di Michele su “
Invisible To Me”. Al Valle viene un motivo in testa, lo registra col cellulare e quando può ci lavora attraverso il proprio strumento, trasformando quindi l’idea in riff di chitarra. Zanna trova ispirazione quando siede al pianoforte, i brani nascono da uno stato d’animo tradotto semplicemente nelle note di pianoforte.
La cultura di genere è importante, ma ognuno di noi viene da generi e gusti musicali a volte anche molto diversi. Diciamo che in questo progetto ci si concentra sull’AOR ottantiano, onorando quel periodo e genere musicale ma cercando di mantenere più che possiamo la nostra personalità attraverso un sound più moderno. Inoltre nel disco fortunatamente più di una persona ha percepito influssi non derivanti esclusivamente dall’AOR, ma anche dalla West-Coast music ed addirittura dai Pink Floyd. Diciamo che abbiamo fatto tesoro di tutto l’ascoltato ed abbiamo cercato di farlo confluire in un genere definito AOR/Melodic Rock ma che strizza l’occhio anche a generi diversi. Crediamo che questo possa arricchire ulteriormente il lavoro e magari risultare più piacevole all’orecchio di più persone. Alla fine … è sempre Musica.
Le tracce che ritengo più rappresentative del nostro modo di fare musica … difficile rispondere a questa domanda, perché ognuno potrebbe rispondere in modo diverso. Crediamo che alla fine, tolto forse il brano acustico che molto difficilmente eseguiremo dal vivo, tutti i brani possano rappresentare il nostro modo di fare musica perché ogni brano contiene frammenti del retroterra musicale di ognuno di noi.
Inderogabile questione live-show … quali sono le prospettive in questo senso? Potendo scegliere e senza limitazioni di sorta, con quale gruppo vi piacerebbe condividere il palco?
Sognare non costa nulla … anche qui ognuno di noi potrebbe rispondere in modo diverso. Se parliamo di grandi nomi le potremmo sparare veramente grosse, ma a noi fa piacere condividere il palco con tutti, davvero. Per fortuna o sfortuna la musica è la nostra passione e divertimento, ed è quella cosa che alla fine unisce sempre le persone. Non pretendiamo di suonare con grandi nomi, vorremmo solo suonare con persone che hanno la nostra stessa passione e costruire esperienze che lascino un ricordo ai musicisti e regalino gioia a chi ci viene ad ascoltare.
Ora una domanda che faccio spesso ai musicisti tricolori, ricordando i tempi in cui la nostra “credibilità internazionale”, soprattutto in certi settori, era decisamente precaria... quanto c’è oggi di positivo e quanto invece c’è ancora di negativo nell’essere italiani e suonare hard melodico?
Tasto un pochino dolente e stonato … chiedo l’aiuto da casa! Negli ultimi anni troppi pochi Artisti italiani anche di tipo più popolare, non a caso con la maiuscola, hanno potuto essere apprezzati anche all’estero, e parliamo davvero di grandi nomi come Zucchero, Elisa ecc. Come si dice? L’Italia è un Paese di Santi, poeti e navigator i… quei poeti potrebbero essere i nostri musicisti, ci sono tantissimi talenti in diversi generi musicali che rimangono al buio e non sfondano come meriterebbero, un po’ perché non sono il prodotto giusto per il mercato internazionale, un po’ perché la nostra cultura generale, e ahimè musicale, dagli anni 2000 in poi è andata calando di qualità. Sia chiaro, questo è il nostro parere in un Paese democratico. Per continuare questo discorso dovremmo aprire un capitolo che sarebbe troppo vasto, ma per rispondere alle tue domande diciamo che di positivo ci sono di sicuro, almeno nel nostro genere, realtà come la Frontiers che hanno fatto letteralmente resuscitare, fino addirittura ad evolverlo, un genere che a fine anni ’90 era considerato morto dai più. E poi c’è la nostra etichetta, Art Of Melody della Burning Minds Music Group, che spinge ulteriormente l’acceleratore a favore soprattutto delle realtà nazionali, a volte anche estere, che sono una vera manna dal Cielo e possono annoverare band che si stanno avvicinando sempre di più al livello dei migliori in questo genere, che ad oggi probabilmente sono gli svedesi.
Fate parte della ormai corposa “famiglia” del Burning Minds Music Group, un network discografico che mi sembra stia operando egregiamente in un “business” del rock n’ roll sempre meno orientato alla valorizzazione degli “emergenti” ... qual è la vostra valutazione su questa situazione per certi versi un po’ “frustrante”?
Come dicevamo prima: Burning Minds è una manna dal Cielo. L’impegno, mosso dalla passione e cuore di Pierpaolo e Stefano, è quasi commovente, e nel panorama di oggi non ti sogneresti mai che ci possano essere ancora persone che si fanno un mazzo tanto (si può dire?) al solo scopo di valorizzare l’arte delle band emergenti ed in particolare quelle italiane.
La nostra valutazione su questa situazione frustrante è che andiamo avanti per la nostra strada. Burning Minds ci ha dato un enorme credito, credo a noi come ad altri colleghi nel loro roster. Diciamo che in una situazione musicale nazionale, soprattutto per quanto riguarda il nostro genere, che forse ancora fatica a godere della credibilità internazionale, sapere di avere il supporto di Burning Minds e vedere il lavoro fantastico che sta facendo con gli altri nostri colleghi ci fa vivere una realtà parallela ed opposta a quella che giustamente, ahimè, hai definito frustrante. Stiamo veramente vivendo un sogno che speriamo continui ad essere puro come è oggi.
Siamo alla fine … grazie davvero di tutto e a voi il “microfono” per le considerazioni finali …
Grazie a te Marco ed a tutta la redazione di Metal.it. Grazie davvero di cuore per questa intervista e la meravigliosa recensione. Speriamo davvero di incontrare te e le persone che vogliono sentirci, magari ad un nostro concerto, perché rimanere in studio o parlare sempre a distanza o tramite un social comincia a starci stretto. Bisogna che suoniamo del rock guardandoci in faccia. A presto!