Orphaned Land - Unsung Prophets & Dead Messiahs

Copertina 9

Info

Anno di uscita:2018
Durata:63 min.
Etichetta:Century Media

Tracklist

  1. THE CAVE
  2. WE DO NOT RESIST
  3. IN PROPAGANDA
  4. ALL KNOWING EYE
  5. YEDIDI
  6. CHAINS FALL TO GRAVITY
  7. LIKE ORPHEUS
  8. POETS OF PROPHETIC MESSIANISM
  9. LEFT BEHIND
  10. MY BROTHER’S KEEPER
  11. TAKE MY HAND
  12. ONLY THE DEAD HAVE SEEN THE END OF WAR
  13. THE MANIFEST - EPILOGUE

Line up

  • Kobi Farhi: vocals
  • Chen Balbus: guitars
  • Idan Amsalem: guitars
  • Uri Zelcha: bass
  • Matan Shmuely: drums

Voto medio utenti

Non poteva essere più incisivo il ritorno degli Orphaned Land, cinque anni dopo il controverso "All Is One". Il mito della caverna di Platone diventa lo spunto per una riflessione a 360° sul mondo che ci circonda, sulla propaganda, sulle distorsioni di un'informazione mirata e controllata, come perfettamente spiegato da Kobi Farhi durante l'intervista rilasciata al nostro portale.

Non nascondo di essere partito prevenuto nei confronti di "Unsung Prophets & Dead Messiahs". Quando si cominciò a vociferare di ospiti e comparsate tra me e me pensavo: "ecco, poche idee, male assortite, i guest servono giusto a metterci una pezza".

Niente di più sbagliato. La nuova opera degli israeliani scorre che è un piacere, le composizioni sono solide e superbamente arrangiate, e il concept dona quella patina "nobile" che non potrà non trovare il favore dei fan della band.

L'introduttiva "The Cave" è già di per sé un manifesto dei "nuovi" Orphaned Land: gli arrangiamenti grandiosi di "All Is One" si fondono con l'intensità di "Mabool" e "The Never Ending Way Of OrWarrior" dando vita a una moderna rock opera degna dei nomi più blasonati del genere. Torna prepotentemente il growl ("We Do Not Resist", "Only The Dead...", con l'ospite Tomas Lindberg degli At The Gates), si apprezzano intrecci chitarristici ben congeniati ("In Propaganda") così come i riferimenti progressive della band ("All Knowing Eye", o l'opethiana - periodo "Damnation" - "Chains Fall To Gravity", con un magico assolo di Steve Hackett). Ovviamente non mancano gli episodi prettamente oriental ("Yedidi") o semplicemente più immediati (l'epica "Like Orpheus", con il cameo di Hansi Kürsch, o "Left Behind", tipica traccia da headbanging). La teatralità caratterizza anche l'ultima parte del full-length: se "My Brother's Keeper" è più recitata che cantata, "The Manifest - Epilogue" non avrebbe sfigurato come sottofondo per la chiusura di un sipario.

Oltre ogni mia più rosea aspettativa.

Recensione a cura di Gabriele Marangoni

Ultime opinioni dei lettori

Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 28 gen 2018 alle 15:03

Mi ascolto i vecchi dischi degli opeth (se mi vien voglia)..

Inserito il 26 gen 2018 alle 17:10

Dopo aver ascoltato il primo singolo, lo ammetto, ero totalmente sfiduciato..."ecco ormai la strada è quella intrapresa con All is one" mi dicevo e invece, fortunatamente, mi sbagliavo. Buonissima prova di forza che, alla luce dell'abbandono di alcuni importanti componenti, assume un significato ancora maggiore. Forse nove è un voto esagerato ma possiamo tirare un sospiro di sollievo e goderci dell'ottima musica.

Queste informazioni possono essere state inserite da utenti in maniera non controllata. Lo staff di Metal.it non si assume alcuna responsabilità riguardante la loro validità o correttezza.