Copertina 7

Info

Anno di uscita:2012
Durata:55 min.
Etichetta:Poison Tongue

Tracklist

  1. ASTAROTH
  2. MISERY WIZARD
  3. QUEST
  4. MASTERS OF THE SKY
  5. ADVENTURER LYRICS
  6. FORSAKEN MAN

Line up

  • Count Elric the Soothsayer: bass
  • Krolg Splinterfist, Slayer of Men: drums
  • The Wizard: vocals, guitars

Voto medio utenti

L’austero, arcano riff, lentissimo ed ipnotico, che guida il primo brano del presente disco (“Astaroth”), può tranquillamente rappresentare l’essenza dello stile che definiamo doom metal. Black Sabbath scarnificati fino al midollo, la voce sognante e narcotica, atmosfera magica e misteriosa, il pezzo avvince e cattura senza bisogno di modificare incedere e linearità. La bravura sta nell’evitare la noia utilizzando sapienti sfumature, dal coro monastico all’ingresso tardivo delle vocals, come hanno insegnato le migliori formazioni di questo genere.
Ma qui siamo invece di fronte all’ennesimo esordio discografico di un gruppo pressochè sconosciuto, situazione che negli ultimi anni abbiamo spesso incontrato.
I Pilgrim sono del Rhode Island (Usa) e si sono formati appena nel 2010. Lo scorso anno è uscito il loro primo lavoro: uno split con gli Ice Dragon. Successivamente hanno firmato per la Poison Tongue, minuscola etichetta che però fa capo ad Alan Averill, vocalist della band pagan-metal irlandese Primordial. Altro musicista di nicchia estrema, ma indubbiamente esperto e competente in questo ambito musicale.
Così adesso viene pubblicato il primo album completo del trio americano. Sono i Pilgrim stessi a vantare l’influenza di Black Sabbath, Saint Vitus, Reverend Bizarre, ma anche Darkthrone e Burzum. Precisano però che il tributo ai grandi nomi del passato, non significa diventarne la copia-carbone. Secondo loro, è proprio la varietà delle canzoni, una impostata diversamente dall’altra, a dare brillantezza a questo esordio.
Vero in parte. Ciò che accomuna le sette tracce sono la lunghezza e la lentezza. Cinque brani si aggirano intorno ai dieci minuti e si snodano a velocità lumachesca, cosa che li rende accessibili quasi solamente agli appassionati. Rarissimi i cambi di ritmo, pressoché inesistenti gli assoli, bisogna ammettere che qualche sbadiglio risulta inevitabile, anche se il trio ci mette tutto l’impegno e la passione possibile.
Stilisticamente ricordano i cileni Procession, privi delle loro accelerazioni e con parti vocali molto più cantilenanti. A tratti emerge un feeling mistico, leggendario, che i Pilgrim rivendicano con forza. Il loro doom narra di antichi miti, di un regno oscuro celato nei racconti tramandati oralmente e popolati di esseri demoniaci, alieni immortali e maghi dai poteri occulti. Non male, per tre giovanotti barbuti e stralunati cresciuti a cereali ed hamburgher.
Apice dell’album, i dodici sfiancanti minuti di “Forsaken man”, puro funeral-doom da manuale. Cadenze criptiche e catacombali, l’immagine del sole che si spegne lentamente mentre la gelida tenebra scende a coprire un pianeta privo di vita.
Non originalissimi, né troppo fantasiosi, i Pilgrim si rivelano comunque una eccellente band per chi ama il doom ortodosso, monolitico e cimiteriale.

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