Faith, hope & love

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Gruppo:Phenomena
“Blind Faith” continua la saga dei Phenomena grazie all’inestinguibile voglia di rock di Tom Galley (fratello di Mel, ex chitarrista di Trapeze e Whitesnake, purtroppo scomparso di recente), che come suo solito si circonda di un team di grandi vocalist, in grado di dare corpo e spessore al prodotto. Per l’occasione, abbiamo contattato lo stesso Tom, che ci ha parlato del presente, del glorioso passato, e di un futuro prossimo che si preannuncia ancora roseo.
“Blind Faith” è il seguito di “Psychofantasy”. Quali sono, a tuo parere, le principali differenze tra questi ultimi due album?
Guarda, l’album “Blind Faith” è composto da diverse canzoni sulle quali avevo originariamente lavorato assieme a mio fratello Mel prima della sua prematura scomparsa. Ci sono anche dei brani nati dalla collaborazione fra lui e Glenn Hughes, così tutti i fan dei Phenomena, e di Mel stesso, potranno finalmente avere l’opportunità di ascoltarle.
Consideri “Blind Faith” il quinto episodio della saga dei Phenomena, oppure semplicemente un tuo solo album?
Le song di “Blind Faith” sono in realtà pezzi individuali, che sono nate senza il concreto supporto di un concept alle spalle. Tuttavia, per tutti i fan che hanno apprezzato la vena più aggressiva del primissimo album dei Phenomena (1985), posso dire che sto attualmente lavorando su un nuovo progetto che li lascerà molto, molto soddisfatti. Credimi!
Rob Moratti ha fatto un lavoro straordinario nella canzone “House Of Love”.
Sono sincero: tutti i cantanti che ho coinvolto nelle registrazioni hanno saputo incarnare praticamente alla perfezione il ruolo che il brano richedeva. Hai ragione a tal riguardo, Rob è un grande esempio del concetto che ti ho appena espresso.
“It’s Over”, che ha un gran potenziale AOR, è cantata invece da Robin Beck. Come l’hai contattata?
Molta dell’organizzazione riguardo alla selezione degli artisti coinvolti nell’album è merito di Khalil Turk di Escape Music. Ovviamente la scelta finale ha dovuto fare i conti con la compatibilità stilistica del cantante per questo o quel brano. Lo stesso dicasi per la disponibilità del vocalist, che non è mai una cosa scontata. Con Robin, per fortuna, tutto si è incastrato alla perfezione.
Considero Steve Overland una delle più grandi voci attualmente in circolazione in campo rock melodico. Sul libretto ho letto che la bellissima “Don’t Ever Give Your Heart Away” porta la firma Galley/Hughes.
Si, questa traccia fu composta da mio fratello Mel in collaborazione con Glenn, ed è solo una delle numerose song candidate a finire su un ipotetico album dei Trapeze nel 1987. Fin dalla morte di Mel, avvenuta, nel 2008, ho avvertito la necessità di rendere disponibile questo prezioso materiale, e continuerò a farlo anche nel follow up di “Blind Faith”.
Sei ancora in contatto con Glenn?
A causa della fittissima agenda di Glenn, è difficile trovare dei momenti da passare assieme. Comunque cerchiamo di mantenerci in contatto.
Personalmente considero il terzo album “Innervision” un grande lavoro, anche se non gode della stessa considerazione riservata ai primi due album dei Phenomena.
Come puoi immaginare Phenomena 3 “Innervision” era originariamente previsto in uscita per la BMG ma, a causa di conflitti interni al mio team di lavoro, la data della sua uscita fu posticipata. Seguirono poi del problemi di tipo legale, e tutto questo portò alla pubblicazione del disco per un’etichetta più piccola, che purtroppo non fece una promozione adeguata.
Il primo capitolo dei Phenomena è universalemente considerato un classico. Per quanto mi riguarda, si tratta di un capolavoro assoluto degli anni ’80. Tu che ricordi ha di quel disco favoloso?
Le registrazioni iniziarono nel 1983 all’Old Smithy di Worcester assieme all’ingegnere del suono Paul Robins. Alle tastiere c’era Richard Bailey, alla chitarra l’ex Budgie John Thomas, che personalmente considero uno dei musicisti più sottovalutati con cui ho avuto l’onore ed il piacere di suonare. Fummo noi a mettere assieme le tracce di base di tre quarti dell’album, comprese le backing vocals, perché all’epoca quel tempo, Mel era in tour con i Whitesnake. Tutte le parti di batteria furono incise al Britannia Row Studio di Londra da Cozy Powell, con Mel che andava e veniva ogni volta che aveva una settimana libera dagli impegni con i Whitesnake. Pensa che Cozy pestava così duro da provocare le lamentele dei Police, che stavano registrando in uno studio vicino al nostro! “Still The Night” e “Who’s Watching You” furono completate tra l’Air Studio ed il Magritte Studio di Londra, con Ted McKenna alla batteria, Glenn Hughes al basso e voce, Mel alla chitarra, e Don Airey alle tastiere. All’Air Studio avevamo Jon Jacobs dietro al mixer, al Magritte c’era invece Dan Priest. La maggior parte delle linee vocali di Glenn furono invece fatte al Chocolate Factory Studio. Ricordo che Hughes era in grande forma, e registrò due/tre diverse tracce per ogni canzone. Se ti raccontassi alcune delle “hotel stories” accadute in quel periodo, temo che poi dovrei ucciderti immediatamente, così preferisco soprassedere! Il mixing finale si tenne al Roundhouse Studio di Londra, frequentato all’epoca anche da Grace Jones, The Art Of Noise e Frankie Goes To Hollywood. Jon Jabobs fece un grande lavoro!
Sul secondo album dei Phenomena, “Dreamrunner”, ci hai dato invece l’opportunità di scoprire l’incredibile talento di Ray Gillen, scomparso troppo presto.
Quando incontrai Ray Gillen per la prima volta, capii immeditamante che lui aveva tutto: look d’impatto, una voce pazzesca, ed una grande personalità. Al tempo aveva appena lasciato i Black Sabbath, poi avrebbe formato di lì a poco i Badlands con Jake E Lee ed Eric Singer.
Cosa ti aspetti da “Blind Faith”?
Che possa dimostrarsi popolare tanto quanto i precedenti album dei Phenomena, e che possa servire da piattaforma di lancio per il mio progetto futuro. Avendo colto il tuo commento sul primo Phenomena, esso potrebbe infatti rivelarsi di grande interesse per te e per tutti i fan.
Intervista a cura di Alessandro Ariatti

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