Blackosh - Kurvy, chlast, black metal

Copertina 7

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2015
Durata:23 min.
Etichetta:Iron Bonehead Productions

Tracklist

  1. KURVY, CHLAST A BLACK METAL
  2. VE SPIKNUTí SE SATANEM
  3. PEKLO NáS BAVí
  4. BIČ Z LEJNA
  5. KANCELáŘ S ČíSLEM 666
  6. FUNERALISMUS

Line up

  • Petr "Blackie" Hošek: vocals, guitars
  • Zdeněk Čepička: drums

Voto medio utenti

Prima di recensire questo disco, occorre tornare indietro nel tempo e ripercorrere parte della storia del metal estremo nel paese della Repubblica Ceca quando era ancora fusa con la Slovacchia e si chiamava Cecoslovacchia. La storia dei Blackosh in realtà fonda le sue radici addirittura nel 1987, anno nel quale nascevano le due band ceche più note, ossia i Master’s Hammer a Praga e i Root a Brno. Queste due cult band hanno fondato insieme agli ungheresi Tormentor di Attila Csihar le basi del black metal nell’Europa dell’est. Il polistrumentista Petr "Blackie" Hošek insieme al fantomatico batterista Jiří Valter, in arte Big Boss, fonda , come già detto, nel 1987 i Root e successivamente crea altre band (Crux, Cales, Entrails) fino ad approdare al progetto Blackosh. Quindi anche se “Kurvy, chlast, black metal” rappresenta l’esordio discografico dei Blackosh, dietro di esso vi è tutta questa storia che di fatto permea il disco stesso.
Si parte subito con la title track “Kurvy, chlast, black metal” un bel pezzo black nel quale si nota subito un certo tipo di sound che si rifà al passato. Con questa affermazione non voglio criticare la band, anzi dopo tanti ammodernamenti ai quali ci hanno abituato le black metal band attuali, risulta quasi una novità riascoltare il suono old black metal di un tempo. In ogni caso in questo brano è degno di nota il lavoro eseguito alla batteria. La particolarissima voce in screaming di Petr "Blackie" Hošek, conferisce inoltre una maggiore cattiveria ad un brano già malvagio di suo.
“Ve spiknutí se Satanem” ha un inizio alla Mayhem dei tempi di "Deathcrush" e nel suo proseguimento si possono riscontrare suoni che richiamano i primi Bathory.
“Peklo nás baví” invece si discosta dalle sonorità del brano precedente e pur risultando un brano black contenente sempre riferimenti al passato ha sonorità più moderne. Il pezzo comunque è di discreta fattura.
“Bič z lejna” ha uno strano inizio con delle voci da messa nera sopra rintocchi di campana, dopo delle quali si innesta un tempo veloce di batteria e uno strano proseguimento dove un cantato quasi parlato e abbastanza ridicolo è inframmezzato da parti musicali black veloci con tanto di tastiere in sottofondo. Onestamente questo brano mi ha spiazzato non poco e non comprendendo la lingua non riesco a capire se il pezzo sia goliardico o meno. Comunque sia è un brano stranissimo e malsano dove l’attitudine che ha caratterizzato i Root in passato viene fuori in maniera preponderante.
“Kancelár s císlem 666” è un altro strano brano mediamente veloce nel quale si riscontra una marcata attitudine hardcore punk e a livello sonoro si discosta molto dai brani precedenti sia a livello musicale che per come viene cantato. Il black metal è qui anni luce distante se non per il triplo 6 che caratterizza il titolo.
“Funeralusmus” ha anch’esso uno strano inizio dove una voce dice in ceco cose per me incomprensibili su una nenia funerea. Il tono sembra anche questa volta goliardico, però questa è solo una mia impressione. Pure questo brano comunque a livello musicale esce molto dagli schemi convenzionali del black metal risultando un brano heavy completamente diverso dagli altri, ben suonato con un ritmo travolgente e chitarre sporche con un sound alla Motorhead mi verrebbe da dire. Le vocals sono prevalentemente cattive anche se a tratti teatrali. Nella sua completa pazzia è però un brano decisamente bello.
Si conclude così questo album che al sottoscritto è giunto con un altro titolo, ossia “Whores, Booze & Black Metal”, però consultando il sito ufficiale dei Blackosh e la loro pagina Facebook, il disco viene intitolato sempre con “Kurvy, chlast, black metal” e pertanto io l’ho riportato con questo titolo. Consultando altre fonti il disco conterrebbe anche i due brani facenti parte dei due 7” split incisi in precedenza insieme ai conterranei Master’s Hammer, ossia: “Corrterrigena” e “6,66 Promile”. Quello che è certo è che il disco è stato stampato per la Iron Bonehead Productions prima su cassetta limitato a 300 copie e poi su vinile in 12” sempre limitato, però questa volta a 500 copie. Pare che in futuro verrà prodotto anche un’edizione su CD.
Recensione a cura di Enrico Mazziotta

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