Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2006
Durata:49 min.
Etichetta:Holy Records
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. SHUN LOAFER
  2. THE ORDER FORCES STRIKE BACK!
  3. WE THOUGHT THIS BATTLE LOST
  4. MECHANISM OF A COLD MACROCOSM
  5. AND ONERIA FALLS...
  6. THE VENDORIAN REBELLION
  7. WHERE ALL THINGS EQUALIZE
  8. SPACE COWBOYS
  9. DEVIANT LOCAL UNIVERSE
  10. THE ORDER FORCES STRIKE BACK! (COLD REMIX)

Line up

Non disponibile

Voto medio utenti

Su questo album ne ho sentite (e lette) veramente delle belle: c'è chi lo ha definito Experimental Progressive Folk Electro Metal, chi si è lasciato sfuggire un Sympho Heavy Spacecraft, chi invece ha optato per un Fantasy Heavy Trash n' Roll.
A prescindere dalle baroccheggianti perifrasi, definire il genere proposto dai Ufych Someer è un'impresa drammaticamente ardua (per non dire impossibile).
Questo perché, all'interno di "Crazy Mac" se ne ascoltano assolutamente di ogni.
L'album, che contiene le quattro tracce già uscite nell' EP "The Whimsical Have A Dream", si apre con "Shun Loafer", brano che potrebbe intimorire l'ignaro metallaro che si avvicina per la prima volta a questa band: i Blink 182 formato francese.
Fortunatamente, trascorsi i primi minuti di panico, la pressione arteriosa cala, il battito cardiaco rallenta ed il sangue ricomincia a fluire nelle vene.
Si prosegue con "The Order Forces Strike Back" e "We Thought This Battle Lost", contenute con "Space Cowboys" nel sopraccitato EP datato 2005, che combinano le chitarre distorte e graffianti del metal con sussurri di elettronica e prog.
In questi pezzi in particolare risuonano gli echi delle origini musicali della band: un passato all'insegna del thrash, con i suoi assoli velocissimi, e del death dove comanda una batteria imperiosa e travolgente.
L'elettronica la fa da padrone in "Mechanism Of A Cold Macrocoms", fondendosi con atmosfere ambient e vagamente cyber.
La commistione di idee e rimandi non si placa con l'avanzare dell'ascolto, si saltella da riffs metal vecchio stampo ad inserti più marcatamente melodici e delicati.
Un lavoro, quello degli Ufych Sormeer, un po' ostico da seguire ed impegnativo da giudicare, soprattutto per il potpourri di generi e richiami contenuti in ogni singola canzone.
Questa mescolanza può però rivelarsi una pericolosa arma a doppio taglio: se da una parte si propone come fonte di innovazione e strumento di ricerca, dall'altra rischia di lasciare l'ascoltatore perplesso ed infastidito di fronte allo stereo.

Per chi non ha paura di farsi travolgere da un'ondata multicolore di note.
Recensione a cura di Silvia 'Kleo' Colombo

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