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Info

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Anno di uscita:1972
Durata:45 min.
Etichetta:MCA

Tracklist

  1. TIME WAS
  2. SOMETIME WORLD
  3. BLOWIN’ FREE
  4. THE KING WILL COME
  5. LEAF AND STREAM
  6. WARRIOR
  7. THROW DOWN THE SWORD
  8. NO EASY ROAD (BONUS TRACK)

Line up

  • Martin Turner: bass, vocals
  • Andy Powell: rhythm and lead guitar
  • Ted Turner: rhythm and lead guitar
  • Steve Upton: drums

Voto medio utenti

Parlando di hard rock Britannico del periodo d’oro solitamente il discorso si concentra sui soliti celeberrimi nomi, siano essi i Deep Purple quanto i Led Zeppelin o gli Uriah Heep e pochi altri. Una cosa naturale visto che si tratta di gente che ha ottenuto fama planetaria, ma non deve però far dimenticare che in quell’epoca la scena musicale del Regno Unito attraversava un momento di enorme espansione. Il rock duro iniziava a mietere successi e a disputarsi la passione del pubblico giovanile con il prog-rock, talent-scouts di ogni specie rastrellavano i locali alla ricerca di nuovi volti da lanciare, le stesse case discografiche non si facevano scrupolo di cavalcare l’onda agevolando i gruppi emergenti senza badare eccessivamente al valore degli stessi, la conseguenza più ovvia era una moltitudine di ragazzi che si tuffavano con entusiasmo a scrivere canzoni ed a formare gruppi di ogni genere. Quindi all’ombra dei pochi big agiva un corposo movimento dal quale sono emerse formazioni di ottimo livello, nomi che per vari motivi non hanno conseguito lo status di rockstars ma si sono ugualmente distinti per una produzione di qualità, contribuendo alla definitiva affermazione dell’hard rock come filone dominante di quasi tutto il decennio ’70.
In questo ambito una delle bands più interessanti per stile e personalità è quella dei Wishbone Ash.
Originari del Devonshire, per dare una svolta alla loro carriera si trasferiscono a Londra agli albori dei seventies e qui si mettono subito in luce arrivando ad interessare nientemeno che Ritchie Blackmore, il quale procura loro un buon manager ed il conseguente contratto con MCA, grazie ad un’impostazione inconsueta per l’epoca. Il quartetto infatti giostra intorno ad un’eccellente coppia di chitarristi, Andy Powell e Ted Turner, rinunciando all’apporto di un tastierista, elemento fin lì quasi obbligatorio sia in campo hard che ancor di più nel progressive.
L’unico esperimento rilevante con un duo di solisti era stato tentato qualche anno prima dagli Yardbirds di Jeff Beck e Jimmy Page, ma si era rivelato un fiasco clamoroso. Ai Wishbone Ash la cosa riesce molto meglio, oltretutto giocando su un terreno spurio dove all’interno di un’intelaiatura hard si inseriscono numerosi elementi folk-progressivi, i quali addolciscono sensibilmente la loro proposta e la rendono personale e facilmente riconoscibile.
Uno stile dai toni pacati, ariosi, sognanti e talvolta quasi leggiadri, con lodevole predisposizione ad un songwriting maturo e per nulla votato alla ricerca del singolo ad effetto, al contrario molti episodi dilatati e ricchi di atmosfere mutevoli, eccellente tecnica e mirabile uso degli intrecci chitarristici, liriche dal taglio intimista eseguite in modo morbido e delicato, una musica con i profumi della campagna Inglese e l’immagine ovattata e nebbiosa di malinconici scenari autunnali.
Dopo il debutto omonimo (1970) ed il successivo “Pilgrimage”(1971), esce questo “Argus” che è comunemente considerato il miglior lavoro del gruppo. Brani estesi e raffinati, equilibrio elegante di hard diretto e ritagli bucolici e lunari, lunghe e stupende fasi solistiche tecniche e cristalline che paiono anticipare odierne soluzioni prog-metal, l’album è un esempio di buon gusto e signorilità adulta.
Tutte le canzoni presenti sono meritevoli, ma val la pena citare i nove minuti dell’iniziale “Time was” che condensano ottimamente la filosofia dei Wishbone Ash. Una prima parte acustica e lieve condotta dalla voce tranquilla del bassista Martin Turner, che ricorda il country melodico di C.S.N.& Y, sfocia in un hard graffiante alimentato da una cascata di fluidi assoli per un episodio costruito in maniera esemplare. Altri vertici del disco sono “Blowin’free”, con una leggera pennellata pop-commerciale che ne farà uno dei pezzi più popolari della band, l’aggressiva “Warrior” con un bellissimo ritornello epico-guerresco che forse richiama la tragica e solitaria sentinella posta in copertina, e soprattutto la monumentale “The king will come” un capolavoro di hard melodico che non ha nulla di melenso, anzi esprime singolare forza emotiva nel contrasto tra vocals angeliche e solide cavalcate delle lead-guitars.
Un’opera di classe e sostanza, che raggiunse i primi posti della classifica Inglese e segnò l’apice della carriera di questa formazione, subito dopo in rapido declino di forma e motivazioni.
Per chi ha intenzione di riscoprire i Wishbone Ash aggiungo anche che storiche coppie di chitarristi, vedi Judas Priest ed Iron Maiden, non hanno fatto mistero di aver studiato a fondo lo stile e le evoluzioni di Powell e Turner, cogliendone gli aspetti più significativi. Ulteriore nota di merito per una formazione che non ha ottenuto la considerazione ed il successo dei capiscuola ma ha offerto il proprio significativo contributo all’evoluzione dell’hard rock.

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