Io sono prolisso. E’ un dato di fatto, una legge incontrovertibile. Di conseguenza quando scrivo una recensione, il più delle volte tendo a dilungarmi in descrizioni, commenti, opinioni. Ci sono degli album però che tarpano completamente questa mia voglia di chiacchierare, per i motivi più disparati, e “
Devil Horns and Halos” dei
Saint Diablo è uno di questi.
E sapete perché? Perché è noioso, dannatamente noioso. Una canzone singola va bene, due già sembrano identiche, figuriamoci ascoltare un disco intero di 10 canzoni tutte fondamentalmente uguali tra loro. Basta fare un giochino: fate andare i primi due secondi di ogni brani e poi skippate al successivo, vi renderete subito conto di cosa intendo.
La potenza e la rabbia che i 4 della Virginia riversano sul disco sono innegabili, frutto anche di esperienze personali molto forti (il chitarrista
Justin Adams ha vissuto a distanza di mesi la separazione e la lotta contro un cancro, fortunatamente sconfitto), ma questa voglia non basta a rendere neanche lontanamente interessante un pacchetto di brani che sembrano uno la fotocopia dell’altro.
Giusto l’uso della lingua spagnola su “
Dark Horse” regala qualche momento di “originalità” (Ill Nino anyone?) alla proposta dei Saint Diablo, ma è solo una goccia nell’oceano. Tutto il resto è un raffazzonato mix di hardcore, thrash e death, con una voce che risulta più spesso fastidiosa che incisiva.
“
Devil Horns and Halos” insomma non è un bruttissimo album, ma il suo ripetersi alla lunga stanca e non poco. Le qualità ai
Saint Diablo non mancano, la rabbia e la voglia nemmeno, bisogna solo trovare una quadratura riguardo al songwriting e la sufficienza è senza dubbio a portata di mano.
Quoth the Raven, Nevermore..
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