Copertina 5

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2006
Durata:37 min.
Etichetta:Deadsun
Distribuzione:Masterpiece

Tracklist

  1. FEARLESS
  2. FROM ICONS TO FLESH
  3. CHAPTER'S END
  4. WARGODS
  5. CONTEMPLATE THE DEPTH
  6. DEAD WORKS
  7. BELIEVER'S RUIN
  8. DESEVOLUTION
  9. THE DARKEST HOUR...

Line up

  • Alban: vocals
  • Christophe: guitars
  • Alex: guitars
  • Julian: bass
  • Guillaume: drums

Voto medio utenti

La Datura è un piccolo arbusto e si distingue per i fiori a campana a postamento eretto disposti all'ascella delle foglie. Ogni parte della pianta risulta velenosa, se ingerita, per contenuto di sostanze atropino-simili. Mentre i Datura sono una band francese qui al debutto, che si distingue per la scarsa originalità della propria musica, ed ogni canzone di questo loro disco risulta noiosa, se ascoltata, per scarso contenuto di idee e convinzione. Ma andiamo con ordine; nati sul finire del 2001, questa band ha all'attivo solo un three tracks demo, il quale ha evidentemente permesso al quintetto transalpino, di firmare velocemente un contratto discografico. Beh, concesse tutte le attenuanti del caso ad un gruppo al debutto, debbo dire che di questo " The Darkest Hour " c'è ben poco da salvare. Il loro death/thrash, alquanto canonico, rimbalza dalla Svezia ed arriva negli States, sporcandosi sporadicamente di Norvegia, visto che il cantante ogni tanto modula qualche scream, onestamente fuori contesto. I Datura spingono relativamente poco sul pedale dell'acceleratore, preferendo la soluzione dei mid-tempos, poco soffocanti anche quando il sound s'incattivisce fino a lambire il filone brutal death floridiano. Ogni tanto cercano il colpo ad effetto con break melodici, durante i quali le chitarre riescono a disegnare qualcosa di apparentemente interessante, ma che già al secondo ascolto annoiano a dismisura. Purtroppo per loro non basta vomitare nel microfono o picchiare forte sui tamburi per diventare cattivi e " grossi ". Ci vogliono le idee...se quelle latitano, coi cazzottoni si fa poca, pochissima strada.
Recensione a cura di Andrea 'ELASTIKO' Pizzini

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