Copertina 8

Info

Anno di uscita:2002
Durata:44 min.
Etichetta:Small Stone

Tracklist

  1. GREAT AMERICAN SCUMBAG
  2. ALREADY GONE
  3. BLACK COFFY
  4. ESCAPE FROM EARTH
  5. THEE SONG (A SLIGHT RETURN)
  6. WHISKEY TRAIN
  7. BROCKTOON’S WAKE
  8. OUTTA SMOKES
  9. LONE STAR BREAKOUT
  10. NEVER COMIN’ HOME
  11. TRYPTOPHAN

Line up

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Questo è uno di quei dischi che mi è entrato istantaneamente nel sangue come una sostanza benefica, un rapporto epidermico di amore a primo ascolto. Il secondo lavoro degli HTG non ha richiesto ripetute immersioni per offrire sensazioni positive, è un impatto immediato, fisico, elettrico, una sferzata che risveglia i sensi, una pozione alchemica dove si fondono metal, blues, southern, groove ed atmosfera in modo ammirevolmente perfetto. Se il debutto del trio mi era piaciuto, il suo seguito mi ha entusiasmato e la varietà, la cura posta in ogni singolo brano mi fa pensare di essere in presenza di una piccola grande band dal futuro spero luminoso. L’album si può analizzare a settori, seguendone le influenze più marcate, ed il primo segmento di quattro canzoni è robustamente legato al metal “early ‘80” dove emerge prepotentemente l’icona dei Motorhead, con l’aggiunta di un attitudine sudista alla Molly Hatchet degli esordi. “Great american scumbag” e “Already gone” sono due killer micidiali, vero, puro, crudo heavy rock come dovrebbe essere fatto sempre. Il gruppo ha aumentato la potenza in modo gigantesco e spinge a fondo sul pedale, up-tempos quadrati e massicci, maggior decisione nella splendida lead di Stuart e cartavetro nell’ugola di Gorra, mentre il nuovo drummer Wagner mostra di essere stato preso per massacrare le pelli. Ricetta semplice da capire, nessun complicato intellettualismo d’accatto soltanto una montagna di watt, grinta enorme ed un oceano di alcool nelle vene. Se in questo genere può esistere una “Planet caravan” allora lo diventerà “Black coffy”, strumentale emozionante e delicato con un percorso sognante di chitarra che regala brividi antichi. Gioiello. “Escape from earth” è il colpo che abbatte. Speedmetal fulminante, sparato in faccia, da battaglia live, grezzo e lucido, paragonabile in questo ambiente solo agli Iron Boss. La parte centrale del disco è alimentata dal rock blues liquoroso e “Whiskey train” ne è la bandiera, una song che si trascina pigramente come un grizzly seguendo una melmosa melodia dal tono amaro. “Brocktoon’s wake” prosegue a ritmo elevato la serie degli strumentali con l’ausilio dell’armonica tagliente di Eric Oblander dei Five Horse Johnson, seguito a ruota dal breve stomp “Outta smokes”. Brani che coniugano tradizione ed attualità. Nell’ultimo blocco si torna al grande hard rock con la cadenzata “Lone star breakout” granitica nella sua semplicità, mentre “Never comin’ home” è un didattico esempio di southern-stoner con esibizione di riffs molto “desert rock”. Finale a sorpresa con la super psych “Tryptophan”, un esperienza dei rednecks nello spazio, e come bonus nientemeno che la cover acustica di “Can’t you see” (Marshall Tucker Band. che negli Stati del Sud è poco meno di un inno nazionale e mio personale tormentone di gioventù. Gli HTG superano di slancio i già ottimi livelli di “High five” con un lavoro ricco, versatile, brillante e potentissimo, nel quale non vedo particolari difetti se non quello di provocare assuefazione da innumerevoli ascolti, e si avviano a diventare metro di paragone per la scena underground degli States. Lode alla Small Stone per una politica di poche uscite ma di alta qualità.

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