Paul e Blaze, i figli negletti della Vergine di Ferro

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Pubblicato il:17/11/2014
INUTILE CAPPELLO INTRODUTTIVO A SFONDO PERSONALE
Per me è sempre stato così, sin da quando ero un pischelletto: una volta individuato un idolo assoluto, quello è. Punto. Nessuna possibilità di ripensamenti o riesami.
Ken il Guerriero per quanto riguarda i manga, Charles Barkley fra i giocatori NBA, Scemo & Più Scemo come film… e gli Iron Maiden quale band del cuore.

Purtroppo, appassionarsi molto più che morbosamente a una formazione musicale come quella albionica comporta spiacevoli controindicazioni: citerei in primis il dovere deontologico di difenderli a spada tratta, sempre e comunque, nelle discussioni da bar con altri metallari pronti a sentenziare che “ormai sono bolliti”, “non fanno un disco decente da Seventh Son of a Seventh Son”, “senza Derek Riggs e Martin Birch hanno perso tutto il fascino” etc. etc.; in secondo luogo indicherei il masochistico obbligo morale di investire i propri sudati (e risicati) risparmi per mezze (o piene) ciofeche.
Tranquilli: non utilizzerei simile terminologia per un prodotto targato Iron nemmeno sotto minaccia di violenza sessuale da parte di un bue muschiato; mi riferisco, in effetti, agli ultimi dvd live di Paul Di’Anno e Blaze Bayley.

Prima di scoprire quale sia la mezza e quale la piena, mi permetto una breve digressione sullo stato di forma con cui i due figli negletti della Vergine si sono presentati all’appuntamento.

BREVISSIMA DIGRESSIONE SULLO STATO DI FORMA DI PAUL
Arrancante come uno zombie di The Walking Dead (o The Living Dead, giusto per citare uno dei suoi album “meno peggio”).
Anche volendo sorvolare sulle ultime, desolanti vicende giudiziarie relative alla frode perpetrata ai danni del sistema previdenziale britannico, non troviamo numerosi spunti per cui gioire: qualche sparuta collaborazione qua e là, giusto per sbarcare il lunario (a memoria mi sovvengono gli esordi di Wolpakk, Red Dragon Cartel e Hollywood Monsters, un metal tribute a Michael Jackson… insomma, ci siamo capiti), una forma fisica e vocale sempre più declinante, annunci di ritiro dalle scene goffamente ritirati…
In estrema sintesi: tristezza a catinelle.

BREVE DIGRESSIONE SULLO STATO DI FORMA DI BLAZE
Falling down”, enunciavano profetiche Black Lagoon (Wolfsbane) e Man on the Edge (Iron Maiden), che fra l’altro si somigliano pure in modo sospetto. Eh già, la carriera solista di Blaze pare ai miei occhi in autentica caduta libera.
Qualcuno potrebbe obiettare che un vero e proprio decollo non vi sia mai stato, e se valutiamo il mero riscontro commerciale non posso che concordare. Tuttavia, se ci soffermiamo sul profilo squisitamente musicale, il discorso cambia eccome: sino a The Man Who Would Die (2008), il Nostro aveva inanellato una serie di ottimi album -Blood and Belief, a mio avviso, l’apice discografico-.
In seguito un lavoro mediocre (Promise and Terror, 2010), una reunion estemporanea -e inutile, me lo si conceda- coi Wolfsbane… poi l’abisso.
The King Of Metal, full lenght risalente al 2012: imbarazzo allo stato puro. L’artwork di copertina, le illustrazioni presenti nel booklet, le lyrics, il titolo, la prestazione vocale, gli arrangiamenti, le melodie, la produzione… tutto troppo, troppo brutto per esser vero.
E che dire delle dozzine di recenti comparsate su progetti altrui? Alcune di esse fanno paura all’uomo della strada (cit.): l’agghiacciante Hero di tale Alekseyevskaya Ploshchad -non linko il video per spirito di compassione-, il duetto con Pino Scotto su Stone Dead Forever -Lemmy, perdonali perché non sanno quello che fanno-, le indecorose stonature su Revenge In The Shadow dei Gengis Khan -chi?-… l’elenco sarebbe lungo, ma non credo sai il caso di infierire.

CI SIAMO QUASI
Alla luce di quanto sopra, non ho certo strappato il pacchetto che conteneva i nuovi dvd con l’eccitata frenesia di un bambino a Natale, ve lo posso assicurare.
L’assenza di aspettative, comunque sia, si è rivelata compagna preziosa durante la visione…

FIGLIO NEGLETTO 1
PAULTHE BEAST ARISES

Packaging:
Mannaggia Paul, ma che copertina ti hanno appioppato? Terribile.
Poi non trovi che presentare il tuo nome con QUEL font per piazzare 4-5 copie in più sia avvilente?
Almeno la confezione cartonata è di buona qualità, e il concept grafico più che passabile… i veri problemi risiedono altrove, purtroppo.

Video:
il dvd è stato posticipato di qualche settimana rispetto alla release date iniziale; forse la dilazione si è resa necessaria per limare i dettagli, curare la post-produzione, perfezionare i menu…
Ehm, no eh?
Girato al Lizard King Club dell’affascinante Cracovia lo scorso aprile, The Beast Arises non vanterà la qualità video di un blu ray della Disney o la regia di Inception, ma nemmeno ci si può lamentare troppo.
Sì, lo so cosa volete sapere: rispetto al montaggio sovente vorticoso che contraddistingue i live dvd degli Iron, in questa sede le inquadrature restano su schermo qualche istante in più. Certo, qui c’erano alcuni milioni di telecamere in meno a filmare lo show…

Audio:
Non malaccio, ma piuttosto sbilanciato. A livello teorico, la scelta di focalizzare il mixing sulla voce di Paul non fa una grinza; a livello pratico però, anche in considerazione della sua prestazione (sulla quale torneremo a breve) sarebbe forse stato il caso di concedere più risalto agli strumenti.
Come sempre scriteriata -è un mio chiodo fisso, sappiatelo- la decisione di zittire il pubblico durante l’esecuzione dei brani: ne deriva il solito “effetto imbarazzo” ogniqualvolta venga lanciato un coro o un singalong. Misteri…

Setlist:
01. Sanctuary
02. Purgatory
03. Wrathchild
04. Prowler
05. Marshall Lockjaw
06. Murders In The Rue Morgue
07. The Beast Arises
08. Children Of Madness
09. Genghis Kahn
10. Remember Tomorrow
11. Charlotte The Harlot
12. Killers
13. Phantom Of The Opera
14. Running Free
15. Transylvania
16. Iron Maiden
17. Blitzkrieg Bop

Facendo una rapida conta: tutti i pezzi che hanno reso immortali le prime due opere dei Maiden, una cover dei Ramones (giusto per ricordare che Paul ama il punk e non il metal) e tre brani “suoi”… proprio la scaletta che vi aspettereste da chi dichiara da oltre trent’anni di volersi affrancare dal pesante passato in seno alla Vergine, no?

Prestazione dei musicisti:
Robert Kazanowski- guitar
Michał Wrona- guitar
Dominik Wójcik- drums
Artur Pochwała- bass guitar

Chi sono costoro, vi domanderete?
Beh, il buon Di’Anno si avvale da tempo del servigio di band locali, che dunque cambiano a seconda della nazione in cui si tiene lo show. Tecnica senza dubbio poco dispendiosa e più semplice a livello logistico e organizzativo; va da sé, d’altra parte, che l’amalgama tra singer e gruppo sia ai minimi storici, e che il famigerato ”cover band feeling” sia sempre ben presente.
I quattro baldi giovani polacchi fanno il loro compitino, non si concedono la minima licenza musicale o scenica, suonano senza sbavare troppo -anche grazie a semplificazioni in numerosi passaggi- ma senza incantare nemmeno per un secondo.
Mere comparse.

Prestazione di Paul:
Prossima domanda?
Mi spiace, ma proprio in questo campo va rintracciata la pecca maggiore del dvd.
Della splendida, ruvida timbrica di Paul restano ormai solo macerie: linee vocali stravolte, urlate anziché cantate, accorciate, abbassate o reinterpretate in simil-growling senza apparente motivo la fanno da padrone, e non bastano certo un paio di acutini ben piazzati a risollevare le sorti della prestazione.
Con la presenza non andiam molto meglio: statico e appesantito, il Nostro riduce al minimo sindacale i movimenti su un palco comunque minuscolo, interagendo col pubblico in modo piuttosto svogliato.
Apprezzabile, quantomeno, la dedica di Remember Tomorrow al compianto Clive Burr.

Extra:
Non ci siamo sprecati: dieci minuti di intervista con Paul -nessuna dichiarazione eclatante, invero-, qualche scatto del concerto e poco altro.

Giudizio complessivo:
Inutile girarci intorno: The Beast Arises è un dvd tristarello e soprattutto senz’anima -non sono nemmeno sicuro che Di'Anno l’abbia mai guardato-. Onestamente temevo anche peggio, ma valutate l’acquisto solo se siete inguaribili, cronici, malati, pazzi fanatici collezionisti dei Maiden come il sottoscritto.

Voto:
5

FIGLIO NEGLETTO 2
BLAZE - LIVE IN PRAGUE 2014

Packaging:
Subito una nota dolentissima: affidarsi ancora ai servigi di Andreas Sandberg per l’illustrazione di copertina, dopo lo scempio perpetrato nel booklet di The King of Metal, può significare tre cose: o il suddetto “artista” è ricco di famiglia e non chiede soldi per le sue “opere”, o Bayley assieme ai capelli ha smarrito anche la vista, oppure ha infine compreso che il nuovo brutto è in realtà bello (Graz docet).
Altre possibilità non mi sovvengono.

Video:
Il locale di Praga in cui lo show si è tenuto, piccolo e basso, comprime non poco le possibili scelte di regia. Si rimane perlopiù sulle inquadrature frontali, ad altezza pubblico, fornendo l’impressione di trovarvisi in mezzo (probabilmente era proprio questo l’obiettivo di Bayley).
La qualità video vera e propria si fa apprezzare: colori mai troppo saturi e discreta pulizia d’immagine.

Audio:
Insospettabilmente buono: la voce di Blaze esce bella potente; la sezione ritmica pompa che è un piacere e le trame di chitarra rimangono sempre ben distinguibili, anche in occasione delle armonizzazioni in doppia, tanto da farmi sorgere qualche dubbio circa possibili sovraincisioni in studio (la lineup del concerto prevede un solo chitarrista).
In generale poco da recriminare sotto questo profilo.

Setlist:
01. Speed of light
02. The Launch
03. Futureal
04. Silicon Messiah
05. Ghost in the Machine
06. Kill and Destroy
07. Lord of the Flies
08. The King of Metal
09. Samurai
10. Stare at the Sun
11. The Clansman
12. Robot
13. Eating Children
14. Watching the Nightsky
15. The Brave
16. MotherfuckersRus
17. Soundtracks of My Life
18. Virus
19. Tough as Steel
20. Man on the Edge
21. Blood and Belief
22. The Man Who Would Not Die

Scaletta equilibrata, che pesca con raziocinio in tutta la discografia del Nostro. Non mancano i richiami al passato con pezzi di Maiden e Wolfsbane, mentre si coglie un evidente scarto qualitativo tra la produzione solista recente e quella più datata (in favore di quest’ultima), ma tutto sommato possiamo dirci soddisfatti.

Prestazione dei musicisti:
Chris Appleton- guitars
Martin McNee- drums
Daniel Bate- bass

Voi conoscete gli Absolva? Io no, comunque sono loro a suonare.
La band britannica esce vincitrice da questo live: buona presenza, prestazione non epocale ma compatta e precisa.
Certo, l’ubiquità chitarristica di Chris Appleton in alcuni frangenti fa sorgere sospetti; d’altra parte non voglio fare il verginello virtuoso: come tutti voi so bene che il 99% dei live è zeppo di ritocchini postumi (lo stesso Live After Death ne contiene, per non parlare dei ritornelli copia-incollati di Bruce nel Rock In Rio).
Mettiamola così: quantomeno si è evitato il naufragio esecutivo contenuto nel tragicomico Alive In Poland del 2007 (se volete scoprire come NON si suona la batteria accaparratevelo al volo).

Prestazione di Blaze:
Che il buon Bayley non sia un fuoriclasse delle corde vocali lo sanno anche i sassi. Che intonazione, controllo ed estensione non siano i suoi punti di forza altrettanto.
Di sbavature, incertezze e momenti di fatica in questa release ne rinverrete a frotte (su Robot, ad esempio, credevo morisse).
Tuttavia, personalmente ho imparato ad apprezzare quel vocione potente e sgraziato, così come la grinta, il sudore e le adorabili movenze scimmiesche su cui Blaze non lesina mai in sede live.
Ovviamente se iniziamo a paragonarlo a Dickinson non ne usciamo vivi, ma ormai l’epoca dei confronti fra i due è tramontata da anni…

Extra:
Cinque pezzi live (Antwerp, 2011) di cui tre non eseguiti nel concerto di Praga, una bella intervista di quasi mezz’ora con Blaze, l’immancabile photogallery e un paio di videoclip (eh, insomma… limitiamoci a dire che quello di Lucifer dei Behemoth, giusto per fare un esempio, era più bellino).
Sezione piuttosto ricca, in ogni caso.

Giudizio complessivo:
Senza dubbio c’è più cuore in questo dvd che non in quello di Paul, e non mi sembra poco. Live In Prague 2014, a differenza di The Beast Arises, non può venir derubricato a mero prodotto di alleggerimento: gli va almeno riconosciuta dignità, e costituisce ad oggi la migliore e più completa testimonianza video del singer di Birmingham.
Al tempo stesso, per amor di verità, devo ammettere che i live dvd davvero imperdibili (qualche esempio recente? The Retinal Circus di Devin Townsend per il 2013 e Celebrating Jon Lord per l’anno corrente) sono un’altra cosa…

Voto:
6,5

AMARE CONCLUSIONI
Dopo l’inconsulto sproloquio che precede, credo si possano rintracciare aspetti in comune e marchiane differenze tra Paul e Blaze.
Riguardo ai punti di contatto, mi soffermerei sull’oblio che cinge entrambe le carriere soliste in un soffocante abbraccio. La verità nuda e cruda è che i fan hanno voltato le spalle ai figli negletti della Vergine. Qualche porto franco in cui ancorare la scialuppa in tempi di magra resta ancora (Europa dell’Est Blaze, Brasile Paul), ma parliamo comunque di mesti approdi rispetto alle glorie di un passato sempre più remoto.

Nel contempo, proprio il modo di affrontare le avversità traccia il maggior segno di discontinuità tra i due artisti.
Diciamo le cose come stanno: Paul non ha fatto nulla per meritare il successo. Possedeva doti naturali (una voce unica e un carisma invidiabile) che gli hanno permesso di cantare per la più grande heavy metal band di sempre.
Una volta perso quel treno (tra l’altro per colpe unicamente sue, checché se ne dica), sono emersi tutti i limiti di un musicista che non è stato in grado di mantenere il suo “strumento” in una forma accettabile, che non è mai riuscito a comporre un pezzo di alto livello e che anche come lyricist lascia a desiderare (l’ultimo testo veramente qualitativo risale a 35 anni fa, qualcosa vorrà pur dire…).

Con Bayley la prospettiva va ribaltata: lui è stato sin dall'inizio il brutto anatroccolo, il cicciottello stempiato che tirava le gambe ogni volta che intonava (mica tanto) The Trooper dal vivo, il raccomandato scelto da Steve Harris solo perché inglese.
Dotato di scarso talento vocale e di limitato fascino sul palcoscenico, snobbato dai fan e ostracizzato dagli stessi Maiden (fateci caso: in tutte le loro ultime raccolte i pezzi di X Factor e Virtual XI sono versioni live cantate da Bruce), flagellato da problemi di alcolismo e di depressione derivanti da grosse tragedie personali… Eppure, il buon Blaze ha saputo comunque costruire una carriera solista più che rispettabile, e ci sta ancora provando con tutte le sue forze, nonostante gli evidenti limiti e i fragorosi passi falsi.

In considerazione di ciò, il minimo che posso fare è augurargli buona fortuna (nel maggio del 2015 dovrebbe uscire un suo nuovo concept album, speriamo bene…).
A Paul, per quanto brusco possa suonare, mi sento solo di suggerire un pronto ritiro dalle scene. L’immagine del singer di Chingford è già notevolmente appannata; continuare ad offuscarla sempre più non gioverebbe a nessuno, tantomeno a lui.

Vi voglio bene.
Articolo a cura di Marco Cafo Caforio

Ultimi commenti dei lettori

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Inserito il 19 mag 2015 alle 14:10

Complimenti, Marco Caforio, per la recensione! Davvero un articolo preciso e affidabile. Povero Paul...concordo con l'idea che dovrebbe ritirarsi definitivamente... Ad ogni modo, sempre e comunque...UP THE IRONS!!!!

Inserito il 03 gen 2015 alle 15:54

Ma ragazzi che recensione! Giù il cappello!

Inserito il 28 nov 2014 alle 12:42

Mi associo ai complimenti! Forza Blaze, l'ho adorato nei Wolfsbane, l'ho accettato nei Maiden e ho apprezzato molto i suoi primi lavori solisti. Gli auguro un po' più di fortuna nella vita. Su Paul preferisco glissare, è già tanto che sia ancora vivo.