Predatory Void - Seven Keys To Discomfort Of Being

Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2023
Durata:43 min.
Etichetta:Century Media Records
Distribuzione:Sony Music

Tracklist

  1. GROVEL
  2. *(STRUGGLING..)
  3. ENDLESS RETURN TO THE KINGDOM OF SLEEP
  4. SEEDS OF FRUSTRATION
  5. THE WELL WITHIN
  6. SHEDDING WEATHERED SKIN
  7. FUNERARY VISION

Line up

  • Tim De Gieter: bass
  • Vincent Verstrepen: drums
  • Lennart Bossu: guitars
  • Thijs De Cloedt: guitars
  • Lina R: vocals

Voto medio utenti

Ci sono due opzioni perché una formazione musicale debutti con una realtà discografica conosciuta senza la classica trafila di demo, Ep o autoproduzioni; la prima è il classico progetto realizzato a tavolino come spesso accade nel mainstream per accontentare i palati meno esigenti ma che non capiscono la differenza tra la plastica e la sostanza genuina, la seconda ipotesi è che la suddetta label sia stata conquistata dalla sincera passione dei musicisti coinvolti.
Questo è il caso di questo quintetto belga con un curriculum estremo conosciuto dato che chi vi suona ha militato in band come Amenra, Aborted, Carnation ecc.; debutto pesantissimo di blackened sludge doom dove chitarre livide dal suono dissonante e sinistro fanno bella mostra su un tappeto ritmico lento, monolitico ma con stacchi furiosi.
Basta ascoltare l’opener per rendersi conto del tenore dell’impatto verso chi ascolta; un muro sonoro impenetrabile dove la melodia è quasi del tutto bandita e soprattutto con guizzi cadenzati punteggiati dalla doppia cassa.
Endless return to the kingdom of sleep” è pura aggressività sonora con riffing circolari, voce pulita che diviene uno screaming acido; la marcia cadenzata sembra un rullo compressore nero, senza pietà alcuna, una gioia per i palati affini a tali prelibatezze sonore.
Ma non è tutto, “Seeds of frustration” è una sorta di ballad acustica dal tono pacato pulito ma con una punta di amarezza malinconica di fondo; la batteria stavolta è messa dietro alle chitarre per dare spazio al pathos della composizione.
La produzione è perfetta, riesce ad esaltare tutti gli strumenti e generando un climax emotivo senza speranza di redenzione.
L’ultimo pezzo è il più lungo, quasi dieci minuti; un saliscendi che usa abilmente il doom nella sua chiave più estrema sorretto bene da riff melodici dall’incedere lento, inesorabile con gli screaming della frontwoman acidi e rabbiosi.
In questo ultimo brano ci sono pure sfuriate violente in blast beat con doppio vocalizzo tra urla e growl ben coordinati.
Una menzione va fatta alla brava Lina R capace di passare con naturalezza attraverso vari registri vocali con pathos emotivo.
Album che mi sento di consigliare a chi vuole pesantezza, aggressività ed estremismo sonoro senza compromessi, i deboli di cuore lascino stare ma chi ama tutte le venature dell’oscurità troverà un vero tesoro.
Recensione a cura di Matteo Mapelli

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