Quindicesimo sigillo discografico, in quasi 35 anni di ONORATISSIMA carriera, per gli
Amorphis, che giungono a questo traguardo forti di una line-up ormai da tempo consolidata.
Il neo-arrivato in casa finlandese, intitolato
Borderland, uscito per la sempre più prolifica
Reigning Phoenix Music e presentato da un artwork molto suggestivo, ad opera di Marald van Haasteren, mette in evidenza tutte quelle caratteristiche che la band aveva già ampiamente sfoggiato nel precedente
Halo o, se preferite, più in generale, negli ultimi 15-20 anni; quest’ultima considerazione tuttavia, non deve essere intesa necessariamente come una critica.
E’ sotto gli occhi di tutti che gli
Amorphis hanno trovato ormai da tempo la loro “formula vincente”, insistendo su uno stile che, rispetto al passato, punta molto su musicalità ed eleganza, piuttosto che sull’impatto o sulla tecnica e, per carità, non c’è nulla di male se tale direzione stilistica viene sviluppata con adeguate abilità e qualità, come effettivamente fanno i Nostri.
Il problema (se mai esiste), potrebbe risiedere in una certa ripetitività e staticità compositiva: talvolta infatti, la band sembra adagiarsi troppo, rimanendo quasi prigioniera di queste coordinate musicali finendo, tra l’altro, per ammorbidire oltre misura il proprio sound.
Eppure, anche quando gli
Amorphis sembrano arrancare, la loro classe innata (unita all’esperienza) è destinata ad emergere prepotentemente e, come sempre, va a finire che, gira e rigira, la suddetta formula, per quanto prevedibile, riesce sempre a "fregare" (in senso buono, s'intende) l'ascoltatore, rivelandosi comunque seducente ed efficace.
Borderland non fa eccezione rispetto a quanto scritto sopra, il canovaccio è sempre lo stesso: composizioni raffinate, a cavallo tra prog e gothic, che si sviluppano intorno a delicati intrecci musicali, malinconiche trame melodiche, dal sapore decisamente nordico (in linea con la tradizione della band); il tutto, impreziosito dall’eclettismo delle chitarre di
Esa Holopainen e
Tomi Koivusaari, o dalle tastiere del sempre egregio
Santeri Kallio. La sezione ritmica, dal canto suo, pennella colpi dispari e sincopati, per merito della bravura dei puntualissimi
Olli-Pekka Laine al basso e
Jan Rechberger alla batteria; mentre
Tomi Joutsen alterna, come sempre, la voce pulita (molto più presente in questo disco, rispetto ai precedenti), al suo caratteristico growl, quando vuole conferire alle tracce quella dose di energia che, a tratti, si rivela assolutamente necessaria.
Il disco raggiunge il suo apice in corrispondenza dei brani emotivamente più incisivi, quali
Bones, The Strange o The Lantern, oppure in occasione delle ammalianti
Dancing Shadow e
Fog To Fog anche se, in alcune circostanze, come nella opener
The Circle o nella stessa title-track, si avverte la classica sensazione di già sentito e altre volte invece, come accade per la laccata
Light And Shadow, le linee melodiche tendono a soluzioni eccessivamente melense eppure, perfino in questi casi, la band si dimostra particolarmente abile, conquistando l’ascoltatore attraverso la costruzione di brani astutamente eleganti.
Nel complesso,
Borderland è tutto qui e, per quanto il processo attuale di scrittura degli
Amorphis risulti ormai scontato e schematico, è altrettanto vero che, grazie alla propria classe e a tanto mestiere, la formazione finlandese riesce sempre a “sfangarla”, regalandoci lavori di qualità, sebbene stilisticamente, tra loro, molti simili, almeno nella storia più recente della band eppure, assai diversi da quelli appartenenti a un passato, ormai sempre più remoto.
Quello che conta è il risultato finale e, anche a sto giro, la classica formula di cui sopra, si rivela vincente!