Copertina SV

Info

Anno di uscita:2008
Durata:43 min.
Etichetta:Eibon Records
Distribuzione:Aural Music

Tracklist

  1. ENTRANCE
  2. UNDERWATER CALLS 1
  3. UNDERWATER CALLS 2
  4. EXIT

Line up

  • Zairo: hardware
  • M. Magrini: hardware

Voto medio utenti

Il progetto Ohlon nasce nel 2001, ad opera di Zairo e Massimo Magrini, conosciuti forse ai più come i mastermind di, rispettivamente, Where e Bad Sector.
Questo “Underwater Passage” è il loro terzo disco, dopo “Veiovis” del 2001 e “Sinkhole” del 2006.
Se avete mente ai progetti citati potrete intuire dove il sound di Ohlon va a parare. Parliamo di musica latu sensu elettronica, nello specifico Ambient. I nostri però amano definirsi “organic, concrete ambient”, intendo così il loro amore viscerale per il “field recording”, ovvero la registrazione dei suoni in ambienti naturali ma estremi, quali possono essere grotte profonde o profondità marine.
“Underwater Passage” è stato registrato attaccando un microfono ad un cavo marino, lasciato fluttuare a 40 metri di profondità al largo di Livorno. La registrazione è stata poi trattata dai due tizi succitati, senza però contaminare la registrazione con sovrastrutture o altri inserti, cercando di catturare l’atmosfera e i suoni di quel mare.
Il disco si compone di un breve intro e un altrettanto breve outro, manco a dirlo l’entrata e l’uscita dall’acqua del microfono, e da due tracks molto lunghe, nell’ordine dei 20 minuti, chiamate “Underwater Calls”.
I due non insistono molto sulle basse frequenze, quindi il senso di claustrofobia e di smarrimento è tutto dovuto alla reale sensazione di trovarsi in mare aperto a quella profondità. Il che per alcuni, specialmente per quelli come me che hanno paura del mare aperto e delle profondità marine, si trasforma in una sorta di viaggio terrificante, con la paura di non riuscire più a risalire, oltre a quella di non riuscire, nella fioca luce di quell’abisso, a vedere cosa si cela nell’ombra.
Tuttavia ripeto questo è un effetto soggettivo, e oserei dire naturale, per nulla amplificato da frequenze artificiali basse e distorte, anzi spesso ci sono frequenze alte.
Il senso di oppressione, la consapevolezza della massa liquida soprastante, sono tangibili, così come il senso di vacuità, la sensazione di fluttuare nella corrente.
Di più non so dire, se non che questo è evidentemente un disco per pochi, pochissimi.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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