Gli
ASET sono un progetto formato da membri di
Oranssi Pazuzu,
Seth e altre band le cui identità non sono state volutamente rese note (gira voce che non saranno sempre i soliti membri a costituirne la line-up), e si presentano al grande pubblico, in questo 2023, con la loro prima release:
“Astral Rape”, tramite la
Les Acteurs de l'Ombre Productions.
Gli
Aset, come si può evincere dal nome, che prende spunto dall’omonima divinità egizia – dea della vita, della guarigione, della fertilità e della magia – , con
“Astral Rape” ci propongono un concept album in cui il black metal si amalgama con le tematiche dell’antica religione egizia e dei suoi riti occulti. Andando a formare una strana miscela composta da un culto religioso matriarcale dai tratti regressivi e inquietanti, e un misto di satanismo, anticristianesimo e filosofia edonista, con aggiunta di profezie o incoraggiamenti per la nascita di un nuovo uomo (
“A New Man For A New Age”), adeguato alla nuova era che si sta materializzando. Era caratterizzata dalla morte della fede cristiana, che necessita di individui che abbiano il proprio fulcro esclusivamente in sé stessi e non in illusorie fedi religiose; richiamando in questo un po’ le tematiche dell’ultimo lavoro dei
Seth,
“La Morsure du Christ”, che fu composto sulla scia della fedeltà al tanto amato
“Les blessures de l’âme”.
Musicalmente parlando siamo su lidi prettamente black, più vicini appunto ai
Seth che all’avantgarde degli
Oranssi Pazuzu, di cui comunque se ne avverte la presenza nelle dinamiche sonore e nei vari attimi sospensivi e atmosferici di cui è ornato il lavoro.
“Astral Rape” è un full-length che lascia coesistere al suo interno l’anima feroce del metallo nero, con atmosfere sontuose calate “dall’alto” del credo matriarcale a cui si ispirano; un elevato tasso tecnico – con qualche influenza thrash – che porta a brani pluristratificati, densi di cambi di tempo e con una piccola dose di sperimentalismo, il tutto declinato sotto il segno di una resa sonora complessiva moderna ma non eccessivamente patinata.
Il debut degli anonimi blacksters è un bel lavoro, tecnicamente inattaccabile e ben costruito, se non forse per un leggero eccesso di prolissità in alcuni episodi.
Ma il vero punto debole che ho avvertito durante il suo ascolto è proprio questo suo essere “costruito”; ho avuto più volte una sensazione di nostalgia nei riguardi di quella genuina “intimità” da cui mi piace credere che sorga la grande fiamma nera. In ogni caso vi sono qualche eccezione come l’evocativa e trascendentale
“Force Majour”, e la conclusiva e complessa
“Serpent Concordat”.
Un platter che non fa gridare al capolavoro, ma di cui consiglio tranquillamente l’acquisto, data la qualità intrinseca del prodotto.
Recensione a cura di
DiX88
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