Copertina 8,5

Info

Past
Anno di uscita:1986
Durata:35 min.
Etichetta:Vertigo

Tracklist

  1. IN FOR THE KILL
  2. NO STRANGER TO LOVE
  3. TURN TO STONE
  4. SPHINX (THE GUARDIAN)
  5. SEVENTH STAR
  6. DANGER ZONE
  7. HEART LIKE A WHEEL
  8. HUNGRY HEART
  9. IN MEMORY...

Line up

  • Glenn Hughes: vocals
  • Tony Iommi: guitar
  • Dave Spitz: bass
  • Eric Singer: drums

Voto medio utenti

Dopo il rinnovato interesse generato dall’unione con Ronnie James Dio ad inizio decennio, che portò alla pubblicazione di due capolavori come “Heaven & Hell” e “Mob Rules”, e di un doppio live particolarmente problematico (“Live Evil”), la band fece buon viso a cattivo gioco alla decisione del vocalist americano di abbandonare la nave.

Sarà un nome grosso” disse lo stesso Toni Iommi prima di annunciare l’ingresso di Ian Gillan per le registrazioni di “Born Again”, paradossalmente e nonostante le dichiarazioni dello stesso cantante (“io porto i jeans, loro sono sempre vestiti in pelle nera: apparteniamo a due mondi diversi”), uno dei lavori più oscuri e solforosi dell’intera discografia Black Sabbath: non vorrei esagerare, ma alcune canzoni del succitato 33 giri (“Trashed”, “Disturbing The Priest”, “Zero The Hero”, la stessa title-track) sembravano voler evocare l’Inferno sulla terra.
Come andò la faccenda “Black Purple” o “Deep Sabbath” che dir si voglia, è ormai storia: il gruppo rimase pietrificato dal suono di “Born Again”, e Gillan lo definì addirittura “roba da gettare nella spazzatura”.

La reunion dei Deep Purple per l’incisione di “Perfect Strangers” fece il resto, lasciando nuovamente i Black Sabbath con un microfono vacante. Stavolta però si aggiunsero anche basso e batteria, visto che Butler e Ward non ressero al contraccolpo legato al feedback estremamente negativo di “Born Again”.
Resta, saldo al timone di comando di un’imbarcazione che fa acqua da tutte le parti, soltanto lui: Tony Iommi. Colui che, nel bene o nel male, ha sempre portato avanti il nome del gruppo, molto più di qualsiasi altro membro, presente o “latitante”. Mentre Ozzy fa letteralmente scintille con la sua band, e gli stessi Dio sembrano vivere un bel momento di gloria, i Black Sabbath se la passano male, malissimo.

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Quali Black Sabbath, poi?
Oltre alla “mano sinistra del Diavolo”, resta soltanto il “quinto elemento”, ovvero il tastierista Geoff Nichols, fino ad allora destinato a suonare dietro il palco, ed improvvisamente assurto a simbolo di continuità rispetto al passato. “Seventh Star”, questo il titolo dell’album uscito a tre anni di distanza da “Born Again”, dovrebbe essere a tutti gli effetti un lavoro solista dello stesso Iommi, tuttavia la casa discografica esercita pressioni affinché sulla copertina compaia anche il nome del gruppo.
Toni riesce a reclutare Glenn Hughes alla voce (ex Trapeze, e già bassista/secondo di Coverdale nei Deep Purple Mark 3), il giovane talento Eric Singer alla batteria, e Dave Spitz al basso.
Il risultato è un disco ovviamente “sui generis”, con canzoni che richiamano spesso più i Deep Purple (“Turn To Stone”) oppure i Rainbow (la title-track) che non ai tenebrosi occultismi dei Black Sabbath, intesi nella loro esperienza complessiva, con e senza Ozzy.

La produzione di Jeff Glixman è chiaramente rivolta a conquistare il pubblico class/hair metal, come dimostra immediatamente il frastornante riverbero del drumming nella rutilante opener “In For The Kill”, il vellutato tappeto di tastiera nella ballad “No Stranger To Love” (unica traccia con Gordon Copley al basso al posto di Spitz), scritta e pensata appositamente per soddisfare le esigenze dell’audience americana. Addirittura “Danger Zone” vede Iommi e compagni bazzicare dalle parti dei Ratt, in una sorta di confronto a distanza con l’Ozzy Osbourne di “The Ultimate Sin”.
La già citata “Seventh Star”, posta a suggello del lato A del vinile, sembra il perfetto mix tra lo stile di “Heaven & Hell” e quello di “Long Live Rock’n’Roll” dei Rainbow, con una citazione particolare per le orientaleggianti trame di “Gates Of Babylon”.
Iommi si ritaglia persino uno spazio hard blues in “Heart Like A Wheel”, unica concessione vintage di un album che vuole invece sembrare molto attuale ed ammiccante.

“Seventh Star” viene accolto in maniera decisamente positiva dalla critica, che ne apprezza la freschezza compositiva e la voglia di non suonare datato, un po’ meno dal pubblico che, come sempre succede per i “mostri sacri” del settore, mal digerisce l’andirivieni di cantanti che non si identificano con il trademark originale.
La formazione dell’album dura comunque il tempo di un battito di ciglia, visto che Glenn Hughes deve combattere i propri demoni personali legati all’abuso di sostanze stupefacenti, tanto da costringere Toni Iommi alla sua sostituzione (a tour iniziato) in favore dell’astro nascente Ray Gillen.

Ma questa è un’altra storia, che magari racconteremo in una futura occasione.

Recensione a cura di Alessandro Ariatti
La Settima Stella di Tony Iommi

Quest'album è bellissimo,ma come tutti sanno doveva uscire come disco solista di Iommi cantato da singers diversi come Halford,Gillan e Glenn Hughes,ma finì con l'essere cantato interamente dal talentuoso Hughes.Ci sono echi addirittura Power Metal in songs veloci come"Turn to Stone"&"In for the Kill",ma il brano migliore è sicuramente la title-track che narra delle tentazioni di S.Antonio e dell'avvento della Settima Stella foriera di apocalittici presagi.

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 23 mar 2021 alle 18:19

Bravo Alessandro, condividiamo l'amore per questo grandissimo disco!

Inserito il 20 mar 2021 alle 13:32

Adoro questo album, che dimostra la capacità del buon Tony di destreggiarsi egregiamente in diversi contesti, anche senza R.J. Dio o l' impareggiabile Ozzy. A mio parere, i successivi album con Tony Martin sono anche superiori, ma anche questo merita.

Inserito il 18 mar 2021 alle 13:04

Ti ringrazio. Un caro saluto.

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