Copertina 6

Info

Genere:Guitar Hero
Anno di uscita:2020
Durata:47 min.
Etichetta:GMR Music

Tracklist

  1. PROMISE OF ASGAARD
  2. NEVER LOVE AGAIN
  3. HAPPY 4 U
  4. DON’T BELIEVE
  5. RUSSIAN ROULETTE
  6. GHOSTS OF VENUS
  7. GOD IS DEAD
  8. JEALOUSY
  9. VYKTORYA

Line up

  • Jayce Landberg: guitars, piano, bass, keyboards, violin guitars, drums, percussion
  • Göran Edman: vocals
  • James Humphrey: drums, percussion
  • Erika: vocals on "Don't Believe"

Voto medio utenti

Difficile per Jayce Landberg svincolarsi dall’ombra ingombrante di Yngwie Malmsteen e, in realtà, per molte ragioni, sembra che in fondo tale legame non gli dispiaccia poi troppo.
Avvalersi di Göran Edman (noto anche per aver contribuito a “Eclipse” e “Fire & ice”) e avere sul suo terzo disco come ospite Erika Norberg (più famosa per essere stata la moglie di Y. J. che non per la sua carriera musicale) appaiono “indizi” piuttosto eloquenti anche per chi non conoscesse l’approccio artistico del multistrumentista svedese.
The forbidden world” si presenta dunque come un discreto disco di hard n’ heavy epico e “neoclassico”, non particolarmente sbilanciato sui virtuosismi e talvolta screziato di un approccio vagamente “modernista”, ma in ogni caso dedicato soprattutto agli estimatori di Rising Force, Silver Mountain, Glory e di una certa “scuola” scandinava figlia di Rainbow e Dio.
Dal punto di vista formale, poco da eccepire: tecnica di livello, clima sonoro abbastanza suggestivo e anche qualche buona intuizione compositiva, il tutto però zavorrato da svariate sfocature espressive e da una certa freddezza dal punto di vista emozionale, a creare una tipica forma di soddisfazione cardio-uditiva superficiale ed epidermica.
L’evocazione mitologica “Promise of Asgaard” funge da melodrammatico (e un po’ Queen-esco) ponte dell'Arcobaleno, all’interno di un programma che con “Never love again” si tinge di foschi e sinfonici presagi, per poi piazzare una “Happy 4 U” che finalmente conquista “anche” per una passionale costruzione melodica.
Don’t believe” è uno dei brani più “singolari” dell’opera, una sorta di jam session tra il solito Malmsteen e gli Evanescence e se a dispetto delle buone intenzioni il risultato non è esattamente eclatante, con “Russian roulette” si ritorna su sentieri maggiormente “tradizionali”, gli stessi che percorrono con disinvoltura lo strumentale “Ghosts of Venus”, con la sua atmosfera tensiva, e “Jealousy”, uno slow barocco e malinconico tutt’altro che molesto.
All’appello mancano ancora l’esotismo mistico di “God is dead” e “Vyktorya”, che dopo l’inizio strumentale (e una lunga “incomprensibile” pausa silenziosa) diventa il tormentato e caliginoso sigillo di un albo complessivamente incapace, nonostante le qualità dei musicisti coinvolti, di elevarsi sopra la mediocrità.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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