Copertina 7

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2005
Durata:57 min.
Etichetta:Limb
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. ENTER THE MAGIC CIRCLE
  2. FIRE AND BLOOD
  3. CALL OF THE WILD
  4. DEATH IS MY LIFE
  5. ON YOUR KNEES
  6. METAL
  7. URUK-HAI
  8. CIRCLE OF STEEL
  9. WARRIORS OF THE NIGHT
  10. NO WAY OUT
  11. THE MAGIC GOES ON
  12. DON’T SAY GOODBYE

Line up

  • Sven D’Anna: vocals
  • Michael Maas: guitars
  • Volker Leson: bass
  • Snoppi Denn: drums

Voto medio utenti

Arrivano al sesto disco I tedeschi Wizard, in giro da più di dieci anni e considerati da molti come la migliore risposta europea ai Manowar. In effetti questa è una band che ha fatto da sempre dell’oltranzismo più puro la sua filosofia vincente, realizzando sempre dischi che sono sempre stati un must per i defenders più incalliti (basti citare “Head of the deceiver” o il precedente “Odin”, i primi due realizzati alla corte di Limb Schnoor). Personalmente non ho mai amato particolarmente questo tipo di gruppi, considerandoli sempre un po’ troppo pacchiani per i miei gusti, ma devo ammettere che questi tedeschi sono sempre stati in grado di produrre roba di qualità, pur senza gridare mai al capolavoro. “Magic circle” non fa eccezione: non varia di una virgola quelle che sono le coordinate stilistiche del quintetto e ci propone ancora una volta un lotto di buone canzoni, condite da una produzione ruvida e potente che sarà senza dubbio un toccasana per il vostro stereo.
Certo, questa è roba per “brothers of metal”, come direbbe Joey De Maio, e che siano tirate a mille come “Fire and blood”, “Death is my life” o “Circle of steel”, o cadenzate e massicce come “On your knees”, le canzoni di “Magic circle non regalano nulla, assolutamente nulla al symphonic, al power, o all’happy metal di turno. Solo acciaio, acciaio incandescente dall’inizio alla fine, con solo qualche piccola apertura melodica su alcuni ritornelli, giusto per farci respirare.
Certo potrà far sorridere leggere, all’alba del 2005, titoli come “Metal”, “Warriors of the night”, o “Fire and blood”, ma del resto questo è quello che i fans si aspettano dalla band, e poi, a voler dirla tutta, questo album è molto meglio delle ultime cose prodotte dai Manowar, per cui mi sembra doveroso consigliare un ascolto.
Menzione particolare per “Uruk-Hai”, inquietante e potentissimo mid tempo dalle atmosfere epiche e oscure, che pure nella banalità orripilante del testo (che sembra scritto da un bambino dell’asilo appena uscito dalla proiezione de “Il ritorno del Re”), riesce ad essere una gran canzone.
Non sono dei geni ma andranno di certo avanti per molto, e se lo meritano del resto…
Recensione a cura di Luca Franceschini

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