Copertina 5

Info

Anno di uscita:2015
Durata:37 min.
Etichetta:Eclipse Records

Tracklist

  1. DEVIL HORNS AND HALOS
  2. SURVIVE THIS
  3. MEET MY MAKER
  4. DARK HORSE
  5. ANCIENT ASTRONAUTS
  6. TRUST ME
  7. LAST FIGHT
  8. MY TIME
  9. ADIOS EN-AMIGOS
  10. REINCARNATION

Line up

  • Tito Quinones: vocals
  • Justin Adams: guitars
  • Brian Bush: drums
  • Tyler Huffman: bass

Voto medio utenti

Io sono prolisso. E’ un dato di fatto, una legge incontrovertibile. Di conseguenza quando scrivo una recensione, il più delle volte tendo a dilungarmi in descrizioni, commenti, opinioni. Ci sono degli album però che tarpano completamente questa mia voglia di chiacchierare, per i motivi più disparati, e “Devil Horns and Halos” dei Saint Diablo è uno di questi.

E sapete perché? Perché è noioso, dannatamente noioso. Una canzone singola va bene, due già sembrano identiche, figuriamoci ascoltare un disco intero di 10 canzoni tutte fondamentalmente uguali tra loro. Basta fare un giochino: fate andare i primi due secondi di ogni brani e poi skippate al successivo, vi renderete subito conto di cosa intendo.
La potenza e la rabbia che i 4 della Virginia riversano sul disco sono innegabili, frutto anche di esperienze personali molto forti (il chitarrista Justin Adams ha vissuto a distanza di mesi la separazione e la lotta contro un cancro, fortunatamente sconfitto), ma questa voglia non basta a rendere neanche lontanamente interessante un pacchetto di brani che sembrano uno la fotocopia dell’altro.
Giusto l’uso della lingua spagnola su “Dark Horse” regala qualche momento di “originalità” (Ill Nino anyone?) alla proposta dei Saint Diablo, ma è solo una goccia nell’oceano. Tutto il resto è un raffazzonato mix di hardcore, thrash e death, con una voce che risulta più spesso fastidiosa che incisiva.

Devil Horns and Halos” insomma non è un bruttissimo album, ma il suo ripetersi alla lunga stanca e non poco. Le qualità ai Saint Diablo non mancano, la rabbia e la voglia nemmeno, bisogna solo trovare una quadratura riguardo al songwriting e la sufficienza è senza dubbio a portata di mano.

Quoth the Raven, Nevermore..
Recensione a cura di Andrea Gandy Perlini

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