Copertina 7

Info

Anno di uscita:2016
Durata:36 min.
Etichetta:Universal Music Enterprises

Tracklist

  1. THE LOVE THAT YOU GIVE
  2. VICTORIOUS
  3. BARONESS
  4. PRETTY PEGGY
  5. CITY LIGHTS
  6. SIMPLE LIFE
  7. BEST OF A BAD SITUATION
  8. GYPSY CARAVAN
  9. HAPPY FACE
  10. EYE OF THE BEHOLDER

Line up

  • Andrew Stockdale: vocals, guitar, bass
  • Ian Peres: keyboards
  • Josh Freese: drums
  • Joey Waronker: drums

Voto medio utenti

Il rock n’ roll è davvero una “brutta bestia”. Quando un gruppo ha successo, si comincia a guardarlo con “sospetto”, quasi l’affermazione su vasta scala sia una specie di “marchio d’infamia” invece che una nota di merito. E questo, spesso, indipendentemente dal valore effettivo delle performance della band stessa.
Prendete questi Wolfmother, autori di un debutto che non esito a definire un must-have per tutti gli estimatori di Black Sabbath e Led Zeppelin (e Yes …), e che, com’è giusto che sia, ha anche regalato agli australiani un sacrosanto posto al sole nel panorama musicale internazionale, anche oltre i confini di “genere”.
Da quel momento, tutti pronti alla critica pignola e animosa, a misurare col bilancino il peso delle loro evidenti influenze (in una scena in piena fregola “vintage” …) o a stigmatizzare le concessioni al mainstream, le quali, laddove presenti, non sono mai apparse moleste o indice di un fastidioso “addomesticamento”.
Dall’altra parte, accantonando lo snobismo di troppi presunti musicofili, è anche vero che un esordio di tale livello genera enormi aspettative, non del tutto mantenute dal percorso musicale di un artista in ogni caso di notevole talento e cultura, nonché uno degli artefici principali del risveglio del “grande vecchio” nel terzo millennio.
Eh, già perché ormai i Wolfmother sono quasi esclusivamente una creatura di Andrew Stockdale, a tal punto che questo “Victorious” può essere in qualche modo considerato una sorta di propaggine della sua attività da solista (che, ricordiamo, nel 2013 ha prodotto l’ottimo “Keep moving”), a conferma, tra l’altro, di una leadership dalle origini antiche.
Con il contributo suppletivo di Ian Peres alle tastiere e quello di un paio di special-guest dietro ai tamburi (Josh Freese e Joey Waronker), nell’albo troverete il modo in cui Stockdale intende l’hard-rock in un’era dominata dalla superficialità e dalla frenesia: una raccolta di canzoni dagli effetti immediati, capaci però, in parecchi casi, di crescere con gli ascolti.
Molti, ne sono certo, storceranno il naso di fronte a "Baroness” e “Pretty Peggy” (contraddistinte da ruffianerie alla Jack White, declinate tra blues elettrico e alternative folk) o a “Best of a bad situation” (un freeway rock, in effetti un po’ fuori luogo), per quanto mi riguarda brani assolutamente dignitosi, ma a costoro chiedo di trovarmi qualcuno grado di mescolare così bene Zeps e Sabs come accade in “The love that you give”, “Gypsy caravan” e nella liquida “Happy face”, oppure che sappia ostentare una “freschezza” analoga a quella concessa a “Victorious” e alla frizzante “City lights”, arguta fusione tra pop, hard, prog, scorie AOR e psichedelia.
Agli ammiratori delle ambientazioni epiche e suggestive, infine, suggerisco di non perdere “Eye of the beholder”, una “botta” finale piuttosto impressionante, degna delle migliori prove di “questi” retro-rockers tanto abili quanto scaltri.
I Wolfmother degli esordi continuano a rappresentare l’istantanea di un momento sonico indimenticabile e sono convinto che l’underground attuale, nel medesimo settore di competenza, offra materiale anche superiore (sebbene magari realizzato con mezzi “diversi” … non tutti si possono permettere la produzione di un Brendan O’Brien!) a questa loro ultima fatica … ciò non toglie che “Victorious” sia “obiettivamente” un buon disco, alimentato da un “fuoco” dell’ispirazione leggermente affievolito e tuttavia di sicuro non estinto.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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