Copertina 5

Info

Anno di uscita:2002
Durata:42 min.
Etichetta:Spitfire
Distribuzione:Edel

Tracklist

  1. LEFT FOR DEAD
  2. NO ONE
  3. CAST OF PARADISE
  4. THANKS FOR NOTHING
  5. CELIBATE
  6. AMBIGUOUS HEADDRESS
  7. IN MY DREAMS
  8. 2+2
  9. SUSPENSION OF DISBELIEF
  10. MY UTOPIA (ANTHROPOLEMIC)
  11. EXIT ELVIS

Line up

  • Gary Cherone: vocals
  • Leo Mellace: guitars
  • Pat Badger: bass
  • Mike Mangini: drums
  • Steve Ferlazzo: keyboards

Voto medio utenti

Forse un disco del genere passerebbe tranquillamente sotto silenzio, dati i contenuti poco esaltanti dello stesso, se non fosse per la presenza di Gary Cherone dietro il microfono, storica voce degli Extreme. Dopo la parentesi con i Van Halen, il singer si è buttato sulla propria carriera solista dando vita a questa band, i Tribe of Judah e al conseguente disco in questione, Exit Elvis, un insieme di hard rock e contaminazioni elettroniche per gli amanti della musica meno standardizzata.
Non aspettatevi affatto un canonico disco di hard rock, né tanto meno (purtroppo), un improbabile ritorno al sound degli Extreme, ma anzi immaginatevi un tappeto costituito da chitarre distorte e acustiche in ugual misura sopra il quale, oltre all'apprezzabile cantato, a farla da padrona sono campionamenti e modulazione elettroniche, a tratti industrial.
Dalla pesantezza sonora di brani come "Thanks For Nothing" si passa alla melodia quasi blues di una "Exit Elvis", attraverso drum machine, loops e programmazioni elettroniche che a lungo andare lasciano un po' di perplessità. Alcuni episodi mostrano di sapersi reggere benissimo in piedi senza l'ossessivo ricorso a sonorità futuristiche, mostrando come un buon riff e ben suonato sia in grado di trasmettere molto di più di una voce filtrata o di un campionamento di batteria.
Purtroppo i nostri sembrano preferire la strada più difficile per arrivare al risultato finale e quello che ne segue è un disco sostanzialmente noioso e pesante da digerire, almeno per chi non è abituato a masticare certe sonorità.
Anche volendo qui cogliere degli aspetti positivi, non si può certo dire che i Tribe of Judah ci sappiano molto fare sotto questo aspetto, dato che le soluzioni elettroniche proposte sono abbastanza intuitive e prive della giusta dose di genialità in grado di innalzarne il valore.
Buono certamente il lavoro di Gary Cherone e del chitarrista Leo Mellace, capaci di trasmettere emozioni anche su una base troppo spesso fredda e meccanica, a tratti priva di personalità; purtroppo ciò non basta a rendere l'intero prodotto meritevole di un giudizio positivi, per il quale sarà meglio rimandare al futuro.
Recensione a cura di Marco 'Mark' Negonda

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