Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2005
Durata:47 min.
Etichetta:Live Wire
Distribuzione:Frontiers

Tracklist

  1. MINE ALL MINE
  2. GIVE IT TO ME
  3. NIGHTMARE
  4. FALLEN ANGEL
  5. ALIMONY
  6. LOST AT SEA
  7. BROKEN PIECES
  8. ALL WILL BE REVEALED
  9. DEAD OR LIVING
  10. DRINKIN AGAIN
  11. COME ALIVE
  12. MUDDY WATERS

Line up

  • Nick Tart: vocals
  • Brian Tatler: guitars
  • Adrian Mills: guitars
  • Eddie Moohan: bass
  • Karl Wilcox: drums

Voto medio utenti

Credo che per chiunque nutra una qualche passione per il variopinto carrozzone dell'hard 'n' heavy, quello dei Diamond Head sia un monicker alquanto familiare, con i più attenti (e magari pure "attempatelli") che li avranno seguiti a partire dai singoli dagli esordi assoluti, passando per i fondamentali "Lightning to the nations - The white album" (poi ristampato sotto varie forme e denominazioni) e "Borrowed time", arrivando fino alla raffinatezza incompresa di "Canterbury", e con qualcun altro che li conoscerà forse anche solo grazie all'imponente "campagna pubblicitaria" messa in atto, a "suon" di cover, da quella band la cui importanza, celebrità e, alla luce delle ultime prove discografiche (ma a dire la verità anche le penultime), controversia, è praticamente indiscutibile, chiamata Metallica.
Attestati di stima che sono giunti anche da altre "autorità" del settore (tra le quali spicca il nome di Dave Mustaine, che non ha mai lesinato complimenti nei confronti dei nostri albionici e che anche in questo nuovo Cd gratifica "La punta di diamante" con parole d'elogio, nell'intervista "a tema" inclusa nel booklet del disco stesso) e che possono essere considerati come riconoscenza ed una sorta di "risarcimento" per un gruppo che ha dato molto, anche in termini di "ascendenza" vera e propria, che ha ottenuto meno di quanto avrebbe meritato e che era finito un po' nel dimenticatoio.
Sull'onda lunga di una riconquistata considerazione, quelli che venivano spesso definiti come gli "splendidi losers" della NWOBHM, già nel 1993, con il buon album "Death and progress" (che vedeva la partecipazione, in qualità di ospiti, di Tony Iommi e dello stesso Mustaine), avevano tentato un ritorno discografico in grande stile, probabilmente senza i risultati commerciali sperati e ci riprovano nuovamente oggi, con questo nuovo prodotto su Live Wire e con una novità in qualche modo "epocale": la secessione della storica partnership tra Brian Taler e Sean Harris (i cosiddetti Page/Plant "dei poveri"), con quest'ultimo sostituito (non senza strascichi polemici) da Nick Tart, un cantante che ha come punto nodale del proprio curriculum la presenza nella band di Robin George.
Nell'analisi di "All will be revealed", non si può dunque non cominciare con un giudizio sul nuovo singer, il quale presumibilmente condivide con Harris gli stessi maestri (due signori che si chiamano Robert Plant e Paul Rodgers) e che, pur senza la personalità e il carisma del suo predecessore, dimostra più che buone capacità complessive, in un clima musicale che guarda piuttosto esplicitamente a Bad Company, agli immancabili Led Zeppelin (in una misura egemone e sicuramente maggiore anche di quanto, agli esordi, portò gli 'Heads a dichiarare alla rivista Sounds, in un momento di probabile eccesso "d'euforia", "... We are the new Led Zeppelin ...", per poi subito dopo smentire tale affermazione appellandosi al più classico dei "misquote") o se preferite, per "traslazione", anche ai Thunder, come vocazione primaria per la sua rappresentazione.
Hard rock che si contamina pesantemente con il blues, quindi, e presenta solo sporadici guizzi in qualche modo riconducibili a quella gloriosa "Nuova Ondata dell'Heavy Metal Britannico", convenzionalmente ambito d'appartenenza del gruppo, ma una volta definiti i confini d'azione, ascoltare le note musicali trasformate in ardore puro nel quintetto "Give it to me", "Nightmare", "Fallen angel", "Come alive" e "Muddy Waters" (con una citazione di questo tipo nel titolo c'era da aspettarselo), le splendide progressioni di "Lost at sea", Nick Tart che si "traveste" da Glenn Hughes nella title-track, il mastodontico Dirigibile che si tinge di scuro in "Dead or living" o ancora la verve di "Drinkin again", consente di attribuire a questo lavoro quel carattere di vero ed "intramontabile" piacere per le orecchie al quale è sempre molto invitante sottoporsi.
Insomma, alla fine il disco mi è piaciuto parecchio, con il talento cristallino di Tatler rimasto intatto e con una registrazione pastosa gradevolmente "old fashioned", che appare come una confortevole "alternativa" a tante produzioni fin troppo "roboanti" alle quali siamo ormai abituati, ma devo anche dire di fare molta fatica a riconoscere, in questa versione della band, i Diamond Head che ho amato (e adoro tuttora) in modo così viscerale (anche per ragioni squisitamente "sentimentali").
Probabilmente la questione è proprio questa, nella valutazione, bisogna riuscire a scindere il passato "leggendario" dall'attualità e chi è, per motivi vari, meno legato al primo, troverà decisamente più facile considerare "All will be revealed" per quello che in fondo dimostra di essere: un degnissimo rappresentante di hard 'n' blues ('n' heavy) inglese, le cui canzoni, però, nella malaugurata ipotesi che i Diamond Head dovessero tornare nell'ombra, non mi sembra possiedano quelle scintille tali da poter prevedere per loro una riscoperta da parte dei futuri "Metallica" di turno.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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