Per il duo finlandese Subaudition la musica non è fatta solo di melodie orecchiabili e ritornelli facili da ricordare. Bensì di emozioni in grado di arrivare fino al cuore dell'ascoltatore, oltre che alla mente. La loro ricetta è semplice e prevede due soli ingredienti principali: chitarra acustica e tastiera. Intorno, come spezie da aggiungere a piacimento, si fanno accompagnare da organetto hammond, flauto, clarinetto, sassofono... andando a creare un'atmosfera tanto dilatata e rarefatta da instillare pace e armonia, poco alla volta. Sicuramente "The Scope" è un album non da tutti: anzi, davvero in pochi riusciranno ad apprezzarne le qualità senza cadere presto preda della noia e della stanchezza. E' una poesia lenta, monotona, ripetitiva, ma che affascina e colpisce con la forza dei rari momenti in cui sprazzi di melodia prendono il sopravvento, prima di cedere ancora spazio alla riflessione più pura. Alcuni degli episodi sono forse troppo rilassati, e il fatto che siano i meno riusciti del lavoro suona quasi come una sconfessione nei confronti della formula del gruppo. Niente di più sbagliato: tutto è funzionale al raggiungimento del risultato finale, ottenuto grazie a una caparbietà difficile da ritrovare altrove se si considera anche la totale assenza di qualsiasi sezione ritmica. "A Golden Staircase" si candida quale brano migliore dell'album, grazie alla presenza di tutti quegli elementi che i Subaudition dovrebbero tenere a mente in vista del prossimo lavoro: una riuscita alternanza di intimismo e malinconia, dove è l'armonia generale a colpire le emozioni dell'ascoltatore, anche grazie a quei dolci inserti vocali troppe volte messi ingiustamente in secondo piano. La ricetta sarà anche da migliorare, ma "The Scope" rimane un ottimo veicolo di riflessioni. Magari non un lavoro da ascoltare spesso, ma sicuramente un appiglio su cui poter contare quando si ha voglia di intimità e calore.