Docker's Guild: suoni di un futuro passato

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É con enorme piacere che accogliamo nuovamente Douglas R. Docker sulle pagine di Metal.it. L'artista ci ha dedicato un po' del suo tempo per parlarci di quello che bolle in pentola in casa Docker's Guild, concedendoci alcune interessanti anticipazioni sul futuro del progetto...

Ciao Douglas e bentornato sulle nostre pagine! Come mai tanta attesa per questo nuovo capitolo?
Ciao e grazie mille, è un vero piacere! Buona domanda, infatti l’idea originale era di uscire dopo 18 mesi da “Season 1”, ma è successo un po’ di tutto purtroppo. “Book A” è stato un album infernale da produrre. Ho perso almeno 6 mesi con una serie di special guests sbagliati che ho poi dovuto sostituire, poi ci sono stati problemi tecnici di ogni tipo sia nella preproduzione qui da me che durante le registrazioni degli special guests. Poi ci siamo scontrati davanti all’ottusità delle labels perdendo ancora altri 6 mesi. Anche quando tutto va bene, la produzione di un album Docker’s Guild prende il suo tempo per la complessità degli arrangiamenti e il coordinamento di tutti i partecipanti. In ogni caso finalmente eccoci qua!
Puoi rinfrescarci brevemente la memoria sulla struttura/trama della saga?
Certamente: si tratta di una lunga storia di fantascienza che ha come argomento gli eccessi delle religioni organizzate. La trama si sviluppa su 9 album, dei quali “Book A” è il secondo. I 5 albums principali si chiamano “Seasons” e portano avanti la storia, mentre i 4 album chiamati “Books”, più introspettivi, portano l’attenzione su vari aspetti del Dr. Heisenberg, il protagonista della storia e sono costituiti da covers con un tema centrale. Per esempio “Book A” è costituito interamente da colonne sonore di fantascienza vintage. Credo che si possa fare il paragone con l’aria e il recitativo nell’opera classica: azione e commento.
Come nasce l’idea di un “all-female cast” per questo full-length?
E’ stato quasi un caso. Nel 2013 abbiamo fatto un paio di eventi live per festeggiare l’uscita di “Season 1” con una formazione tutta italiana. Alla voce c’era una mia collega, Anna Petracca, che ha preso il posto di Amanda Somerville, e al basso Anna Portalupi, conosciuta tramite la mia collaborazione con Alessandro Del Vecchio. Man mano che la produzione di “Book A” avanzava, ho chiesto a Mio Jäger (chitarrista nel gruppo death metal femminile Frantic Amber e che scrisse con me diversi dei primi pezzi del progetto) di suonare sull’album, visto che erano pezzi che suonavamo già insieme in Italia a metà anni ’90 quando fondammo i Night Fever/Disco Inferno (già!). A quel punto diventò evidente che tanto valeva andare avanti su quella strada e ho scelto solo più musiciste. Pensavo fosse un’idea interessante, visto che non c’è mai stata una rock opera tutta al femminile. Purtroppo ho invece notato che resta ancora MOLTO lavoro da fare sulla questione della parità della donna. A parte una fetta della stampa “offesa” per un simile lineup, mi sono anche scontrato con l’ottusità di alcune labels che sostenevano che una lineup femminile avrebbe “danneggiato le vendite”. Sulla questione sono senza parole devo dire…
L’ascolto del tuo ultimo lavoro mi ha fatto venire voglia di ascoltare “The Age Of Ignorance”, che (ahimè) non conoscevo. L’impressione è che il paragone con Arjen Lucassen sia meno calzante di prima, condividi?
Bene, mi fa molto piacere (ride, ndr)! Allora, la questione Lucassen spunta ogni tanto e credo che il paragone sia inevitabile. Tuttavia tengo a precisare che ho scritto la storia e una buona parte della musica nel lontano 1990-1991 e non ho mai sentito parlare di Lucassen fino a dopo l’uscita di “Season 1”! Ovviamente mi sono poi informato e visto il livello del progetto Ayreon la cosa non può che farmi piacere. Pensa che mi ha persino scritto dopo aver trovato il video di "Darwin’s Tears" su YouTube facendomi complimenti che ho apprezzato molto. Direi quindi un cordiale caso di evoluzione parallela (ride, ndr)!
A tuo avviso cosa ha suscitato l’interesse nei tuoi confronti da parte della Lion Music?
La qualità del primo album e il lineup degli special guests hanno fatto la differenza. Molto più incomprensibile invece l’indifferenza delle labels per “Book A”, ma lì il discorso è lungo…
So che sei un fan di David Bowie (nel primo capitolo avevi “fatto tua” la sua “Loving The Alien”): cos’hai provato dopo la sua scomparsa?
Bowie mi ha formato musicalmente e non solo per decenni ormai. Ho vissuto la sua scomparsa abbastanza malamente devo dire. Non è nemmeno tanto la musica, anche se un po’ si sente nelle mie melodie, ma tutto l’approccio all’arte, al teatro, ecc. Un maestro assoluto in tutto per me. Posso annunciare, credo in anteprima, che “Book B”, che proseguirà l’esplorazione psicologica del Dr. Heisenberg, sarà fatto interamente di covers di Bowie e funzionerà anche da tributo nei suoi confronti.
In un certo senso “Sounds Of Future Past” può essere considerato un disco di cover… come hai scelto i brani da riarrangiare?
E’ assolutamente un disco di covers, ma molto particolare. Francamente non amo gruppi che farciscono la loro discografia di album di covers senza idee o motivo, o ancora peggio, di riregistrazioni di vecchi album a scopi di controllo dei diritti d’autore. L’idea dei “Books” è quella di album covers/tributo ma costruiti in maniera molto particolare. Uno, hanno un tema centrale che lega tutte le canzoni, per esempio appunto “Book A” comporta solo vecchi brani di vintage sc-fi riveduti in salsa Docker’s Guild. Tornando a Bowie, una cosa che non ha notato nessuno è che “Book A” riflette la struttura di "Low", dai colori della copertina, ai miei capelli nella foto interna, alla struttura delle canzoni con una prima parte vocale e una seconda strumentale più articolata. Infine, il tutto deve funzionare all’interno della storia principale, presentando vari aspetti del protagonista. Qui, si esplora il giovane Dr. Heisenberg, nel suo periodo più felice, da sposato, e la sua passione per la fantascienza. Nel diario (contenuto nell’album) c’è anche un indizio su cosa sta per succedere in “Season 2” dove la sua vita sarà sconvolta da una serie di tragedie che lo cambieranno per sempre e senza possibilità di ritorno.
Solo io ho notato la citazione da Twin Peaks (“through the darkness of future past”, dal monologo di Mike) nel titolo dell’album? Anche perché tu stesso dichiarasti di aver concepito l’avventura di Heisenberg e soci come una serie tv…
Credo di sì! Non l’avevo notata nemmeno io. In realtà il titolo è un gioco di parole su suoni passati ma descriventi il futuro (vintage sci-fi) ma anche su una storia molto nota degli X-Men intitolata “Days of Future Past”. Hai però ragione sulla struttura in episodi che deriva dalla mia passione per Babylon 5, la più straordinaria serie sci-fi mai trasmessa. Un arco unico di 5 stagioni con un’unica storia strutturata nei minimi dettagli.
Ci parli del tuo incontro artistico e professionale con Alessandro Del Vecchio?
Ci siamo conosciuti per caso grazie a Zorro (Pierpaolo Monti, batterista della band poi citata, ndr) ai tempi degli Shining Line. Conoscevo già Zorro dai tempi del forum di TrueMetal quando mi chiese una copia dell’album Biloxi dove militavo a Los Angeles nei primi anni ’90. Qualche tempo dopo Ale mi scrisse per registrare un assolo di tastiere sull’album Shining Line e da lì è nata una lunga amicizia e collaborazione.
Nella tua musica si possono sentire molteplici influenze: quali sarebbero i tuoi 3 dischi da portare sulla fantomatica “isola deserta”?
Venti anni fa, quando nacque tutto, ti avrei detto "90125" degli Yes, "Images and Words" dei Dream Theater e "Brain Salad Surgery" di Emerson Lake & Palmer. Oggi mi sposterei invece su "On the Road Again" dei Rockets, "Rio" dei Duran Duran e un album qualunque di Bowie (magari proprio "Low").
Cosa dobbiamo aspettarci dal prossimo disco? Non ci farai aspettare altri 4 anni mi auguro…
Spero proprio di no, anche se non dipende sempre da me. Voglio accorciare i tempi di produzione. Purtroppo la preproduzione è lunghissima perché faccio dei demo che sono già praticamente l’album finito e che mando agli special guests e questo prende circa 1 anno, l’artwork che prende un tempo interminabile, sincronizzare i tempi di tutti, ecc. Tuttavia, l’80% della musica è già scritto, la storia anche e molti dei testi. Sarà una continuazione di “Season 1” anche a livello musicale, ma vorrei muovermi in una direzione più moderna stavolta.
Vedremo mai i Docker’s Guild dal vivo?
Abbiamo già fatto due date nel 2013 ma ci ho perso la camicia. Mi piacerebbe, ma non sono ottimista.
Hai sempre avuto ospiti eccezionali nelle tue produzioni: c’è qualcuno con cui vorresti lavorare in particolare e che ancora non hai coinvolto?
Tre nomi: Keith Emerson, Chris Squire e David Bowie, e non succederà mai. Devo dire però che trovo che tutta la questione degli special guests stia diventando prevedibile e molto “già fatto”. Dopo gli Avantasia, Ayreon e mille altri superprogetti simili, la novità ormai è sparita. Trovo anzi che i fans si concentrino tantissimo sulla qualità della musica e in larga parte ignorino chi canta o suona. Non posso certo dire che i milioni di fans di Elize Ryd per esempio abbiano avuto un impatto positivo sulle vendite. Credo quindi che per “Season 2” ci sarà una formula un po’ diversa. Probabilmente sarò molto più attivo io, occupandomi forse anche del basso e cantando molto di più. Vedremo, sicuramente qualche sorpresa sbucherà fuori!
Mi risulta che tu sia molto impegnato anche come insegnante di musica, giusto?
Insegno da quando avevo 20 anni, sia musica che lingue. Sono stato anche formatore per insegnanti madrelingua inglese. In musica, 3 anni fa ho aperto un mio centro musicale dedicato solo al rock, la Black Swan – Rock School of Music, che ha festeggiato proprio questo mese il centesimo allievo. Dopo sacrifici iniziali enormi, sono davvero contento di come stia girando e mi permette di vivere di sola musica, un lusso che ormai è concesso a pochi purtroppo.
Grazie Douglas per il tuo tempo, a te la chiusura!
Grazie a te per la disponibilità! E un grazie a tutti i fans italiani che seguono i Docker’s Guild in maniera particolarmente attenta ed entusiastica!
Intervista a cura di Gabriele Marangoni

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