The Magik Way: rinascere nel fuoco

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Oggi abbiamo il piacere di parlare con il cantante e polistrumentista dei The Magik Way, una bella chiacchierata riguardante il nuovo full in uscita a Dicembre per My Kingdom Music, vi lasciamo alle parole di Nequam

Ciao Nequam, dopo due anni dallo split che vi vedeva in compagnia dei Malvento ecco il nuovo full, ci puoi raccontare cosa è successo in questi due anni in seno alla band?
Ciao a tutti e intanto grazie per averci proposto questa intervista, siamo molto lieti di essere qui.
Dunque, gli ultimi due anni sono stati molto impegnativi. L’attenzione verso la nostra band è abbastanza cresciuta e volevamo ardentemente arrivare fino a questo punto, ossia presentare il nuovo disco.
Ci siamo messi al lavoro, allestendo un nuovo spazio creativo denominato L’Alleanza Ermetica: una nuova “casa”, una nuova restaurazione delle idee, un luogo da dove partire e solo a quel punto abbiamo cominciato a registrare il materiale definitivo.
Il 2020 ci ha consentito anche di aprirci al mondo circostante, conoscere e confrontarci con tanti artisti, amici, sostenitori.
Abbiamo assorbito vite altrui, energie, talenti e questo si è rivelato veramente cruciale.
Nonostante le difficoltà che tutti conosciamo, quest’anno così instabile ci ha consentito di focalizzarci al 100% sull’album nuovo, per noi ricco di energie e trasformazione. Certo, siamo stati costretti ad una sorta di isolamento forzato, di “conclave”, ma ciò ci ha in definitiva garantito di lavorare sull’album, sul concept e sulla parte video senza distrazioni.
Una volta chiuso l’album con l’aiuto del grande Fabio Lanciotti, che ha curato il mastering e ci ha aiutati a ottenere il risultato finale, ci siamo dedicati anima e corpo alla fase filmica, dato che questo album è stato anticipato da due video: “Il Tempo Verticale” e “Le Vampe”, per la regia del nostro ormai insostituibile collaboratore Alberto Malinverni.
Da due soggetti scritti da me e con l’aiuto di Erica Gigli in qualità di acting coach, abbiamo avuto occasione di esprimerci ed esplorare scenari nuovi, supportati da artisti, attori, performer di grande talento come Giancarlo Adorno, Cristian Catto e Ivana Mannone.
Collaborazioni che ci hanno davvero esaltato e portato fino qui, finalmente!
La titletrack apre il lavoro e devo dire che è un brano che colpisce appieno per il feeling oscuro e l’uso della voce, ci puoi spiegare chi è "Il Rinato"?
"Il Rinato" è colui che vive sospinto da una forza che lo riscalda, lo elettrizza, lo costringe ad attraversare una condizione di brama euforica.
Se per “Curve Sternum" (album del 2015), si era parlato di una dimensione orizzontale, umida, terrigna, ne “Il Rinato” trattiamo l’argomento della verticalità, del “secco”, del caustico, ma anche della perdita del senno, della follia, della nevrosi vorticosa.
Il primo brano presenta un testo ancora ancorato ad una condizione passata, è ricco di dubbi, pieno di “se” e di titubanza.
Ci riconsegna un uomo intento nello scrutare indietro, timoroso, anche se già chiamato da quella forza misteriosa e propulsiva che lo guiderà in tutta la vicenda.
Questi dubbi vengono quindi dissipati da un calore che ristora, dall’euforia della quale parlavo poco sopra.
La frase finale che troviamo nel brano recita “e più salgo, più non sento fatica”, un verso dove viene enfatizzato il momento in cui il protagonista prende coscienza della propria nuova condizione.
Così, “Il Rinato” si appresta in quell’istante a vivere la sua epopea, bramoso, tutto fuori da sè, dalle sue vene, che iniziano a pompare febbrilmente.
Un altro pezzo che mi ha dato uno spunto di riflessione e coinvolgimento è “In Igne Vivit Salamandra”, che l’ho definita jazz esoterico per l’andamento, ti ritrovi in questa definizione o ho avuto un abbaglio?
Curiosa definizione! Sicuramente il brano in questione è tra i più liberi dell’album, solo successivamente impreziosito con alcune sovra-incisioni.
Sono contento che ti abbia colpito perché rispetto alle nostre ultime sonorità, molto legate alla forma canzone, poteva risultare un azzardo.
Avrai senz’altro notato che tutto il disco presenta momenti del genere, che hanno dato al lavoro un andamento più schizofrenico e frammentato.
Contenente una tematica a noi cara, figlia del nostro amore per l’opera del grande medium M° Fulvio Rendhell,
In Igne Vivit Salamandra” si muove alla stregua di un canto ritualistico e ruota attorno ad un’unica frase ripetuta ciclicamente, un rituale di evocazione reso in chiave musicale, destinato agli spiriti del Fuoco: le Salamandre appunto.
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Ho notato un’ospite femminile all’interno del disco, come avete fatto a coinvolgerla?
In maniera molto naturale, ci siamo conosciuti nel 2017 in ambito teatrale.
Con Gea Crini siamo riusciti a lavorare sulla componente femminea, da sempre presente nei The Magik Way.
Ci sono dei colori a volte, delle aperture, che per risultare efficaci si devono nettamente distaccare dalla mia vocalità e questo è stato reso in una chiave che spero possa piacere. Non abbiamo mai amato utilizzare la voce femminile come orpello, volevamo attribuirle un valore intrinseco, tipico del lavoro attoriale, dove un’unica figura si può calare in una molteplicità di personaggi.
Nell’album “Il Rinato” ad esempio essa funge talvolta da coscienza morale, da voce tonante che giudica e annichilisce il povero protagonista, oppure da entità popolare, rurale, come nel caso del brano “La Processione”. Incarna tutto ciò che è, per così dire, testimonianza di una verità legata all’oralità.
Non è la prima volta che Gea Crini opera con noi, era già accaduto con il brano “Babalon Iridescente” scritto a 4 mani con i Malvento e abbiamo deciso di proseguire la collaborazione.
Il disco a livello vocale ha anche parti teatrali, recitate, secondo voi la parte recitante ha una ragion d’essere profonda?
Fin dagli inizi, penso a “Dracula” del 1997 o “Cosmocaos” del 1999, abbiamo fuso parti cantate ad altre più recitate.
Nel nuovo album gioca un ruolo importante la condizione di profonda dissociazione del protagonista che viene travolto dai pensieri più disturbanti e li espelle come un flusso di coscienza, attraverso giaculatorie e cantilene.
Abbiamo cercato di lavorare su questo aspetto, come se l’album venisse interrotto da questi squarci deliranti, che ne impediscono il prosieguo.
Alla base c’è sempre stato il nostro desiderio di coinvolgere l’ascoltatore; noi vogliamo che egli “viva” il disco nella maniera più vivida possibile, così come noi lo abbiamo “vissuto” nel realizzarlo.
La mia personale idea di vocalità con il passare degli anni si è sempre più focalizzata su un approccio cantautorale, ma rimane forte l’interesse verso strade più recitate e teatrali, specie se la storia lo richiede.
In ogni mio testo trovano spazio certi giochi linguistici, rime con andamento ciclico e ripetitivo.
Spero risultino evocative e veicolo di emozioni poiché quella è la loro principale funzione.
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Potresti parlarci di cosa parlano le liriche?
"Il Rinato" è un concept album.
Il protagonista, che come detto vive una condizione euforica, è sospinto da una forza misteriosa.
Osserva il Sole, per la prima volta in vita sua, ne rimane affascinato, sente che la sua influenza può affrancarlo dalle paure, dal dubbio.
Non può fare a meno di osservarlo ben sapendo che questo comporterà dolore e lacerazione.
Lo teme, ma ne è ossessionato, lo glorifica attraverso il Fuoco, ma non è che un fuoco errante che “scalda ma non illumina” per usare un metafora alchemica.
La componente simbolica, ermetica, fa da contro-altare ad una tematica più specifica, quella della nevrosi, della perdita del senno che può essere generata dagli atti fallaci compiuti nel delicato momento della ritualità.
Questa è una questione che ci appassiona molto, poiché conosciamo i rischi di un cattivo utilizzo di certi rituali.
Ciò che si crea è un mondo vorticoso, roteante, dove l’equilibrio viene meno e “Il Rinato” lo risveglia in tutta la sua distruttiva potenza.
Rinasce, si distacca da quella condizione umida e nociva, si ritrova con la lingua fuori, a danzare forsennato inebriato dal caldo cocente ma all’apice del piacere trova il dolore.
Gli esiti saranno per lui inaspettati.
Voi ponete la musica all’interno di un quadro profondo, spirituale, filosofico ed esoterico più complesso, è stato intenzionale già dalle origini o si è sviluppato man mano il tutto?
Abbiamo iniziato a suonare nei primi anni ’90.
Anche quando suonavamo musica più estrema, la parte contenutistica era sempre molto predominante e finiva per influenzare il suono e l’aspetto scenico.
Sicuramente negli anni il nostro interesse per certi temi si è evoluto e ora cerchiamo di ideare storie dalla ricerca più circostanziata, per quanto dotate di una componente narrativa, raccontata e a volte, non di rado, autobiografica. Anche come ascoltatore devo dire che la musica che mi ha sempre accompagnato è stata perlopiù intensa, tesa, in qualche modo profonda.
Anzi ti dirò che fin da bambino mostravo un particolare interesse per certi stili.
Dai racconti che mi hanno fatto restavo ipnotizzato dai suoni più misteriosi o lugubri e praticavo una sorta di inconscio “deep listening”.
Cosa mi leghi a questi suoni lo ignoro: avviene e basta.
Cosa è L’Ordine Della Terra?
Da quando nacquero i The Magik Way nel 1996 abbiamo sempre avuto un entourage di conoscenze facenti parte del mondo esoterico.
La nostra città, Alessandria, è sempre stata legata anche se in maniera sotterranea al mistero e all’occulto.
Parliamo anche di importanti “confraternite” che hanno avuto un ruolo nella nostra formazione ed evoluzione artistica.
Non solo, c’erano artisti di ogni foggia, particolari e trasversali, per questo ci venne l’idea di coltivare queste conoscenze, fin dove possibile, dando loro la possibilità di sedersi al nostro tavolo.
Questa dimensione ci rese in breve tempo paragonabili ad una specie di gruppo artistico, evidentemente impegnato nel trattare determinati argomenti e così nacque l’idea di dargli un nome.
Oggi, alle soglie del 2021 posso dire che The Magik Way, inteso come marchio, si è a tal punto ampliato da poter contenere esso stesso anche quella componente extra-musicale, esoterica e filosofica, non necessitando di altri soprannomi, coperture, sviamenti.
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Come vivete questa condizione di pandemia globale?
Con la giusta dose di attenzione ma senza cedere al dibattito barbaro al quale assistiamo.
L’occasione infondo è buona per ricordarci di quanto l’uomo sia destinato ad essere uno strumento nelle mani della natura e non il contrario.
Ogni cosa accade secondo necessità.
L’uomo non ha perso occasione neppure questa volta per mostrare il suo smarrimento, tra paure, soprusi, egoismo.
Cosa è per voi, l’esoterismo? Una crescita ed un’evoluzione dell’uomo per certi versi o altro?
Questa è una domanda che ci è stata fatta tante volte ma che almeno io trovo ogni volta insidiosa.
Io cambio, come tutti, e le mie risposte cambiano con me. L’uomo non potrà mai trasformarsi senza una piena coscienza del pre-esistente, una dimensione che non ha nulla a che fare con il passato, anzi, vive in un eterno presente, animale, primordiale.
Un messaggio questo che è anche alla base de “Il Rinato” e che solo in tempi recenti riusciamo ad affrontare.
Dobbiamo invece fare i conti con il superfluo, con la stretta gabbia della mente, o peggio con chi ci propina ricette salvifiche, di benessere senza sforzi, di ricerca senza un cammino tortuoso.
Il presente è disseminato di improbabili santoni che agitano simboli, ma negli occhi hanno il vuoto, la nera insicurezza del narcisista.
Tutta questa nauseante apparenza si prende il nostro tempo, la qualità dei nostri pensieri, il valore del nostro silenzio.
Non dobbiamo e non possiamo consentirlo.
Io parlo per me e scelgo (ma è una lotta continua, si intende) di mantenermi sgombero da pensieri nocivi, mantenermi focalizzato, non cedere alle lusinghe del mero sapere, limitarmi ad osservare, leggere le parole degli altri e poi dimenticarle.
Consentire solo al pre-esistente di essermi maestro, il grimaldello che fa leva, con la sua nebbia, la sua pioggia, la potenza del mare, l’irresistibile dolcezza di un frutto. Riconosco nella mia morte la più alta testimonianza della vita, poiché anch’io sono parte del prodigio del tempo e concorro a far sì che la Grande Ruota compia il suo giro. Cerco di ascoltare quella voce, che da dentro, mi parla di me.
Grazie ancora ragazzi per quello che fate e supporto sempre!
Grazie a te, di tutto cuore! Un caro saluto a tutti.
Intervista a cura di Matteo Mapelli

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