Alessandro Gabrielli: una vita (e un libro) per i Bon Jovi

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Pubblicato il:10/04/2013
We Were Born To Follow (inseguendo Bon Jovi) è il titolo del nuovo libro di Alessandro Gabrielli, giovane scrittore italiano che ha così voluto celebrare pubblicamente un amore che da anni lo appassiona e lo scolvolge, quello per una delle più grandi rock band del pianeta!

Un libro da leggere in poche ore, con cui stupirsi, divertirsi e informarsi: un resoconto di viaggio che è anche una biografia parallela dei Bon Jovi e di Gabrielli stesso, la cui vita ormai da tempo scorre in simbiosi con le vicende della band statunitense.
E così ci si trova a leggere di tutti gli aneddoti legati a diversi concerti di Jon e soci in giro per il mondo, a spiare nel viaggio di nozze di Alessandro, tutto legato al New Jersey e ai luoghi di culto per i bonjoviani, a conoscere dettagli di praticamente tutte le calate italiche del gruppo.

Insomma, una vera e propria bibbia per tutti i fan di Bon Jovi, a cui dunque consigliamo vivamente di passare tra queste pagine.
E per gli altri? Beh, devo essere sincero: anche per gli altri può essere una bella lettura! Una dichiarazione d’amore davvero intensa per la musica e per tutto ciò che i sogni, quelli che ci portiamo dietro da quando siamo piccoli, meritano di continuare a rappresentare nella nostra vita.
Si parla di un rapporto speciale, personale ed intimo con una band, è vero, ma tanti di noi potrebbero ritrovarsi nelle parole di Alessandro pensando ai propri artisti di culto. Ecco, credo che ogni band che si rispetti dovrebbe avere fan come Alessandro!

E’ davvero difficile approfondire il contenuto del libro senza svelarvi particolari importanti…dunque meglio lasciare la parola allo stesso autore, che abbiamo raggiunto per una piccola intervista nella quale ci svela anche importanti news sulla band e sui preparativi in corso per accoglierla allo stadio di San Siro il prossimo Giugno. Ecco cosa ci siamo detti:

Ciao Alessandro e benvenuto sulle pagine di metal.it!
Prima di tutto ti chiedo di farci, da grande fan, una piccola recensione di What About Now…cosa ne pensi?

What about now, E ora?, è il dodicesimo album in studio dei Bon Jovi, prodotto da John Shanks (già produttore di Have A Nice Day, The Circle e coautore di vari brani degli album citati oltre che di Lost Highway) con la collaborazione di JB e RS.
All’album hanno partecipato altri co-autori già collaboratori della band in passato come Billy Falcon, Max Martin e Desmond Child. Dai nomi dei giocatori in campo, il gioco della squadra è facilmente intuibile ancora prima dell’inizio della partita. Come già il precedente The Circle, WAN è un album di pop moderno, overprodotto ed estremamente easily & catchy listen, pieno di brani “anthemici” ad ogni costo. Alcune sonorità rimandano agli U2 (Because We Can) e allo Springsteen più intimista di The Ghost of Tom Joad e Devils & Dust (Not Running Anymore, Old Habits Die Hard), alternandosi a inni da stadio (Army Of One – con tanto di marcetta -, What About Now), e a veri e propri omaggi: Amen (Hallelujah di Leonard Cohen, della quale rievoca anche l’acuto finale) e The Fighter (scritta per uno dei figli di JB ma chiaramente ispirata a Simon & Garfunkel nel titolo, nell’arpeggio di chitarra e nella citazione delle “macchine contate sulla NJ Turnpike”).
Le liriche sono essenziali e ripetono concetti già espressi molte volte da JB, utilizzando un linguaggio semplice e schematico che punta dritto al cuore senza alcuna pretesa letteraria. Lo stesso JB, fino a qualche mese fa, diceva che tra i vari progetti allo studio c’era anche quello di lavorare ad un album da solista nel quale puntare su testi più elaborati. I fan dello zoccolo duro hanno amato What About Now da subito e a prescindere, considerando questo nuovo pop “semi sintetico” (batterie elettroniche, loop, sintetizzatori, sequencer) la naturale evoluzione dei guys artisti, diretta conseguenza della loro evoluzione quali esseri umani.
In una valutazione globale c’è anche da considerare, a mio avviso, la morte di fatto dell’industria musicale. Oggi la musica si scarica gratuitamente (rubandola!) o acquistandola su iTunes, i negozi di dischi non esistono praticamente più. In passato gli album rimanevano blindati nei fortini delle case discografiche fino al giorno della loro uscita sul mercato, oggi invece i Bon Jovi lo hanno lanciato un mese e mezzo prima suonando dal vivo quasi tutti i nuovi brani in due concerti trasmessi in diretta streaming gratuita. I bootleggers non fanno più paura. Anzi, aiutano nel tam tam online. Il grosso della promozione si fa su Internet, sui social network, sulle app ufficiali. Tutto ciò, a mio avviso, influenza moltissimo il modo di comporre degli artisti di oggi, che fanno album principalmente per poi andare in tour. Anche perché, domani, ho paura che non ce ne saranno più. Eccezion fatta, forse, per i prodotti dei talent show televisivi. Almeno fino alla prossima invenzione. Come si dice, chi vivrà vedrà… Nel frattempo, ascoltiamoci What About Now a tutto volume!

Per i Bon Jovi nella tua vita hai fatto di tutto: appostamenti, vacanze, tour, spese folli…ed ora perfino un libro! Parlaci un po’ del tuo essere fan e del momento in cui la passione per una band arriva ad essere così bruciante.
Per dirla con le parole di JB, “la scintilla che ha iniziato il fuoco” è scoccata nel 1986 con Slippery When Wet, dopo un primo contatto avuto due anni prima con l’omonimo album di esordio.
Per spiegarti cosa succede nella testa di un fan dovrei diventare freudiano e noioso. Quindi facciamo così, uso le parole scritte da mia moglie a conclusione del suo cameo nel libro, che sono asettiche e rendono bene l’idea: “L’amore è un sentimento dai mille volti. Nell’accezione più ampia del termine, l’amore può avere destinatari tangibili, come persone o animali, oppure immateriali come la cultura di un popolo, l'arte e così via. Alcune passioni, come quella per la musica, possono trasformarsi in forme vere e proprie di amore. Non potrei immaginare un mondo senza musica. Nel caso di mio marito l’amore irrefrenabile per i Bon Jovi lo ha letteralmente travolto, comandando ogni altro interesse. Ama viaggiare, ma meglio se lo facciamo in paesi dove i Bon Jovi tengono concerti; ama scrivere, ma meglio se sulla musica e sui Bon Jovi; ama il suo lavoro, ma meglio se in pattuglia si porta un cd dei Bon Jovi. Sposare Alessandro ha significato accettare il pacchetto full optional, Bon Jovi inclusi”.

Importantissimo, prima di proseguire, è anche segnalare a tutti i lettori dove reperire il tuo libro! Sarà distribuito nelle librerie oppure bisogna cercarlo online? Ci dai qualche dettaglio?
Il libro può essere ordinato nelle librerie oppure online su www.ilfiloonline.it (direttamente dall’editore), www.ibs.it, www.deastore.com, ecc. (su altri portali come amazon e mondadori il libro è attualmente esaurito).
Preciso che tutti i proventi dei diritti d’autore saranno devoluti alla Jon Bon Jovi Soul Foundation (www.jonbonjovisoulfoundation.org). Inoltre mi potete trovare su Facebook dove, oltre al mio profilo, c’è anche una pagina dedicata al libro.

Una delle cose che più mi piace della tua descrizione del rapporto con i Bon Jovi è che segui tutti con lo stesso affetto, mentre tantissimi fan della band amano esclusivamente Jon e Richie. Visto che sicuramente è possibile considerarti uno dei maggiori esperti a livello mondiale, ti chiedo: secondo te quanta importanza nel corso degli anni hanno effettivamente avuto Tico, David e un tempo Alec nel songwriting e nel rendere i Bon Jovi quello che sono oggi?
In una vecchissima intervista JB, con la sua solita efficace sintesi espressiva, aveva riassunto così il lavoro della band: "incidiamo basi dove ci sono solo chitarra, voce, basso e batteria cercando poi, nella seconda fase, di riempire i buchi con le tastiere".
David Bryan è co-autore di alcuni brani dei primi due album e, successivamente, di In These Arms e Last Cigarette, oltre a qualche altro pezzo qua e la. Una versione acustica di In These Arms, piano e voce, è contenuta nel primo album da solista di Dave, uscito dapprima col titolo di On A Full Moon e poi riedito come Lunar Eclipse. La traccia è un ottimo (e insperato) punto di osservazione del classico power mid-time bonjoviano allo stato grezzo. L’apporto principale di David, negli anni, si è limitato quasi esclusivamente a quello in studio, dove ha sempre privilegiato il “feeling” rispetto alla tecnica. Non che non ne abbia, essendo un pianista di formazione classica che ha saputo adattarsi al rock e che ha scritto dei musical di successo planetario, su tutti Memphis vincitore di quattro Tony Awards (gli Oscar dei musical) nel 2010. La title-track, nella musica e nella lirica, spiega molto più efficacemente di qualsiasi mia parola le doti compositive di David.
Gli altri membri della band sono sempre stati, a mio avviso, sostanzialmente esclusi dal processo creativo, con l’ovvia eccezione del lavoro in studio. La loro creatività, per fortuna, è esplosa altrove. Quella di Tico principalmente nell’arte (pittura e scultura) e nella linea di vestiti e accessori per bambini Rock Star Baby.

In fase di recensione (devo ammettere che il nuovo album mi ha deluso) ho scritto che a mio parere, negli ultimi anni, Jon si sta consciamente o meno avvicinando all’attitudine cantautorale di Springsteen. Visto che sei anche fan del Boss, sei d’accordo con questa mia opinione? Se sì, pensi sia una scelta voluta e, soprattutto, la scelta corretta in questa fase della carriera?
JB ha, nel corso degli anni, scoperto (nel senso di resa pubblica) una coscienza sociale di enorme spessore. E’ emblematica una traccia come 99 In The Shade (dall’album New Jersey), funsong (“ho un party nelle tasche, sai, mi hanno appena pagato, sto bene, 99 gradi all’ombra”) ispirata dal degrado in cui allora versavano le spiagge del New Jersey. Il giovane JB affrontava qualsiasi tema proponendo sempre spensieratezza, belle donne, divertimento, “Non voglio pensare a tutta la merda che c’è oggi nel mondo, almeno nelle mie canzoni voglio parlare dei momenti belli della vita”.
Le cose hanno iniziato a cambiare con Keep The Faith, album contenente parecchie liriche ampiamente sottovalutate. Gli eccessi, siano essi di carattere sociale (These Days) oppure intimistico (Destination Anywhere, che ha spaccato persino lo zoccolo duro dei fan), non hanno mai portato bene a Jon né in termini di vendite né, tantomeno, di critica.
Oltre alle innumerevoli iniziative benefiche che lo hanno portato ad essere uno dei principali filantropi a livello mondiale, anche il suo impegno politico è via via andato crescendo nel corso degli anni. Già dai tempi di Bill Clinton grande sostenitore democratico (poi di Al Gore e John Kerry) e assiduo frequentatore della Casa Bianca, fino alla nomina attualmente ricoperta di consigliere per le politiche sociali del presidente USA Barack Obama.
I suoi testi, tuttavia, sono sempre rimasti volutamente un paio di passi indietro. Bounce, scritta dopo la tragedia dell’11 settembre, al pari di That’s What The Water Made Me (presente nell’ultimo album e che narra delle recenti alluvioni che hanno flagellato il New Jersey), sono solo accenni a volte addirittura non immediatamente ricollegabili a quegli eventi se non grazie alle parole di spiegazione dell’autore nelle interviste. Siamo lontani anni luce da passaggi come “welcome to the new world order” di Springsteen o dalla caratterizzazione estremamente ben definita dei suoi personaggi. Non certo per mancanza di talento bensì, come dicevo, per una ben precisa e mirata scelta stilistica. Sono fortemente convinto che Jon abbia una attitudine cantautorale forse addirittura maggiore di quella del Boss ma che continui a tenerla nel cassetto perché, quando ha provato ad utilizzarla (tanto per ribadire, proprio per l’album Destination Anywhere), ha dovuto poi ammettere “Sembra che quell’album sia piaciuto soltanto a me”.
Personalmente, invoco da circa 15 anni una sua svolta drastica, perché a me la sperimentazione di Destination Anywhere (con la meravigliosa produzione di Dave Stewart), lo “shalla la” assolutamente antiradiofonico di Midnight in Chelsea, il tappeto di chitarre “noir” di Queen of New Orleans e via dicendo, è piaciuta moltissimo.
E dato che penso che JB e RS siano i più grandi e talentuosi compositori di melodie dai tempi di Lennon e Mc Cartney, mi auguro che Jon voglia attingere maggiormente da questa sua vena spingendosi anche molto fuori dal mainstream bonjoviano.
Ne parlavo proprio qualche giorno fa su un social network con Jeff Kazee (tastierista storico degli Jukes di Southside Johnny – e collaboratore in vari tour dei Bon Jovi - che peraltro saranno in concerto a Milano il prossimo 5 maggio alle Officine Ansaldo, evento imperdibile) commentando un articolo apparso sulla stampa americana che analizzava i diversi approcci stilistici utilizzati dai tre simboli musicali del New Jersey nel raccontare i tempi moderni e i loro problemi, in particolare confrontando i loro ultimi album What About Now (Bon Jovi) e Wrecking Ball (Bruce Springsteen) alla ricerca dell’enfasi da inno e Songs From The Barn (Southside Johnny & The Poor Fools) decisamente più vicino alla realtà attuale alla quale guarda da tutt’altro punto di vista.
Una piccola ma simpatica curiosità: Songs From The Barn, Canzoni dal fienile, è stato registrato a Red Bank, New Jersey, nel fienile ristrutturato in studio di registrazione (Sanctuary Sound II) facente parte della proprietà dove abita Jon Bon Jovi e dove sono stati registrati tutti gli ultimi lavori della sua band, compreso What About Now. Ecco, una ballad intensa e struggente come Winter in Yelloknife, impreziosita dalla voce rauca e profonda di Southside Johnny, è a mio parere molto più vicina all’indole di JB che non qualsiasi pezzo contenuto in WAN. Metal.it potrebbe non deludere i suoi lettori con una sbandata fuori traccia per recensire Songs From The Barn: un album imperdibile per gli amanti della buona musica in genere.

Immagino che seguirai parecchio l’imminente tour europeo…quali tappe hai già programmato? Cosa ti aspetti da questo tour e, in particolare, dal concerto di San Siro?
In realtà, per problemi personali, seguirò soltanto 6 o 7 tappe di questo nuovo tour, per il momento soltanto in Europa. Dal concerto di San Siro mi aspetto uno stadio pieno e festante che accolga i guys come meritano. E, per restare in tema di accoglienza, ti anticipo in esclusiva che insieme ai ragazzi del Bon Jovi Club Italia (www.bonjoviclubitalia.com) e di www.bonjovi.it, stiamo organizzando una coreografia che farà impallidire quella (magnifica) già realizzata durante il concerto del The Circle Tour allo stadio Friuli di Udine.
Proprio in questi giorni stiamo raccogliendo fondi per l’autofinanziamento attraverso delle serate di cover band dei BJ nei pub di tutta Italia durante le quali gli encomiabili ed instancabili volontari degli “street team” vendono cd dei BJ offerti da Universal Music, il mio libro ad un prezzo maggiorato rispetto a quello di copertina (metà delle copie offerte da me, le altre dall’editore a prezzo ridotto) per contribuire alle donazioni, e altro merchandising offerto dal fanclub. A breve, inoltre, saranno bandite delle aste online di cimeli offerti da alcuni fan (plettri, backstage pass, foto, ecc.). Infine è possibile effettuare donazioni direttamente sul sito del Bon Jovi Club Italia (presente anche su Facebook). Attualmente sono stati già raccolti fondi per coprire 40.000 persone e, proprio in questi giorni, stiamo iniziando l’assalto al terzo anello.

Il concerto di Udine è stata una delle emozioni più grandi che la musica mi abbia regalato in tanti anni di “amore”. Proprio per questo ho consigliato a tutti di correre a comprare il biglietto per San Siro. Secondo te quali sono gli ingredienti che rendono i concerti dei Bon Jovi unici e da vivere?
Be’, non vi aspettate scenografie alla U2, coreografie alla Michael Jackson o altre megaproduzioni del genere Broadway. Il palco sarà grande e avrà la forma di una vecchia Chevrolet, ma le gig dei Bon Jovi hanno come protagonista principale la musica. Sono “gli ultimi della specie” con i calli sulle dita.

Hai anche in programma per caso qualche acquisto importante a livello di memorabilia? Hai già nel mirino qualche nuovo cimelio?
Quando i Bon Jovi sono stati ospiti a Che Tempo Che Fa lo scorso gennaio ho regalato a Jon una copia del mio libro.
Se qualcuno glielo ha tradotto avrà certamente capito che il mio sogno più grande è quello di avere la sua Takamine. Quando verrà a suonare un unplugged nel salotto di casa mia sono certo che andrà via dimenticandosi la chitarra…

Quali sono i prossimi progetti del Gabrielli scrittore invece? Hai qualche anticipazione su nuovi lavori in arrivo?
In arrivo no. Però ho appena iniziato a scrivere un romanzo.
Dopo due zibaldoni, uno folle (Lettere d’amore) e l’altro rock (WWBTF - Inseguendo i Bon Jovi), è ora di percorrere una forma letteraria meno di nicchia. Ma la trama, vedrai, è assolutamente fuori dagli schemi. Che ci posso fare? Sono fatto così.

Grazie mille Alessandro, complimenti per il tuo lavoro e grazie per la disponibilità! A San Siro cercherò il tuo tatuaggio tra la folla per farti un saluto di persona!
Probabilmente, insieme a tanti altri amici fan storici, mi troverai intento a distribuire al pubblico materiale e spiegazioni per la coreografia.

A te lo spazio per salutare come preferisci i lettori di metal.it.
Con le parole di JB. In questi tempi di crisi, un messaggio positivo e di speranza estrapolato da una delle sue migliori performance letterarie.
Ma prima un’ultima raccomandazione: il 29 giugno niente scuse, ci vediamo tutti a San Siro, con il mio libro in una mano e il cd di What About Now nell’altra, al concerto della più grande rock band del pianeta!

These days the stars seem out of reach
Al giorno d’oggi le stelle sembrano irraggiungibili

These days there ain’t a ladder on these streets
E al giorno d’oggi non ci sono scale in giro

These days are fast, nothing lasts
Al giorno d’oggi si va veloci, niente dura

there ain’t no time to waste
non c’è tempo da perdere

there ain’t nobody left to take the blame
non è rimasto nessuno che si prenda la colpa

there ain’t nobody left but us these days
al giorno d’oggi non è rimasto nessuno, solo noi
Articolo a cura di Alessandro Quero

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