Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2020
Durata:24 min.

Tracklist

  1. HAIRSPRAY RUNNING LOW
  2. SNAKEBITE
  3. S.E.X. LIFE
  4. MAKE THE VOLUME
  5. I DON’T GO TO SCHOOL
  6. RING THE BELL
  7. USA MANIA
  8. LEFT FOR DEAD
  9. OUTRO

Line up

  • Lizzy Lace: vocals, bass, synth
  • Eddie Bane: guitar, backing vocals
  • Eyan Stran: guest on drums

Voto medio utenti

Sull’onda lunga del diffuso revival ottantiano, favorito nello specifico anche da pellicole come “Rock of ages” e “The dirt”, sta crescendo il numero di gruppi underground infatuati dal seducente immaginario glam-metal, fatto di look sgargianti, make-up, vizio e spensieratezza.
Ah, beh, poi c’è anche il rock n’ roll, in una formulazione grintosa e impertinente, capace di scatenare ormoni e adrenalina, pur nella sua “semplicità” formale.
Ed eccoci al nocciolo della questione … per ottenere risultati apprezzabili non è sufficiente piazzare qualche riff su una solida base ritmica e poi condire il tutto da una voce adescante e strafottente, cercando di emulare i campioni del genere.
Ci vuole decisamente di più, e se in certi contesti la richiesta di “creatività” può essere considerata utopica, diciamo che almeno una certa tensione espressiva è indispensabile.
Tutto questo lungo prologo per introdurre il debutto di questi giovani glamsters di San Francisco, i Laci Violett, di certo non la più scarsa tra le formazioni emergenti e però nemmeno da annoverare tra quelle che possono, al momento, fornire un contributo fondamentale alla “causa”.
Ascoltando “Laci Violett”, la mente corre subito ai primi Motley Crue e, per rimanere nella Bay Area, a Babylon A.D. e Vain, a cui i nostri si avvicinano per intenzioni senza, ahimè, riuscire a raggiungerne la portata artistica.
Un’intrigante capacità nel produrre killer-riff e un approccio alla melodia piuttosto “fisico” (e, in questo, possiamo aggiungere Odin e Keel all’elenco dei numi tutelari) rappresentano le principali qualità di un gruppo che appare, dall’altra parte, eccessivamente calligrafico nel songwriting, reiterando schemi e strutture sonore.
Insomma, ventiquattro minuti di musica piacevoli e privi di autentici guizzi (e non basta lo sporadico contributo del synth, comunque interessante), pilotati da una chitarra tagliente ma poco fantasiosa e da una voce adeguata e tuttavia un po’ “forzata” quando inasprisce i toni.
Il resto lo fa una profusione di cliché tutto sommato non molesta, per un albo da considerare complessivamente il dignitoso esordio di una band impegnata a ripercorrere con applicazione sentieri già felicemente battuti da altri.
Ai Laci Violett, così come a tutti i gruppi “nuovi” che guardano insistentemente alla gloriosa storia del rock, consigliamo di tentare, in qualche modo, di “personalizzare” la frequentazione di quel confortevole e sicuro tracciato, perché solo così potranno convincere l’appassionato del settore a preferirli a chi certi suoni li ha “inventati”.
Chiudiamo con una piccola riflessione … non è curioso che un genere musicale considerato un’espressione del “declino della società occidentale” (ricordate il controverso film di Penelope Spheeris?) sia stato oggi ampiamente “sdoganato” e venga accolto con nostalgica benevolenza?
Recensione a cura di Marco Aimasso

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