Cloven Hoof - Who Mourns For The Morning Star

Copertina 7,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2017
Durata:43 min.
Etichetta:High Roller Records

Tracklist

  1. STAR RIDER
  2. SONG OF ORPHEUS
  3. I TALK TO THE DEAD
  4. NEON ANGELS
  5. MORNING STAR
  6. TIME TO BURN
  7. MINDMASTER
  8. GO TELL THE SPARTANS
  9. BANNOCKBURN

Line up

  • Lee Payne: bass, vocals
  • Chris Coss: guitars (rhythm), vocals
  • Luke Hatton: guitars (lead)
  • Danny White: drums
  • George Call: vocals

Voto medio utenti

Quando si ascoltano dischi come questo la domanda che mi viene spontanea è “ che senso ha riproporre nel 2017 suoni tipicamente ottantiani ”? E’ noto che la NWOBHM è stata fucina di bands stellari quali Maiden, Saxon, Motorhead, Def Leppard, Angel Witch e tantissime altre e quindi presumibilmente tutto è già stato scritto. Ci si puo’ dividere tra chi è nostalgico del suono vintage e chi invece propende per nuove sonorità piu’ moderne e la diatriba potrebbe continuare all’infinito, allora soffermiamoci sul valore intrinseco di questo “Who Mourns For The Morning Star” ennesimo capitolo della lunga discografia di una band che ha messo le radici nel 1979 e qui non ci possono essere dubbi. I Cloven Hoof conoscono la materia come pochi altri e confezionano un gioiellino di Nwobhm che ci riporta indietro ai tempi di The Number Of The Beast dei Maiden, loro principale influenza insieme a Rj Dio per le impostazioni delle vocals (sentite l'opener "Star Rider"!). Quasi tutti i brani si assestano su up tempo anthemici sui quali si erge la voce forte e potente di George Call, new entry al pari di Danny White alle pelli entrambi provenienti dagli Aska, bravissimo e vero punto di forza del gruppo, che ricorda Dio o Rob Halford (nella veloce "Time To Burn" che rimanda a" Freewheel Burning ") o ancora il miglior Dickinson (" Bannockburn " che dopo un intro acustico di sapore medioevale e una strofa quasi prog, sfocia in un chorus che rimanda a " Aces High " dei Maiden ). Analizzare brano per brano sarebbe diminutivo perché il lavoro va assimilato nella sua interezza come compendio del buon metal ottantiano tuttavia ci sono delle killer tracks che meritano una menzione e, oltre a quelle citate sopra, direi senz’altro la maestosa “Go Tell The Spartans” un mid tempo ricco di rallentamenti ed accelerazioni, “I Talk To The Dead” che potrebbe uscire da “Dehumanizer”(album del periodo Sabbathiano con Dio alle vocals) o ancora “Song of Orpheus”, quasi prog che ricorda in alcuni momenti i Queensryche di “Operation Mindcrime”. Questo poteva essere tranquillamente un “top album”, tuttavia temo rimanga un prodotto sostanzialmente di nicchia, dato che oggi ( ahimè) vanno per la maggiore gruppi quali Avenged Sevenfold o Sabaton che hanno a mio modesto parere impoverito il Metal … fortuna che ci sono bands quali questi Cloven Hoof a ricordaci quali sono le vere radici della musica che amiamo


Recensione a cura di Marco ’Metalfreak’ Pezza

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