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Info

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Anno di uscita:2003
Durata:51 min.
Etichetta:Relapse
Distribuzione:Self

Tracklist

  1. MESSIAH
  2. WILDERNESS OF MIRRORS
  3. SUNGOD
  4. SCAPEGOAT
  5. MESSIAH (DUB)
  6. WILDERNESS OF MIRRORS (DUB)
  7. SUNGOD (DUB)
  8. SCAPEGOAT (DUB)

Line up

  • Justin K. Broadrick: vocals, guitars
  • Benny George Christian Green: bass
  • Ted (Pappy) Parsons: drums, percussion

Voto medio utenti

Fermate le vostre grida d’esultanza e giubilo, questo non è il disco della reunion dei, da poco disciolti, Godflesh. “Messiah” non è altro che un Ep risalente al ’94 e pubblicato per la Avalanche Recordings di Justin Broadrick e disponibile all’epoca solo acquistandolo attraverso il website ufficiale della band. Operazione commerciale dite? Forse, può essere. Ma i Godflesh hanno lasciato tanti fans inconsolabili che sicuramente saranno di tutt’altra idea.
Il disco in questione contiene 4 tracce e relativi remix per un totale di 50 minuti, ad onor del vero, di altissimo livello. I Godflesh per chi non lo sapesse sono i padrini dell’industrial/noise inglese che, a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, hanno contribuito alla nascita di un movimento tanto eccitante quanto effimero e lontano da mode trendaiole. I Godflesh erano una delle facce del caro vecchio suono estremo Earache e non è strano trovare adesso questo disco sull’erede naturale della label di Digby Pearson, ovvero la Relapse. Il suono industriale e meccanico delle macchine, freddo e razionale ma intriso di un disperazione proletaria, è la voce della working class abbruttita da ore di intenso lavoro in catene di montaggio tutte uguali e senz’anima, se non una fredda barra d’acciaio lucente conficcata nel cervello. I 4 pezzi sono tutti bellissimi ed hanno il suono giusto, quello di metà anni ’90. Un suono talmente avanti che ancora oggi non sfigura e anzi sembra provenire dalla direzione opposta dello scorrere del tempo. “Messiah”, “Wilderness Of Mirrors”, “Sungod” e “Scapegoat” sono delle vere e proprie gemme che hanno certamente titolo ad essere annoverate tra i picchi più alti mai raggiunti dai Godflesh. I remix offrono sì una visione speculare delle 4 songs ma allo stesso tempo sono un ponte tra passato e presente e di certo non sfigurano nel contesto, rivestendo lo scheletro scarnificato delle songs con una maschera di elettronica e silicio. Gli amanti dei Godflesh scommetto saranno già corsi a comprare questo disco lasciando a metà la rece…gli altri inizino a scoprire questa band, di cui questo “Messiah” è un valido bignami, magari partendo proprio dall’omonimo e sconvolgente debutto targato Anno Domini 1988. Il voto dite? Provateci voi a dare un voto alla storia.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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