Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2021
Durata:38 min.

Tracklist

  1. GOM JABBAR
  2. PILGRIM
  3. NOSTROMO
  4. THE SPRAWL
  5. ESCAPE FROM SMITH'S GROVE
  6. DIRECTIVE IV
  7. THE CURSED EARTH
  8. THE GREAT WAVE

Line up

  • Mark Mundell: vocals
  • Malcolm McKenzie: guitar
  • Kees Hengst: bass
  • Josh Hussey: drums

Voto medio utenti

Ispirandosi a tematiche fantascientifiche (Dune, Alien, Vonnegut) ed orrorifiche, i neozelandesi Planet of the Dead ci aggrediscono con il loro sludge metal greve come una colata di cemento. I ragazzi di Wellington non si pongono soverchi problemi di originalità, puntando su uno stile canonico e costruito con elementi semplici e ben definiti: rifferama cupo ed arcigno, ritmiche pesanti ed ultra-heavy, voce gutturale da cavernicolo armato di clava, basso marcio e rombante, atmosfera tenebrosa e drammatica. Classico sludge, niente più niente meno.
Evidente che i punti di riferimento del quartetto sono bands come Crowbar, Down, Electric Wizard, Acid Mammoth ed altre del genere, dalle quali il presente "Pilgrims" trae molta della sua sostanza. Il passo mortifero e angosciante di "Gom Jabbar" annuncia che il disco è di grana grossa, un macigno muscolare da pugni serrati e furia pronta ad esplodere. Non mancano i richiami Sabbathiani nella loro forma più pesante e metallica ("Pilgrim", "Nostromo"), con lieve retrogusto stoner, dove il timbro da wrestler di Mark Mundell cerca qualche soluzione alternativa. Anche "The sprawl" si apre maggiormente ad inserti pacati, sul genere post-metal, pur rimanendo brano di grande tonnellaggio. Un esempio che questa formazione può evolvere il proprio sound in varie direzioni, restando comunque fedele al principio di uno sludge massiccio e devastante.
Tradizionale andamento slow-doom per episodi quali "Escape from Smith's grove" e "Directive IV", che esprimono vibrazioni sospese tra l'horror e lo schieramento da battaglia, mentre "Cursed earth" è un buon episodio stoner-sludge che ricorda gente come Ramesses o Black Pyramid per il tiro marcio ed opprimente ma anche per il valido utilizzo di riff coinvolgenti.
La conclusiva "The great wave" risulta Sleep-iana fino al midollo, con un incremento delle cadenze ultra-heavy ma identica attitudine narco-ipnotica. La voce assume tonalità da tregenda, mentre la chitarra di Malcolm McKenzie macina riff rugginosi e tombali. Niente di nuovo, ma i "kiwi" mostrano perlomeno di possedere la giusta energia da caterpillar che è distintiva del genere.
Album onesto, più che sufficiente, che pone le basi per una crescita futura. Indubbiamente però i Planet of the Dead dovranno cercare di esprimere una personalità maggiore, per emergere in un settore che comincia ad essere molto affollato ed un poco stagnante.

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