Copertina 7

Info

Demo
Anno di uscita:2003
Durata:30 min.

Tracklist

  1. MANIFEST OF DECADENCE
  2. PAINLAND
  3. THE DESERT CALL
  4. TO PERCEIVE THE FORM
  5. THE PROMETHEAN LEGACY

Line up

  • Giovanni Maffeis: vocals
  • Marco Plati: guitars
  • Lorenzo Marchello: bass
  • Francesco Lupi: guitars
  • Carlo Salvoni: keyboards
  • Daniele Valseriati: drums

Voto medio utenti

Nonostante il nome della band si presti a far nascere facili allusioni, "All Our Miseries" non è affatto una tragedia come demo, anzi! Il gruppo bresciano è ovviamente dedito ad un gothic metal a tinte fosche, molto sinfonico e orchestrale, basato su atmosfere malinconiche e a volte rabbiose. Il cantato è doppio, spesso pulito ma in alcuni punti anche gutturale al limite dello screaming (un pò sullo stile dei vecchi Evereve, tanto per intenderci). Anche la musica ricorda molto quella dei tedeschi, con i riff di chitarra molto bassi e le chitarre ariose che vanno a comporsi insieme in quadro quasi irreale, dove la voce di Giovanni può giostrarsi tra momenti più delicati e altri più aggressivi. A dire il vero non ho apprezzato la scelta della tracklist: il pezzo d'apertura (se non consideriamo l'intro, un pò inutile...) "Painfall" è secondo me il peggiore del lotto e posto così all'inizio genera nell'ascoltatore una sbagliata impressione e delle false aspettative per quanto riguarda il resto del lavoro. Fortunatamente non mi sono fatto influenzare più di tanto, ma continuo a pensare che Painfall non sarebbe dovuta essere lì... Per fortuna che qualche minuto dopo arriva "The Desert Call" ed è spettacolo: chitarre pessimistiche e decadenti lacerano il brano come coltellate, mentre rallentamenti al limite del doom esaltano la tecnica strumentistica del gruppo anche in questi frangenti. Ottime atmosfere, un feeling molto teatrale e un'intermezzo centrale al limite del sacro fanno di questo pezzo forse il migliore tra i cinque. Impressione sbagliata, visto che il primo ascolto di "To Perceive The Form" ribalta le mie conclusioni: un pezzo alla Anathema nel suo ineluttabile svolgimento... fino al break centrale più vicino al black sinfonico dei Covenant, così strano e arioso rispetto a quanto sentito fino a quel momento. Chiude "The Promethean Legacy", altro ottimo pezzo sulla scia dei precedenti, dove sale in cattedra il preciso pulsare del basso. Anche qui qualche bridge più aperto fa intravedere la luce, ma tranquilli... è solo per qualche istante! La musica dei Tragodia non perde mai di vista il suo obiettivo e, seppure qualche linea vocale risulti un pò troppo esasperata, dopo qualche ascolto entra nel cuore come un morbo colpendo nel segno. Vi auguro di continuare sempre su questa strada, vista anche la vostra professionalità nel realizzare un artwork e una produzione all'altezza di lavori più blasonati!
Recensione a cura di Alessandro 'Ripe' Riperi

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