Copertina 6,5

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2017
Durata:122 min.
Etichetta:InsideOut Music

Tracklist

  1. WE'RE NOT AN ISLAND
  2. MORNING FREEDOM
  3. THE LESSON
  4. SO LONG
  5. A DAY WE SHARE
  6. THERE'S A FIRE IN ME
  7. CENTRAL DISTRICT
  8. FREEDOM SQUARE - INSTRUMENTAL
  9. I'M JUST A SOUND
  10. HANNAH
  11. IT'S MY ROAD
  12. IL REGNO
  13. ONIRO
  14. LA LEZIONE
  15. MAYDAY
  16. LA DANZA DEGLI SPECCHI
  17. IL CIELO CHE C'È
  18. QUARTIERE GENERALE
  19. FREEDOM SQUARE - INSTRUMENTAL
  20. DALLA TERRA ALLA LUNA
  21. LE COSE BELLE
  22. BIG BANG

Line up

  • Alessandro Scaglione: keyboards, Hammond, Moog
  • Lucio Fabbri: violin
  • Patrick Djivas: bass
  • Franz Di Cioccio: lead vocals, drums
  • Marco Sfogli: guitars
  • Roberto Gualdi: drums
  • Alberto Bravin: keyboards, backing vocals

Voto medio utenti

Ci sarebbero tante cose da dire su questo (inatteso) “Emotional Tattoos”, ma proverò a concentrarmi esclusivamente su quelle che ritengo più importanti.

A scanso di equivoci, preciso subito che se siete alla ricerca di un nuovo “Storia Di Un Minuto”, “Per Un Amico” o “L’Isola Di Niente” siete parecchio fuori strada - nonostante la doppia versione italiano/inglese del full-length avesse lasciato intuire qualcosa del genere. Della formazione storica è rimasta “solo” la sezione ritmica (Franz Di Cioccio e Patrick Djivas, comprensibilmente preponderanti pure nel mix) e quindi anche sul fronte melodico/armonico - malgrado la line-up di tutto rispetto - sono lontane quelle intuizioni che quaranta e passa anni fa avevano reso grande la Premiata Forneria Marconi in tutto il mondo.

Ma la cosa che più di tutte mi ha lasciato perplesso è la (quasi totale) mancanza di quella dimensione “divertente e divertita”, mediterranea, talvolta teatrale, che da sempre ha caratterizzato la musica degli italiani. L’atmosfera che si respira è per lo più “triste”, rassegnata, cosa resa ancora più marcata dalle liriche, che nel complesso sono ben congeniate. E la musica, inevitabilmente, ne risente…

L’inizio non è propriamente “col botto”: “We’re Not An Island”/”Il Regno” rimanda al cantautorato di classe ma fa più New Trolls che PFM. “Morning Freedom”/”Oniro” si muove sulla stessa lunghezza d’onda, con arrangiamenti che riecheggiano il meraviglioso “Fabrizio De André In Concerto” e con un breve ma piacevole break strumentale. “The Lesson”/”La Lezione” è più dinamica ma ancora non del tutto convincente (menzione speciale per Marco Sfogli che ci mette tanto “del suo” per indorare la pillola), così come la successiva “So Long”/”Mayday” ancora ancorata al pop meno ricercato (mi è venuto in mente Phil Collins). Va decisamente meglio con “A Day We Share”/”La Danza Degli Specchi”, tra gli apici dell’album, dove per alcuni magici momenti incontriamo quella “dimensione” sopra descritta che fanno ben sperare per i minuti successivi e che incoraggiano l’ascolto. Ma “There’s A Fire In Me”/”Il Cielo Che C’è” smorza ancora una volta i toni per sfociare nella già sentita “Central District”/”Quartiere Generale” che, nonostante il piglio “combat” da concerto del Primo Maggio, funziona. La strumentale “Freedom Square” è un altro episodio degno di nota, avvicinabile a classici del calibro di “È Festa” o “La Luna Nuova” e prelude alla convenzionalissima “I’m Just A Sound”/”Dalla Terra Alla Luna”, “salvata in corner” da un ambizioso intermezzo strumentale. “Hannah”/”Le Cose Belle” non va proprio giù, sembra di ascoltare un b-side dei Dire Straits, prima della conclusiva “It’s My Road”/”Big Bang”, di ispirazione Eighties, tanto patinata quanto “groovy” alla maniera dei Toto più ammiccanti.

È brutto fare paragoni, ma penso che abbiano fatto di gran lunga meglio i Kansas. Non è il disco che avrei voluto sentire da questa storica formazione, non ho voglia di riascoltarlo e il voto in calce è parzialmente regalato.

Questa è la PFM del 2017. Prendere o lasciare.

Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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