Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2019
Durata:46 min.
Etichetta:AOR Heaven

Tracklist

  1. AURORA
  2. A NEW DAWN
  3. STAY WITH ME
  4. HERE I STAND
  5. UNTIL DEATH DO US PART
  6. WHAT IF I BREAK
  7. GO
  8. NEVER ALONE AGAIN
  9. (I JUST) DIED IN ARMS
  10. WRITE IT ON THE WALL
  11. CAN’T LET GO

Line up

  • Carl Berglund: guitars, backing vocals
  • Lars Nygren: vocals
  • Jan Skärming: bass, backing vocals
  • Jens Rüttgeroth: keyboards
  • Jonas Nordqvist: guitar, backing vocals
  • Peppe Vikman: drums, backing vocals

Voto medio utenti

Un disco di hard melodico scandinavo mediocre? Anche questa è una novità, sebbene si tratti di una di quelle “sorprese” di cui avremmo fatto volentieri a meno.
Gli artefici di tale circostanza si chiamano Age Of Reflection, sono svedesi e con “A new dawn” arrivano al secondo parto discografico sulla lunga distanza, dopo l’apprezzato (a quanto sembra …) debutto “In the heat of the night” del 2016.
Rinnovata la partnership in cabina di regia con il favoloso Erik Mårtensson, i nostri propongono in questo lavoro una classica miscela nordeuropea di grinta e melodia, ma a causa di un songwriting non sempre efficace, una voce abbastanza anonima e suoni complessivamente un po’ apatici, il risultato finale, pur gradevole, è tutt’altro che esaltante.
Non bastano, infatti, il ritornello azzeccato della title-track e una manciata di canzoni tutto sommato riuscite (“Stay with me”, “Until death do us part”, l’enfatica ballata “What if I break” e le contagiose “Go” e "Write it on the wall”) per soggiogare irrimediabilmente gli esigenti sensi degli chic-rockers e trasformare il gruppo da “uno dei tanti” a “uno dei migliori” di una scena davvero affollata, competitiva e agguerrita.
In tale contesto, anche il remake di "(I just) died in arms" dei Cutting Crew, interpretato con un certo gusto espressivo, finisce per essere fagocitato da un clima emotivo eccessivamente epidermico, incapace di superare con la dovuta risolutezza la barriera di una “bella calligrafia”, manieristica e scolastica.
Un peccato, perché i presupposti per aggiungere un altro nome di rilievo al gotha del genere (da Treat, Europe, Alien e Bad Habit fino a H.E.A.T., Creye e Art Nation) c’erano tutti, compresa un’etichetta competente e prestigiosa come l’AOR Heaven … attendiamo il pronto riscatto della blasonata falange “nordica” continentale, che sia in grado di sostenere adeguatamente una reputazione tanto consolidata quanto impegnativa.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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