Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2002
Durata:43 min.
Etichetta:Nuclear Blast
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. BITTER CONFLICT
  2. UNCONDITIONAL
  3. LIFE ENDING PATH
  4. INWARDS
  5. BLUEPRINTS OF HATE
  6. LOCKED IN MOTION
  7. DEGENERATION
  8. TERMINAL MINDSTRIP
  9. FEELING NOT
  10. REPRISAL
  11. WAR ENSEMBLE (TRIBUTE TO SLAYER)

Line up

Non disponibile

Voto medio utenti

Violenza allo stato puro, molto puro! E’ una botta sui denti che farà abbassare la cresta a tutti quei gruppi come gli Slayer che, da uno storico Reign In Blood siano riusciti a cadere più in basso di quel che si potesse prospettare con un nu-metallegiante God Hates Us All. Mi trovo proprio davanti il tipico caso in cui l’allievo supera il maestro: l’influenza del combo di Kerry King è molto forte, basti notare l’idea di proporre come bonus track la cover di “War Ensable”, ma questo Inwards stupisce per potenza e aggressività molto più di quello che gli Slayer stessi riescono a fare oggigiorno. A partire dal drumming molto intenso e preciso, ai riffs taglienti che caratterizzano tutto il lavoro, ad un bagaglio tecnico decisamente buono, per arrivare a parlare della struttura decisamente tecnica dei singoli brani, posso sicuramente affermare che questo è uno dei migliori album da me ascoltati nell’ultimo anno.
Apre il cd la velocissima Bitter Conflict che, da un inizio caratterizzato da stop molto accattivanti, si scatena in un riffing davvero molto efficace. La voce di Leffe Jensen è molto piena e corposa, naturalmente growl, e conferisce al brano un notevole impatto. Segue a ruota “Unconditional“ con un intro molto tecnica, ritmicamente parlando, degna dei migliori Meshuggah. “Life Ending Path” è un altro pugno nello stomaco: qui Ulwe Werning si scatena dietro le pelli dando il meglio di sé, una furia cieca impossibile da non seguire con l’headbanging. Lo stesso vale per “Degeneration”, il brano più violento d Inwards, che rasenta quasi il black in alcuni passaggi, amplificato ancor più da un growling su tonalità molto basse e da assoli al fulmicotone. E via così per tutto il resto dell’album, sempre supportato da un’ottima produzione sia a livello dei singolo suoni, sia per quanto riguarda la fase di missaggio.
Per concludere…sì, forse bisogna obiettivamente ammettere che l’originalità non è il punto di forza dei Dew Scented, ma come farne una colpa per un gruppo che si ispira a sonorità della scorsa decade e che affonda le sue radici nel thrash e nel death di quel periodo?
Recensione a cura di Luca 'Lukus' Minieri

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