Copertina 7,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2002
Durata:42 min.
Etichetta:Iron Glory
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. LIFE DEATH MERCY
  2. SCREAMS IN VAIN
  3. SEAFARING EVIL
  4. MASTERS OF REVENGE
  5. NO ONE SEEMS TO CARE
  6. IN THE NITE
  7. SWORDS OF THE KING
  8. LADYKILLER
  9. UNDER ATACK
  10. DARK CHILD
  11. TAKE US AWAY

Line up

Non disponibile

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Per tutti gli inguaribili nostalgici degli anni ottanta, e del power americano in particolare (e qui la cerchia si restringe !), la Iron Glory tira fuori dal proprio cilindro una “nuova” ristampa.
In questo caso si tratta dei Tyrus, band nata nel lontano 1983 a Boston e, per quanto mi riguarda sconosciuta fino ad ora. Il pregio di questo revival ottantiano, che è in atto da qualche anno a questa parte, sta nel fatto che non sono solo i vecchi capolavori ormai introvabili a ritornare alla luce, ma anche le piccole chicche come questa, che sarebbero altrimenti rimaste nell’oblio dell’underground americano di quegli anni.
Già dal titolo e dalla copertina (non proprio quella che si definirebbe un’opera d’arte) si possono evincere i contenuti di questo “Masters Of Revenge”; se aggiungete che è stato registrato nel 1986 e date un’occhiata alla foto della band nel booklet, vi garantisco che rimarrà poco spazio alla vostra fantasia.
Ed infatti, i Tyrus non disattendono le aspettative e con “Life, Death, Mercy” sferrano un attacco fatto di riff potenti e dozzinali, ritmiche quadrate e vocals alte e taglienti, magari poco rifinite ma efficaci; il tutto, come già detto, con un suono e una produzione underground, che dona un fascino unico ai dischi di quell’epoca (e gli amanti del genere capiscono cosa intendo !).
Alcune delle canzoni di questo album sembrano uscire idealmente da “Fistful Of Metal” degli Anthrax tanto è simile il suono, e il singer Tracy Powers, che nella prima e nella nona traccia se la cava egregiamente anche alla batteria, nelle parti più alte del cantato sembra un’ibrido tra Neil Turbin e Jeff L’Hureux (chi se lo ricorda ??). A dire il vero l’intero sound del combo si avvicina a quello dei Culprit, anche la band di Seattle era decisamente più tecnica; basta ascoltare “In The Nite” per accorgersi che la mia non è una citazione fuori luogo da intellettuale del metallo (come tanto vanno di moda di questi tempi).
A tratti si sente l’apporto del tastierista, più effettista che altro, come si legge nella line-up, che comunque concorre alla creazione delle sonorità, così anni ottanta, peculiari della band.
Personalmente queste sono le uscite discografiche che preferisco, anche se si discostano parecchio da quello che è il metal che va per la maggiore oggi; ascolto consigliato dunque, prettamente agli appassionati del genere.
Recensione a cura di Gianluca Silvi

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