Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2024
Durata:42 min.
Etichetta:Cruz Del Sur Music
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. GLIMPSE OF THE DAWN
  2. THE WINDING ROAD
  3. LESHY’S WARNING
  4. ECHOS THROUGH TIME
  5. THE HARRIER
  6. THE VAGABOND’S RETURN
  7. DREAMER IN THE DARK
  8. HEAVY WEIGHS THE CROWN

Line up

  • Will Spectre: vocals, guitar
  • Felix Russell: guitar
  • David Walsh: bass
  • Dave Harrington-George: keyboards
  • The Hermit: drums

Voto medio utenti

Era probabilmente dai tempi di “Queen of thieves” dei Taramis che i miei padiglioni auricolari non si meravigliavano a questi livelli per una “sorpresa” musicale proveniente dal continente Oceanico.
In quel caso il genere era epic-metal, mentre i Tarot suonano hard-rock (screziato di prog e di folk), ma la sensazione di stupore per la perizia e la tensione espressiva con la quale entrambi hanno saputo trattare la materia “classica” è analoga, considerando, inoltre, che al sottoscritto le due formazioni erano totalmente sconosciute.
Glimpse of the dawn”, primo full-length dei tasmaniani per la Cruz Del Sur Music, è davvero una prelibatezza sonica per quanti considerano Uriah Heep, Jethro Tull, Rainbow e Blue Öyster Cult (elenco a cui aggiungiamo anche cult-band come Saracen e Omega) maestri di un certo modo di fare musica, ritrovato poi in epigoni di valore come gli Hällas e i Wytch Hazel.
Siamo dunque di fronte ad un gruppo “celebrativo”, il quale però riesce a rendere genuina e redditizia questa sua devozione, scongiurando il rischio di una semplice pantomima di temi e modalità stilistiche ampiamente codificate.
Merito, come spesso ipotizzo in casi simili, di una cultura specifica non dozzinale, e poi della tangibile capacità di assorbire la nobile lezione con intelligenza e classe, restituendo all’ascoltatore appassionato un misto di straniamento, suggestioni evocative e coinvolgimento melodico, il tutto immerso di un clima sonoro fatalmente old-fashioned e non per questo stantio e fastidiosamente ripetitivo.
Ovvio, in tale situazione, che i flashback si manifestino in maniera abbastanza vivida e frequente, e tuttavia se anche voi pensate che in fondo la rievocazione della Grande Storia del Rock non sia necessariamente un fatto deleterio, almeno se poi c’è la giusta assennatezza nel gestire il nobile paradigma, beh, credo che in queste otto canzoni troverete di che avvalorare la suddetta tesi, a partire dal potere “mistico” che ammanta la favolosa title-track dell’opera e dall’enfasi epica di “The winding road”, degna di una brillante fusione tra Thin Lizzy e Whitespirit.
Con “Leshy’s warning” si materializzano le lande bucoliche della Vecchia Inghilterra, popolate di “spettri” Tull-iani, mentre in “Echos through time” sembra di assistere ad una fantomatica jam dei Deep Heep, concretizzando le fantasie dei loro tanti estimatori.
Sollevarsi nella stratosfera sulle note delle chitarre acustiche e del mellotron di “The harrier” rappresenta un bel modo di prepararsi agli arabeschi foschi e visionari di “The vagabond’s return” e al soffio esoterico di “Dreamer in the dark”, in cui l’influsso dei B. O. C. si scorge in maniera più nitida.
Heavy weighs the crown”, con i suoi sette minuti di eroica aristocrazia hard n’ heavy, chiude un album intriso di un sound “antico”, che non rinnega le evidenti influenze dei “classici” e le manipola con fiera ed avvincente partecipazione … da consigliare a chi crede che la “magia” non abbia età.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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