Copertina 7,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2006
Durata:79 min.
Etichetta:Sanctuary
Distribuzione:Edel

Tracklist

  1. IMMORTAL I STAND (THE BIRTH OF ADAM)
  2. ADORNED WITH THE RISING COBRA
  3. THE INEFFABLE NAME
  4. BLACK LIGHT ON BLACK
  5. BONEDUST
  6. ANGEL OF DEATH
  7. GOD ABOVE GOD
  8. THE HIDDEN GOD
  9. CHILDSLAYER
  10. WHEN DUSK FELL
  11. VISIONS OF EDEN

Line up

Non disponibile

Voto medio utenti

Li si attendeva al varco da tempo i Virgin Steele: è vero che i quattro anni intercorsi tra lo splendido secondo capitolo di “House of Atreus” e questo “Visions of Eden” erano stati riempiti piuttosto bene (prima “The book of burning”, che conteneva diversi brani nuovi o inediti, poi le ristampe su cd dei due introvabili primi lavori), ma si sentiva ugualmente il bisogno di decifrare la prossima mossa di una delle band più prolifiche e artisticamente valide tutt’ora in circolazione.
A puro titolo di cronaca, occorre precisare che questo non è in tutto e per tutto un nuovo disco: come il sottotitolo può far intendere, il punto di partenza di “Visions of Eden” è proprio quella rock opera rappresentata in Germania qualche anno fa e rimasta finora inedita dal punto di vista discografico. Non si tratta però di una mera versione in studio di quello spettacolo bensì, come lo stesso David mi ha precisato durante l’intervista concessami, di un lavoro che ne ricalca in pieno i contenuti lirici, riprendendone solo in piccola parte quelli musicali.
A dispetto della struttura più semplice rispetto al passato (niente più innumerevoli tracce con interludi strumentali e quant’altro), “Visions of Eden” si configura come un disco tutt’altro che agevole anzi, a ben vedere potrebbe anche rappresentare l’episodio in assoluto più contorto della discografia di David De Feis e compagni…
Le undici canzoni che compongono questo lavoro, tutte di durata considerevole, vivono di continui cambi di stile e umore, sono attraversati da una vera e propria selva di passaggi diversi e si configurano quindi come delle mini suite, il cui filo conduttore è dato solitamente dal ritornello, ma che non presentano per il resto altri punti di riferimento sicuri.
Parlare di un’opera “progressive” è forse un po’ troppo azzardato, ma è sicuro che i Virgin Steele non ci avevano mai abituati ad un simile viaggio musicale e risulta difficile, soprattutto all’inizio, distinguere con dovizia di particolari un episodio dall’altro.
Per il resto lo stile è sempre il loro: epico, magniloquente, drammatico, romantico, tutte le componenti che hanno reso così amato il loro sound sono concentrate insieme in ogni singola canzone di “Visions of Eden”. La voce di David stupisce come al solito per la sua versatilità e per la gamma di emozioni che di volta in volta riesce ad esprimere. Fa inoltre piacere constatare come, rispetto ai due precedenti album, si serva meno della sua componente più aggressiva per esprimere maggiormente quella componente melodica che a mio parere è ciò che lo rende un cantante di razza, ma che dopo “Marriage II” si era sentita sempre di meno.
Siamo del resto di fronte ad un disco meno epico e molto più malinconico, elegiaco, e anche pezzi come l’opener “Immortal I stand”, “Adorned with the rising cobra” o “Bonedust”, versioni dilatate delle tipiche cavalcate alla Virgin Steele, sono pervase in più parti di una tristezza senza nome, ben espressa anche dall’artwork di copertina.
Da un punto di vista lirico, De Feis si mantiene sul terreno mitologico a lui famigliare, ma questa volta rinuncia ad Eschilo e alla componente greca, a favore di un ambizioso e contorto concept nel quale viene narrato lo scontro di Lilith (uno dei nomi della divinità che incarna il principio del femminino sacro di tradizione pagana e gnostica) con il Dio maschile della tradizione ebraica e cristiana, scontro che si risolve nella vittoria di quest’ultimo, col conseguente precipitare dell’umanità in un baratro oscuro di guerre, violenza e infelicità. Sarebbe anche interessante (devo ancora leggere i testi, ma sono sicuro che il buon David abbia fatto come sempre un ottimo lavoro) se non ci fosse la sottile pretesa di utilizzarlo per una frettolosa e riduttiva interpretazione degli ultimi duemila anni di storia, che sembra drammaticamente vicino a quel romanzetto di serie zeta altrimenti noto come “Il Codice Da Vinci”. E’ un peccato che un personaggio della profondità e del livello culturale di David De Feis cada in questo piattume denso di luoghi comuni (leggete l’intervista se volete saperne di più!), ma d’altronde un errore glielo si può anche perdonare…
Tornando alla musica (e concludendo, visto che come al solito mi sto dilungando!), si può azzardare che “Visions of Eden” non deluderà nessuno dei fan storici della band. Unici punti deboli sembrano essere l’eccessiva lunghezza di tutte le composizioni (un paio di brani più semplici e diretti non avrebbero guastato) e la ripetitività e la scontatezza di alcune melodie, ma non sono cose che pesano più di tanto.
Fate solo attenzione di accostarvi a questo prodotto con la più totale calma e pazienza ed esso crescerà ascolto dopo ascolto regalandovi emozioni indimenticabili: bentornati Virgin Steele!

Nota bene: la versione di “Visions of Eden” in mio possesso non è quella definitiva, dato che la band ha completato il master finale quando il cd promo era già a casa mia. Aspettiamoci dunque delle novità significative…
Recensione a cura di Luca Franceschini
Un altro monumentale tassello(ART METAL)

Seppur David comincia a perdere colpi vocalmente parlando(come potenza ma non come espressività,sempre una spanna sopra i comuni singers),l'album è un'ulteriore evoluzione del suo songwriting costruendo brani ricchi di architetture sonore intricate e impressioniste degne di Debussy.Un album non per tutti,complesso e fruibile allo stesso tempo,ricco anche di spunti gotici e autunnali.Un altro lavoro d'ARTE METALLICA.

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 11 ago 2010 alle 17:00

C'entra per il fatto che il romanzo in questione tratta abbastanza diffusamente questa tematica. E se vai a leggere l'intervista con De Feis relativa a quel disco, vedrai che dice cose non molto dissimili da quelle contenute nel Codice... Detto questo: il cosiddetto "scontro tra la femminilità delle religioni mediterranee e il predominio violento del trittico cristianesimo-islam-ebraismo" è storicamente insostenibile. Nel senso che non ci sono dati abbastanza convincenti per cui questa tesi possa essere portata avanti con serietà. E infatti, ma magari mi sbaglio, non mi pare ci siano storici seri che la considerino vera. Ma questo è un portale metal, se ti interessa continuare la discussione puoi contattarmi in privato. Ciao P.S. Su De Feis siamo assolutamene d'accordo!!

Inserito il 09 lug 2010 alle 10:11

Lo so che rischio di fare la recensione di una recensione, ma una cosa la devo dire. Cosa c'entra l'idea di uno scontro tra la femminilità delle religioni mediterranee e il predominio violento del trittico cristianesimo-islam-ebraismo con il lerciume del Codice Da Vinci? E come può quest'ultimo infettare il primo, che pure possiede una sua credibilità, anche se più poetica che realistica, purtroppo? De Feis è uno degli ultimi della stirpe dei romantici e dei veri aristocratici...

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