Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2016
Durata:46 min.
Etichetta:Pure Legend Records

Tracklist

  1. THE DELUSIONIST
  2. THE OPAQUE HOURGLASS
  3. EVIDENCE BASED IGNORANCE
  4. THE CODE INHERITED
  5. SELF-ASSEMBLED
  6. CONVERGING SAINTS
  7. REMAIN UNDONE
  8. SUMMER OF ‘89

Line up

  • Nuno Miguel de Barros Fernandes: vocals
  • Kai Schindelar: bass
  • Markus Ullrich: guitars
  • Richard Seibel: keyboard
  • Jürgen Schrank: drums

Voto medio utenti

I Lanfear hanno due difetti quasi imperdonabili: non fanno niente di particolarmente originale e quello che fanno non gli riesce nemmeno in modo così convincente. Spero di non offendere nessuno dicendo che se la formazione tedesca dal 1996 a oggi non è riuscita a fare "il botto" forse un motivo ci sarà... Ingiustizia storica? Forse no. "Semplici limiti oggettivi" mi sembra una risposta più consona.

Il combo teutonico vorrebbe suonare come gli Shadow Gallery ma la realtà è che "The Code Inherited", nonostante la buona produzione, non regge il confronto con gli ultimi vent'anni di storia del progressive/power metal. Già l'iniziale "The Delusionist" stenta a lasciare il segno, cosa che riesce meglio alla successiva "The Opaque Hourglass", sorretta da cantati più efficaci. "Evidence Based Ignorance" risulta caotica e mal concepita e prelude alla più interessante title-track: bel crescendo iniziale, cantato/parlato robotico di memoria Kraftwerk, qualcosa dei Crimson Glory nell'approccio vocale. L'attacco di "Self-Assembled" farebbe pensare ai Bluvertigo in salsa metal, ma torna velocemente su territori più "confortevoli" e al contempo poco incisivi. "Converging Saints" è forse il pezzo forte, quattro minuti in cui succede un po' di tutto (dal progressive tradizionale al blast beat) ma che complessivamente funziona. "Remain Undone" vorrebbe essere un lento e ricordare i Kamelot nelle intenzioni ma è azzoppato da un break strumentale insignificante (gli assoli purtroppo non brillano per tutta la durata del full-length). Storia a sé fa la conclusiva "Summer Of '89", un divertissement AOR che scimmiotta consapevolmente Bryan Adams.

Non è un lavoro insufficiente, e voglio essere generoso, ma mi sarei aspettato un po' più di coraggio (e non il "compitino") da una band così longeva e che, tutto sommato, non ha niente da perdere considerando l'esiguo seguito. Detto questo sono sicuro che ci sarà qualcuno che saprà apprezzare più di me la musica qui contenuta. Io, intanto, rivolgo le mie orecchie altrove...
Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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