(11 novembre 2012) Steve Vai - Roma - Atlantico - 11 Novembre 2012

Info

Provincia:RM
Costo:€ 41,40
Quando qualche mese fa sono state annunciate le date italiane di quel genio della sei corde che corrisponde al nome di Steve Vai mi sono ripromesso da subito che questa volta non me lo sarei fatto scappare, e fortunatamente nessuno strano imprevisto è sopraggiunto. Pronto quindi per l’ennesima trasferta in terra capitolina, con due fidi amici mi avvio in macchina verso l’Atlantico, e tanto per cambiare, complice un traffico di quelli tipici di Roma, arrivo leggermente più tardi del previsto al palazzetto. D’altronde che concerto sarebbe senza il canonico ritardo? Fortunatamente in cassa accrediti tutto fila liscissimo, ma ciononostante sono costretto, mio malgrado, a perdermi i primi due brani (inutile stare qui ad elencarvi le bestemmie volate prima di entrare) ed arrivare proprio durante la fine di “Building the church”, e, fortunatamente, in tempo per il primo capolavoro della serata, la toccante “Tender surrender”. Stare qui a spiegarvi cosa significa assistere ad un concerto del guitar hero italo americano non è facile. Se il livello musicale è già stratosferico di suo, con Steve che riesce a tirar fuori dalla sua chitarra ogni singolo suono possibile, il resto non è certo da meno, con le sue movenze sinuose, le sue simpatiche battute, e i personaggi di cui si circonda. Chi pensa che uno show completamente strumentale sia troppo pesante da digerire non ha mai visto un’esibizione di Vai. Riesce talmente tanto ad incantarti con le sue evoluzioni sullo strumento che i brani volevano letteralmente via, e l’unica cosa che si riesce a fare è restare allibiti, con orecchie e occhi in orgasmo continuo. La chitarra non ha segreti per Steve, e se ovviamente non risparmia scale killer e sweep picking, non sono certo i momenti di puro shredding quelli che predominano. Tra uso disumano della leva, bending e vibrati assassini e trovate sceniche degne del più kitch dei personaggi (come rimanere impassibili dinanzi alle sue chitarre luminose dai tasti a led blu, o al suo costume alieno pieno zeppo di led e luci colorate??), durante le tre ore di concerto (sì, avete letto bene, tre ore, volate via in un baleno) non possono mancare quelle splendide melodie che solo lui riesce a tirar fuori e che colpiscono il cuore… Sono questi i momenti in cui ti rendi conto della reale differenza tra il suo genio e la mera palestra fisica degli shredder più puri. Per suonare col cuore, per colpire il cuore e far piangere e soffrire la chitarra ci vuole un gusto melodico fuori dal comune, che non ti viene certo fuori solo con ore e ore di esercizi nella tua cameretta davanti una webcam. O ce l’hai o non ce l’hai… Il pubblico ascolta in religioso silenzio le evoluzioni di Vai e della band intera, come sempre validissima, dal batterista e funambolo Jeremy Colson al bassista Philip Bynoe, certamente meno appariscente e prorompente di Billy Sheehan, ma assolutamente valido e quadrato nel suo ruolo. Anche se, personalmente, la sorpresa più grande l’ho avuta dall’arpista Deborah Henson-Conant, una vera rivelazione, che ha donato quel quid in più agli arrangiamenti e si è prodigata anche in un simpatico e pungente assolo. E altrettanto piacevoli sono stati gli intermezzi acustici, durante i quali ha avuto il suo momento di gloria anche il secondo chitarrista Dave Weiner, rimasto per lo più abbastanza nell’ombra, come è ovvio che sia, durante lo show.



Come dicevo prima le tre ore sono volate via, tra brani più energici e prettamente per maniaci della sei corde (“The audience is listening”), e brani più riflessivi. Ma la cosa da sottolineare sono i vari siparietti che si susseguono tra un pezzo e l’altro. Vai si dimostra un personaggio molto “umano”, assolutamente l’opposto della rock star che potrebbe dare l’impressione di essere, anzi, si diverte a scherzare col pubblico, con i membri della band, e anche con se stesso, dimostrando un’auto ironia che non è certo così scontata. E poi il duetto con Colson, che si presenta a bordo palco con quello che lui definisce una sorta di strap-on, e che in realtà è una specie di batteria portatile, con pochi pezzi, ma sufficienti per quello che deve fare, e cioè una serie di evoluzioni funamboliche all’unisono con Steve. Per quanto mi riguarda, però, i momenti clou da evidenziare sono quelli corrispondenti agli ultimi due brani (prima del bis). Il primo, “Build me a song”, mi ha lasciato di sasso. Steve, infatti, ha chiamato sul palco un ragazzo, precedentemente audizionato, per una jam session. E fin qui niente di strano. La cosa incredibile l’hanno creata altri tre ragazzi, chiamati dal pubblico assolutamente a caso, ai quali è toccato, nell’ordine, partorire un ritmo di batteria, un accompagnamento di basso e una melodia di chitarra, tutto a loro piacimento. Dopo aver istruito al volo la band e avergli fatto riprodurre altrettanto al volo quanto proposto dai ragazzi, Vai inizia ad improvvisare con i suoi musicisti, e tira fuori un vero e proprio brano, che, via assicuro, se nessuno avesse assistito al siparietto appena descritto, sarebbe sembrato un pezzo vero e proprio. Incredibile… E dopo averci fatto rimanere a bocca aperta con questa pazzia, ecco il suo brano simbolo, quello che ti fa rizzare i peli e ti fa venire la pelle d’oca, “For the love of God”. Sei minuti di religioso silenzio per ascoltare il maestro in un’interpretazione che definire commovente è riduttivo. Ho ancora oggi i brividi se ci ripenso… E proprio all’apice dello show, la band si congeda, ma non contenti i cinque tornano sul palco per regalare al pubblico romano, numerosissimo e in visibilio (un Atlantico pieno zeppo in tutto il parterre), altra musica e altre emozioni con “Taurus bulba”. Chi ha partecipato questa sera al concerto torna a casa conscio di aver assistito ad un grandissimo show, di un musicista con la M maiuscola, che, non me ne vogliano gli amanti dei suoi colleghi, al momento è forse in assoluto il chitarrista più completo e fenomenale sulla scena musicale. Tant’è che, come un ragazzino al suo primo concerto, me ne esco soddisfatto e contento dal palazzetto, e le splendide note della sua chitarra risuoneranno nella mia testa per tutta la notte… Potere della MUSICA!!

Un ringraziamento alla Live Nation per la disponibilità e la professionalità, e a Davide Di Michele per le foto e il video (purtroppo senza il photo pass questo è quanto di meglio siamo riusciti a fare...).


Report a cura di Roberto Alfieri

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 19 nov 2012 alle 11:24

Un'esperienza unica. Veramente un grande spettacolo che consiglierei a tutti di vedere.