Ogni volta che ricevo del materiale proveniente dall'etichetta laziale The Oath so già che devo aspettarmi un prodotto meritevole di rispetto e attenzione. E' questo il caso anche dei partenopei
Gort, fautori di un black metal old-style veramente ben realizzato. D'altronde se il gruppo ha raccolto anche l'apprezzamento del padre fondatore Fenriz, un motivo certamente ci sarà... e per quanto mi riguarda il merito sta nell'ottima qualità delle otto tracce contenute in "Sixth Day's Cancer". Le tematiche misantropiche sono evidenti fin dal titolo, e le sensazioni di odio e disprezzo rese tramite l'utilizzo di una musica fredda e malsana, ma non eccessivamente ripetitiva. Anzi, si può quasi dire che i Gort esibiscano un'ottima tecnica individuale nel gestire parti anche tecnicamente non elementari. I frequenti cambi di tempo sono ben accompagnati da un drumming preciso, mai confusionario, e da ritmiche di stampo classico. A proposito non sono certo rimasto stupito da chissà quali innovazioni, dato che la musica del gruppo napoletano è piuttosto incanalata su binari predefiniti. Quello che rende però "Sixth Day's Cancer" un ottimo prodotto è sicuramente la realizzazione delle otto tracce, sempre glaciali e cariche di rabbia. Una parola in più va spesa per la prestazione vocale di Lord Lemory, davvero malata come non mi capitava di sentirne da tempo. Chiude il cerchio una produzione veramente ben riuscita, sporca ma non impastata, marcia ma non fastidiosa. Se aggiungiamo anche qualche tocco di classe, come l'introduzione di una citazione del capolavoro di Stanley Kubrik, "Full Metal Jacket", avremo il quadro di un disco da tenere assolutamente in considerazione. Complimenti ai Gort e complimenti anche alla The Oath, sempre abile nello scovare i talenti nascosti nel nostro paese.
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