(24 giugno 2008) Made For Rock ‘n’ Roll

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Provincia:MI
Costo:non disponibile
Hard to believe.
Prendo in prestito il titolo di questa “anomala” compilation di covers dei Kiss (uscita per la C/Z in piena epoca grunge, con band quali Nirvana, Skin Yard, Bullet LaVolta, All, The Melvins, …), per introdurre la dissertazione sul loro concerto al Datch Forum di Assago. Era davvero difficile da credere, almeno fino a qualche tempo fa, che avrei avuto l’occasione di vedere i Kiss nella loro versione “originale”, quella che, nel bene o nel male, è la più vivida nell’immaginario collettivo di fans e denigratori vari.
Make-up, costumi di “scena”, moon-boots, fuochi d’artificio, esplosioni, insomma, tutto quel campionario che per tanto tempo è stato il vero trademark della band americana, prima che un cambiamento nelle “mode” e nei “tempi”, la facessero diventare (dopo il flirt con la nascente popolarità della disco-music) dapprima “solo” un’ottima band di hair-metal costretta a sgomitare per un “posto al sole” in mezzo ad un’agguerritissima concorrenza e poi addirittura una formazione che tentava di “aggiornarsi” attraverso contaminazioni che poco avevano da spartire con lo spirito “primitivo” del gruppo.
Si sa, ormai i ricorsi storici sono all’ordine del giorno e anche il variopinto circo del “Bacio” più famoso del mondo riprende il suo errare, includendo ben due tappe (il successo di Verona del 13 maggio ha convinto gli organizzatori a raddoppiare gli “sforzi”) della sua caleidoscopica esibizione nel nostro Belpaese.
L’evento non è, quindi, di quelli che possano passare inosservati, e poco importa se dietro le maschere di “The Spaceman” e di “The Catman” non ci sono Ace Frehley e Peter Criss, sostituiti rispettivamente da Tommy Thayer (un passato con Black 'N Blue, con una Kiss tribute band chiamata, ma guarda un po’, Cold Gin, nonché turnista dal corposo curriculum) ed Eric Singer (Alice Cooper, Black Sabbath, Badlands e fedele collaboratore “on call” del duo Stanley / Simmons) … questi sono i Kiss … nella variante che tutti anelano vedere “operare” su di un palco.
Alle 9,20 inizia lo spasso, la festa, la fantasmagoria del rock ‘n’ roll, fatta di pose plastiche, d’incitamenti, di “sfide” vocali con il pubblico e con le chitarre, tutta roba “classica” eppure così incredibilmente coinvolgente. E poi stiamo parlando di sovrani dell’intrattenimento, di quel misto di sesso, sentimento, fantascienza, grand guignol, scintille e paillettes che tanto ha fatto nella sollecitazione della fantasia di intere progenie di rockers, e quindi fire breathing (in chiusura ad “Hotter Than Hell”), drum kit volante a mo’ di navicella spaziale al decollo (durante il solo di Singer in coda a “100,000 Years” e nell’apoteosi finale di “Detroit Rock City”), “ruffianerie locali” (Paul intona brevemente “l’inno nazionale” “Volare” in una suggestiva illuminazione con “occhio di bue”, come prologo al mega-hit “I Was Made For Lovin’ You”), e poi ancora piccole citazioni “illustri” (l’arpeggio di “Stairway To Heaven”, con Stanley che s’interrompe annunciando “… not tonight, guys”, l’accenno di “Won’t Get Fooled Again” degli Who, inserito in “Lick It Up”), il tutto condito da fuochi d’artificio assortiti.
In mezzo a questa pletora di faville spettacolari, tre i momenti da incorniciare: il manifesto “Rock And Roll All Nite”, con le sue deflagrazioni di coriandoli, le pedane laterali che sollevano verso il cielo Gene e Tommy, e il consueto, ma sempre avvincente, “rito” della chitarra fatta a pezzi (pubblico in visibilio, ringraziato da Paul con un “you are awesome!”); il solo di Mr. Simmons (con annesso, immancabile, “blood spitting”), il quale vola “letteralmente” su una pedana posta sul traliccio delle luci sopra il proscenio, per l’esecuzione di “I Love It Loud”, per finire con una splendida “Love Gun”, in cui Stanley viene trasportato da un argano al centro del parterre e da qui fornisce l’ennesima testimonianza delle sue ottime condizioni di forma, esibendosi in tutto il suo repertorio di navigato entertainer (compreso un salto ad alto coefficiente di “pericolosità”, visti gli “zatteroni” che indossa!) e ricevendone in cambio “un’imprescindibile” dotazione di reggiseno (nota a margine: complimentoni al pubblico femminile, numeroso e in buona parte veramente “dressed to kill”!!).
Ovviamente un concerto dei Kiss non è solo “scena”, il valore musicale di questi pezzi (per di più stiamo parlando di una scaletta che prevede brani estrapolati dalla parte più “nobile” della loro discografia), è enorme, fatto di quella “semplicità” irresistibile che solo i grandi possiedono nel loro DNA artistico.
Due parole sui singoli, partendo dai “nuovi” innesti: prestazione eccellente per entrambi; ci sarà sempre chi “rimpiangerà” i membri originali e tuttavia Singer (potente, fantasioso e sorprendentemente “imperturbabile”) e Thayer (impeccabile sia in fase ritmica sia in quella solistica, oltre che piuttosto abile nell’impersonare adeguatamente la parte del “Uomo dello Spazio”), appaiono due musicisti assai preparati nonché dotati nella necessaria personalità per sostenere un compito così oneroso.
Che dire, poi, di Stanley e Simmons? Carisma allo stato puro e anche se il primo evidenzia qualche tentennamento nella laringe (a dire la verità, più nei “vocalizzi” che non nelle canzoni vere e proprie, dove appare sempre adeguatamente stentorea ed espressiva) e il secondo a volte dà l’impressione di essere poco “coinvolto”, loro sono senza dubbio un “pezzo” fondamentale della leggenda del rock, maestri di una lezione che tocca arte, attitudine (Paul in versione “papà” non manca altresì di consigliare ai presenti di “… do not drink and drive”, mentre presenta “Cold Gin”) e perché no, pure “marketing”, esemplare per le nuove generazioni.
Ultime notazioni per il suono, nitido, potente ed equilibrato e per la regia video che guida le immagini trasmesse nei quattro maxi-schermi presenti, sempre puntuale e precisa a catturare il meglio “dell’azione”.
Un concertone, insomma, e tornando all’introduzione, c’è un’altra cosa “difficile da credere” … che dopo una serata del genere, fisicamente ed emotivamente “impegnativa”, e dopo aver lottato con gli “imperituri” cantieri della Torino-Milano sulla strada del ritorno, io e l’amico Rapetti (ho cercato invano di convincerlo a cantare il ritornello di “I Was Made For Lovin’ You”, ma il suo cuore di irriducibile “metal head”, nonostante tutto, ha avuto la meglio … peccato :-) ) si possa essere “lucidi” sul posto di lavoro l’indomani mattina.
Ah già, quasi mi dimenticavo della opening band, i Cinder Road, un non disprezzabile act di hard rock dalle discrete potenzialità commerciali (track di punta “Get In, Get Out”) … spero ardentemente mi perdoneranno, gli ex-Plunge, se non posso dire molto di più … l’attenzione era tutta rivolta a ciò che stava per accadere e che ricorderò sicuramente come una favolosa serata di musica e divertimento.

Setlist:
Deuce
Strutter
Got To Choose
Hotter Than Hell
Nothin’ To Lose
C’mon and Love Me
Parasite
She / Tommy Thayer solo
100,000 Years / Eric Singer solo
Cold Gin
Let Me Go, Rock & Roll
Black Diamond
Rock and Roll All Nite
Shout It Out Loud
Lick It Up
Gene solo / I Love It Loud
I Was Made For Lovin’ You
Love Gun
Detroit Rock City

Report di Marco Aimasso
Foto di Sergio Rapetti
Report a cura di Marco Aimasso

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