Ci ho provato, ma non ce la faccio. Per quanto mi sia sforzato non riesco proprio ad entrare in sintonia con quella che viene definita “drone-music”, ma che io mi figuro piuttosto come “non-music”.
Prolungare un solo, unico, profondo, mega-distorto, suono di chitarra o basso o chissacosa per venti ed oltre minuti, giocando solamente con la manopola del volume e nient’altro, descrivendolo poi come il “sound del leviatano” o una “black-feedback violence”, potrà forse rappresentare il massimo dell’estremismo musical-intellettuale, la nuova frontiera della società cibernetica, il trionfo della negazione delle meccaniche commerciali, magari solo un furbo modo di risparmiare sugli strumenti, ma alla fine mi puzza tanto di presa in giro e non sono in grado di farmelo piacere.
“Sono troppo vecchio per queste stronzate” diceva il personaggio di un noto film, così faccio mia questa frase e la applico a tutta la frangia di sperimentatori del vuoto assoluto, nel presente caso rappresentati da un duo come Stephen O’Malley e Greg Anderson, musicisti che in altri contesti hanno scritto ottime pagine della storia del doom metal.
Qui invece siamo nella stessa situazione di chi produce quegli allucinanti dischetti ambient/chill-out, registrando il cinguettìo degli uccellini, il pigolìo dei teneri pulcini, l’autunnale stormir di fronde, l’ariosa risacca dell’oceano, e così via, spacciandolo per rilassante e rivestendolo di paccottiglia pseudo-mistico-filosofica, liquidando con un buon microfono direzionale cinquant’anni di generazioni di musicisti di ogni tipo, genere e specie.
E dire che da qualche parte ho letto che “White 2” era l’album più accessibile ed in un certo senso meno estremo della discografia dei Sunn O))). Un’intera ora di fischi, sibili e ronzii, proprio non è roba per me. (c'è qualcosa di diverso dalla robaccia che ascolti solitamente? :D NdGraz)