Copertina 7,5

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2019
Durata:43 min.
Etichetta:Ván Records

Tracklist

  1. ASHES
  2. MALACH AHZARI
  3. POISON WINE
  4. THE FEATHER OF MA'AT
  5. DRAINING THE WELL
  6. A NUISANCE
  7. VESAEVUS

Line up

  • Ahzari: vocals, guitars, bass
  • V.: drums

Voto medio utenti

Ulla peppa! Io non conoscevo questi norvegesi blacksters, ma secondo la bio in mio possesso sono un’originale forma d’arte estrema.
Allora chiariamo un punto focale, qui non c’è nulla di nuovo e originale; i Saligia fanno un black metal con qualche spunto interessante in questo terzo album.
Ma a dispetto della forma, la sostanza è di tutto rilievo, perché il duo composto da Ahzari alle voci e agli strumenti a corda e V. alla batteria suonano e compongono un black metal viscerale, evocativo e che mette pathos in ciò che fa.
Nell’opener “Ashes”, dopo una breve intro d’organo che vuol essere oscura e tocchi di basso ecco una base doom/black metal con una voce in growl ma sporcata di armonia quasi blues e sofferta.
Il brano poi ecco che accellera in una sfuriata dove riffing serrati e una batteria tellurica prendono il sopravvento; qui si sente anche un intermezzo cadenzato dove l’attacco sulfureo è pieno e possente prima dell’accelerazione finale.
Malach ahzari” viene aperta da una base ritmica di puro black metal nordico e dissonante con qualche venatura thrashy.
Il cantato è molto evocativo con tonalità sporcate, quasi vicine al growl ma ancora dotate di timbro melodico.
Il brano è anche pieno di atmosfera maligna, mortifera con riffing freddi e di puro metallo nero con un vocione potente e pieno nella profondità del pathos e poi sul finale ecco il riff farsi serrato e veloce.
Draining the well” ha qualche barlume oscuro e con un riffing che ricorda i campioni del genere e il basso fa la sua entrata e il vocione sembra emulare Thomas Gabriel Fischer dei Celtic Frost.
Mid tempo possente e con riffing neri come la pece, salvo pii accellerare sul finale.
La titletrack sembra avvolgere tutto con un tempo veloce di batteria e riffing zanzarosi per poi ecco la parentesi acustica con un accenno di prog dato dalle tastiere in sottofondo.
Il brano poi riprende a mordere alla giugulare ma sul finale diventa evocativo, quasi epico con un accenno di cantato pulito e col piano che fa la sua entrata in un guitarwork melodico e maligno fino alla coda in dissolvenza.
Un lavoro intenso innanzitutto, dove il duo conosce la materia, non manipola a caso frequenze e distorsioni, ma sa coltivare qualcosa di interessante che potrebbe dare loro belle soddisfazioni.
Recensione a cura di Matteo Mapelli

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