Dominici - O3 a Trilogy – Part 2

Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2007
Durata:54 min.
Etichetta:Inside Out
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. THE MONSTER
  2. NOWHERE TO HIDE
  3. CAPTURED
  4. GREED, THE EVIL SEED
  5. SCHOOL OF PAIN
  6. THE CALLING
  7. THE REAL LIFE
  8. THE COP
  9. A NEW HOPE

Line up

  • Charlie Dominici: vocals
  • Brian Maillard: guitars
  • Riccardo eRIK Atzeni: bass
  • Yan Maillard: drums
  • Americo Rigoldi: keyboards

Voto medio utenti

Il passato pesa, eccome… ed è così che, mentre gli ex-fratelli di band Dream Theater sfornano album a profusione, diventando icone del Prog metal mondiale, il signor Charlie Dominici, ex cantante dei tempi di “When Dream and Day Unite”, si dà da fare per non restare inghiottito nell’oblio che spetta agli “ex”. Il risultato fatica ad arrivare, e così, dopo ruoli da produttore, ed un primo disco (nonché primo capitolo del concept) più improntato su basi acustiche, Charlie “sequestra” gli italici (o quasi) Solid Vision, noti all’origine come cover band dei Dream Theater (guarda caso), e tira fuori dal cilindro questo secondo capitolo, intitolato semplicemente “Part 2”. Non nascondo la mia irresistibile curiosità, motivo che credo farà vendere parecchio al succitato dischetto, aldilà delle sue oggettive qualità: Charlie Dominici ha la sfortuna di essere più famoso per quello che era, più che per quello che è. Ciò tuttavia risulta ingiusto, specie per lo sforzo artistico del singer di Brooklyn. Andiamo così ad analizzare questo “Ozone, Part 2”. Il concept è una storia sci-fi/religious/futuristic, in cui il mondo di domani è dominato dalla paura per “il virus chiamato uomo”, ed in cui una potente setta religiosa plagia le menti dei poveri umani a proprio uso e consumo, ricattandoli con la minaccia di trasformare l’ossigeno in ozono, condannando così a morte l’intero pianeta. La lotta sotterranea per sovvertire lo status quo è proprio il centro di questo secondo capitolo. Per quanto riguarda il discorso musicale, c’è sicuramente molto da dire. Le composizioni sono bilanciate tra sfuriate prettamente metalliche ed accenni morbidi o sognanti, in cui il buon Charlie dipana la sua matassa narrativa. La band è indubbiamente all’altezza della situazione, e alterna momenti più energici, come l’opener strumentale “The Monster” o l’ottima “The Cop” (a mio avviso punta di diamante del cd), ad altri più eterei, rarefatti: citiamo ad esempio la rock ballad “Captured” o la pianistica “The Real Life”. Manco a dirlo, la componente prog è ben accentuata (“The Calling” su tutte), dando la sensazione che il lavoro in fase di scrittura sia stato assolto con dovizia di energie, cure ed impegno. Eppure… resta in mente, in un angolino remoto dietro le orecchie del vostro recensore, una strana sensazione di deja vu. Molti brani si “appoggiano” a costruzioni che definire cliché non sembra esagerato, e la voce di Charlie ha completamente cambiato registro, evitando come la peste quei fastidiosi acuti mal sopportati dalle sue corde vocali (e de non pochi ascoltatori) e virando decisamente verso un’interpretazione più teatrale, cupa, carica di pathos. Il risultato non dispiace affatto, se non fosse che mi ricorda ora Jon Oliva, negli screaming ‘incazzati’, ora il Rob Halford dei toni medi, per la cadenza nel cantato… Beh, di certo due paragoni degni di nota; il problema è che, come appena scritto ‘mi ricorda’, nel senso che a volte il buon Charlie sembra tentare di scimmiottare colleghi a mio modesto parere inarrivabili, se non per qualità tecniche di certo per espressività e riconoscibilità.
Tiriamo le somme: “Ozone Part 2” è un bel lavoro, ottimamente prodotto e confezionato. Charlie Dominici segna un bel punto a suo favore, ma non cancella del tutto dalle sue spalle il dubbio sull’effettiva longevità della proposta musicale, tanto convincente quanto poco originale od innovativa. Credo fermamente che il terzo capitolo, quando verrà, farà da ago della bilancia per consacrare il ritorno di un personaggio simpatico ed interessante, o il passaggio irrevocabile verso le torbide acque del Lete.
Recensione a cura di Pippo ′Sbranf′ Marino

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