'Il metal classico è morto... non ha più niente da dire. Sono sempre le stesse cose... nessuna passione, solo ripetizione dei medesimi schemi...' eh no, stavolta no!
Siamo tutti consapevoli del movimento NWOTHM, che da ormai parecchi anni ci sta dando molte band giovani sulle quali puntare per il futuro (in termini di qualità, e non di popolarità a livelli estremi, ma di questo penso fosse scontato) come Riot City, Atlantean Kodex, Century, Sacred Outcry, Gatekeeper, Triumpher, Seven Sisters e molti altri. Bene, in questo grande e ottimo calderone vanno oramai aggiunti anche gli americani
Wings Of Steel, band heavy metal nata nel 2019 e che già con la pubblicazione del loro primo full length due anni fa, 'Gates Of Twilight' avevano mostrato delle credenziali non male, muovendosi su coordinate tipicamente ottantiane, rifacendosi a maestri come primi Queensryche, Crimson Glory, Dio, aggiungendo anche quel pizzico più laccato ma elegante proprio di altri come Dokken, White Lion, Pretty Maids, o l'energia dei primi Savatage. Mi rendo perfettamente conto che la lista dei nomi sopracitati sia importante e che possa portare a pensare di trovarsi davanti ad un album dalle facili emozioni dei primi ascolti, ma no, tutto il contrario. Rispetto al primo lavoro, qui viene cambiato il batterista con il nuovo entrato
Damien Rainaud, oltre ad aver stabilito un contratto con la
High Roller Records, ma anche le differenze e la maturità acquisita in questi due anni di attesa è decisamente palpabile.
Apre il disco la Titletrack in maniera fulminea, nessuna intro, riff che butta direttamente in un glorioso passato, spicca subito la voce cristallina, pulita ed energica di Leo Unnermark, che si adagia senza problemi ai vari cambi di tempo presenti nella canzone, che passa da una prima parte più classica, a una seconda dove le chitarre diventano più pesanti e accompagnate da un assolo di stampo George Lynchiano di
Parker Halub, per poi prendere un leggero respiro nella parte centrale e chiudere nuovamente con un piglio di adrenalina. I tre musicisti spaziano molto nella tracklist, da ballad dal sapore di video su Headbangers Ball (
'Crying'), a mid tempo dove i nostri non necessitano di dover tirare fuori chissà che virtuosismi, ma giocando tutto su una forte emotività sia musicale che vocale riescono a creare un pezzo decisamente promosso. Si torna su binari più veloci con
'To Die in Holy War', e dove
Leo Unnermark può spingere le sue corde vocali al massimo specie nel ritornello, cosa che accade molto più spesso di quanto ci si possa aspettare (
'Saints and Sinners' ne è un altro esempio), ma in nessuno di questi casi il risultato è stucchevole. Ulteriori meriti che vanno a questi ragazzi sono due: il primo è una produzione vicina alla perfezione, potente, specie per quanto riguarda la batteria, e che risalta il lavoro di tutti, facendo sì che l'ascolto complessivo sia più che gradevole. Il secondo è un uso magistrale di melodie sempre azzeccate e mai troppo sdolcinate e che anzi, in alcuni casi riescono a creare ance una sorta di pathos epico, come in
'We Rise'.
In definitiva, l'heavy metal è morto? Senza spendermi in ulteriori lungaggini, assolutamente no. I Wings Of Steel sono qui a mostrarci l'esatto contrario, e sarebbe criminale metterli da parte o lasciarseli sfuggire. Qui non parliamo solo di musica, questa è vita.